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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Verso il paese della realtà tra Roma e Milano

Simona Antonacci

 

Verso il paese della realtà conduce il percorso del Gruppo di Piombino intorno al 1987. In questa terza parte della storia si approfondiscono l’esperienza “militante” compiuta nello spazio de Il desiderio preso per la coda e la “svolta milanese” resa possibile dall’interesse dal gallerista Sergio Casoli: per i Piombinesi un mutamento cruciale in termini di visibilità, non privo di conseguenze anche sul piano artistico.

L’auspicata penetrazione della produzione artistica nel campo discorsivo della vita quotidiana teorizzata da Domenico Nardone già da qualche tempo - come si è visto nei precedenti numeri -trova pieno compimento alla fine del 1986 quando la galleria Lascala sposta la sua sede a vicolo della Palomba, presso il ristorante Il desiderio preso per la coda, gestito da Anna Pocchiari e Corrado Parisi.

Se l’esperienza germinativa di Lascala a San Giovanni aveva costituito un setting sperimentale[1], ora il tentativo di rinnovare il modello operativo dello spazio-galleria in una direzione “subliminale” prende concretezza, anche se l’obiettivo di creare una «agenzia che avrebbe dovuto produrre delle mostre in spazi non convenzionali»[2] non produrrà una itineranza vera e propria come nelle intenzioni iniziali.

Se prima, dunque, l’ambiente espositivo incanalava, documentava, istituzionalizzava un’esperienza nata altrove, ora con il progetto di una galleria che opera nel pubblico, lo spazio della sperimentazione e quello dell’esposizione possono arrivare a coincidere. È in questa operatività che si incarna il progetto di galleria militante di Nardone.

Le radici di una tale pratica vengono rintracciate nelle esperienze, soprattutto internazionali, che avevano visto musei e gallerie trascinare la propria azione fuori dallo spazio consueto, come quella di Laurent Jacob, direttore della galleria Espace 251 nord di Liegi, che aveva portato le opere in alberghi, navi da crociera e autobus, e l’ormai storica Chambres d’amis[3], in cui i lavori degli artisti erano ospitati in abitazioni private[4].

La programmazione deLascala c/o il Desiderio preso per la coda ha un carattere irriverente fin dall’inaugurazione performativa del 9 novembre 1986 che vede Terry Fox e Marino Vismara impegnati a sgusciare per ore ostriche poi offerte al pubblico[5]. La performance si concluderà con le mani degli artisti insanguinate.

Nel gennaio 1987 Stefano Fontana presenta il progetto Emettitore-Ricevitore, già proposto in una prima versione alla galleria Il Prisma di Siena nel 1986.

Dopo l’esperimento dei Contenitori ideologici, Fontana riprende un modello operativo simile posizionando in vari punti nella città delle scatole che distribuiscono l’invito alla mostra. È il viaggio di quest’ultimo dal box emettitore al ricevitore - installato nello spazio espositivo - a costituire l’opera, anche se il percorso non verrà compiuto da nessun invito.

In questo progetto l’attenzione dell’artista si sposta dal cittadino comune al pubblico dell’arte e riflette tanto sul carattere rituale del recarsi a una mostra, tanto - come di consueto nel lavoro di Fontana - sui processi di comunicazione, promozione e visibilità, fondamentali per garantire l’esistenza dell’esposizione in tempi di espansione della pervasività mediatica.

Nel febbraio del 1987 Cesare Pietroiusti realizza un progetto a Lascala c/ο, N-Titoli, anche se l’inserimento del suo lavoro tra quello dei Piombinesi avverrà qualche mese dopo, a Milano.

Il suo esperimento si divide in due fasi: nella prima vengono posizionate tovaglie per raccogliere disegni e scritte realizzate dai visitatori, i quali hanno a disposizione pennarelli colorati (rosso, blu, verde e nero); nella seconda le tovaglie “decorate” vengono appese come veri e propri quadri, sostituite da tovaglie nuove sui tavoli.

La domanda implicita nel lavoro di Pietroiusti è: qual è il cambiamento in termini di spontaneità nel momento in cui, una volta posizionata la prima serie di tovaglie alle pareti, si è consapevoli del progetto di esporle? In altre parole, in linea con la poetica dell’Eventualismo, si tratta di un test sulle modificazioni comportamentali e psicologiche dello spettatore. Pietroiusti lavora sulla differenza tra l’atteggiamento consapevole e quello involontario, individuando - e giocando - proprio su una sottile linea di confine, quello spazio della differenza che agisce sulla situazione mentale dello spettatore.

Nel marzo 1987 Salvatore Falci presenta a Lascala c/o i suoi Pavimenti[6], realizzati sovrapponendo a lastre di masonite strati uniformi di smalti e cera, posti dall'artista in luoghi pubblici e asportati una volta segnati dall'uso dei passanti, inconsapevoli del procedimento in corso.

In questa occasione vengono presentati esemplari realizzati solo in vernice nera posizionati in diversi punti della città di Piombino: una paninoteca, una scuola elementare e il bar della stazione ferroviaria. I successivi Pavimenti, presenteranno invece una serie di colori sovrapposti.

Il risultato estetico rimanda a una forma di “espressionismo preterintenzionale”, che ribalta e trasforma l’assunto dell’espressionismo classico incentrato sulla soggettività dell’artista a favore di una forma di creatività involontaria, attivata fortuitamente dal pubblico.

Nel 1987 Domenico Nardone incontra il gallerista Sergio Casoli, per il quale lavorerà per circa un anno, determinando la fine dell’esperienza de Il Desiderio preso per la coda e lo spostamento a Milano dell’attività espositiva del gruppo.

L’incontro con l’ambiente milanese, certamente più fervente in termini di mercato e di produzione artistica rispetto a quello romano, per un verso, avvia quella relazione con il sistema che con la galleria Lascala e poi Lascala c\o si era cercato di rinnovare; per l’altro, costituisce la principale occasione di scambio e confronto con altri artisti e contesti che andavano in direzioni non dissimili da quelle dei Piombinesi.

La prima mostra collettiva del gruppo allo Studio Casoli risale all’autunno del 1987. Vengono presentate alcune delle opere più rappresentative dell’esperienza fin qui condotta - i Pavimenti di Salvatore Falci, i Contenitori ideologici di Stefano Fontana, il Rilevatore estetico di Pino Modicacon alcuni nuovi lavori[7].

Progettato per Lascala c\o, Pino Modica propone Labyrinth and/or game. L’artista installa in una sala giochi di Piombino due strutture, collegate tra loro da una telecamera, poste in spazi contigui ma non reciprocamente visibili: si tratta di un mobile video-game senza manopole e un pannello-labirinto a cui è collegato un joystick che controlla un indicatore luminoso di percorso. La partita giocata attraverso quest’ultimo viene proiettata nel video game presente nell’altra stanza ma privo di manopole: ribaltando la convenzionale modalità d’uso, Modica realizza un video game ad uso “contemplativo”. L’artista innesca uno stimolo di interazione mentale attraverso lo shock dell’aspettativa non realizzata, quella del potenziale giocatore costretto a contemplare lo scorrere delle immagini sullo schermo invece di agire in prima persona.

Fontana espone le Prove materiali, tratte da uno stand promozionale dedicato al pongo allestito all’interno di un supermercato. Qui un contenitore di plexiglass con una sfera di materiale è manipolabile dai clienti. L’artista posiziona ogni giorno una nuova sfera, per poi ritirala la sera dopo una giornata di libere manipolazioni. Oltre al pongo Fontana sperimentare altri materiali nelle sue prove, come le Fusioni, lastre di piombo alterate attraverso l’uso di una fiamma ossidrica, modificate da ignari avventori.

Proseguendo la sua ricerca sulle forme di creatività inconsapevoli presenti nella realtà, già avviata con gli scarabocchi nel 1984 a Jartrakor, Cesare Pietroiusti presenta i Photo-objects, ingrandimenti fotografici di oggetti di uso comune (pacchetti di sigarette, sottobicchieri, ecc.) prelevati dalla realtà quotidiana ricostruiti attraverso compensato e fotografie. L’ingrandimento fotografico permette di cogliere le sfumature d’uso, le tracce della microstoria (storia di relazioni e manipolazioni) che l’oggetto ha impresse sul proprio corpo.

L’affermazione e il consolidamento di questi anni determinano una trasformazione in termini di  ricerca artistica per Falci, Fontana, Modica e Pietroiusti: rispetto ai primi lavori (si pensi all’analisi “scientifica” dei dati di Sosta Quindici Minuti) viene abbandonata la rigorosità analitica in termini di verifica dei risultati a favore di una maggiore attenzione e concessione al dato estetico. La produzione dell’oggetto artistico non è più soltanto il versante documentario dell’operazione, ma è il fine dell’intervento. Questo va di pari passo con lo sviluppo di una sempre maggior cura del valore spaziale e installativo.

L’evoluzione della pratica corrisponde a un affinamento della poetica: al carattere dirompente e per certi versi goliardico dei primi lavori, si aggiungono una maggiore riflessività e consapevolezza critica.

Protagonista della grande collettiva milanese è il racconto della storia impercettibile, o meglio quella su cui non ci concentriamo, quella degli oggetti e della nostra relazione con essi nelle situazioni comuni. Come “archeologi del quotidiano” gli artisti vanno a caccia di tracce, di indizi, di tutta l’invisibile rete di interventi, trasformazioni, dinamiche che hanno agito sull’oggetto, interpretati come un sistema di relazioni.

Come chiarisce Domenico Nardone nel testo critico della mostra: «il problema che gli artisti si pongono non è più quello dell’invenzione di nuovi oggetti, quanto piuttosto di una nuova percezione del già esistente, capace di dare adito a nuovi modelli d’interazione ed, in definitiva, ad un nuovo uso degli stessi»[8].

Il nome Alice - che in un testo di Nardone sceglie il paese della realtà piuttosto che quello delle meraviglie[9] - rimane a connotare l’attività del critico e gallerista che, dopo circa un anno di collaborazione con Casoli, decide di tornare a Roma per aprire un nuovo spazio espositivo a via di Monserrato. Nella galleria Alice verranno presentate varie personali dei Piombinesi e alcune mostre cruciali come Storie.

Intanto il panorama artistico sta cambiando, e tutt’attorno si torna a parlare proprio si storie e di realtà.

 

 


[1] Cfr. D. Nardone, Il nuovo sistema dell'arte, intervento nell’ambito di Internazionale d'arte contemporanea, Milano 26-28 maggio 1987

[2] Idem.

[3] J. Hoet, mostra presso abitazioni private e Museum van Hedendaagse Kunst di Gand, 21 giugno-21 settembre 1986.

[4] In occasione del Convegno Il nuovo sistema dell’arte del 1987 Nardone mette in luce i riferimenti e le motivazioni che lo portano a concepire il progetto di una galleria itinerante. Come sottolineano Pierfrancesco Angeleri e Leo Carlesimo, invitati nella stessa occasione ad intervenire proprio a proposito dell’esperienza “fuori le mura” di Lascala c\o: «è sulla scorta del logoramento della galleria intesa in senso tradizionale che è maturata l’esigenza di ridefinirne, almeno parzialmente, il ruolo ed il modo di operare sia trasferendo l’esposizione in un luogo non  strettamente designato ad ospitare mostre, sia modificando l’accezione stessa del termine galleria, che viene ad indicare un’entità mobile, più legata al lavoro dei suoi artisti – e funzionale ad esso – che ad un luogo specifico, e, soprattutto, ad un pubblico specifico»[4]; P.F. Angeleri, L. Carlesimo,  Adeguamento del ruolo della galleria al contesto artistico e sociale: il caso de Lascala, intervento nell’ambito di Internazionale d'arte contemporanea , Milano 26-28 maggio 1987.

[5]La performance si intitola Opening Oysters. Si tratta del primo intervento romano per Terry Fox, tra i primi ad aver praticato la body art e la performance e spesso collaboratore di Beuys.   Come sottolinea Nardone «il riferimento più prossimo era la performance di Manzoni Consumazione dell'arte dinamica/Divorare l'arte (Galleria Azimuth, Milano, 1960) in cui l'artista aveva offerto in pasto al pubblico uova sode firmate con la sua impronta digitale», da una conversazione email, 01 luglio 2014.Cfr. Opening Oysters, comunicato stampa della performance presso Lascala c\o Il desiderio preso per la coda - Roma, novembre 1986.

[6] Salvatore Falci. Azioni costanti, mostra presso Lascala c\o Il desiderio preso per la coda – Roma, marzo 1987.

[7]Salvatore Falci – Cesare Pietroiusti e Stefano Fontana – Pino Modica, comunicato stampa della mostra presso Studio Casoli e Il Milione, Milano, 22 ottobre – 21 novembre 1987.

[8] Idem.

[9] D. Nardone, Alice nel paese della realtà, testo critico della mostra Salvatore Falci, Stefano Fontana, Pino Modica, Cesare Pietroiusti presso la galleria Planita - Roma, gennaio 1988.