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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Intervista di Patrizia Mania e Lucilla Meloni

Nel dicembre del 1993 la rivista Opening pubblicava un'intervista a Carla Accardi curata da Patrizia Mania e Lucilla Meloni[1].

All'indomani della scomparsa di questa assoluta protagonista dell'arte contemporanea, ripubblicare questo incontro su un'altra testata è un modo per ridare vita alle sue parole e consegnarle alla memoria mantenendone la fragranza del momento. Un momento che, a distanza di più di vent'anni, rappresenta un documento di eccezionale testimonianza della sua capacità di essere nel presente e di coglierne l'essenza.

P.M.In alcuni periodi della tua vita hai coniugato l'attività artistica con l'impegno politico. Come vivi questi anni di crisi delle ideologie?

C.A. Questi non sono anni particolarmente difficili per me; chiaramente appartenendo a quella generazione abituata a credere negli ideali e ad avere delle ideologie, la crisi di oggi e gli scandali turbano il mio quotidiano ma non influenzano la mia creatività. Anche nel passato infatti ho vissuto con impegno la politica, mantenendo però un certo distacco per superare le inevitabili delusioni, perché il mio impegno primario è sempre stata l'arte. Arrivata a Roma ho aderito al P.C.I., nel quale ho militato per alcuni anni e questo ha coinciso con l'inizio della mia carriera artistica, ma quando la politica culturale portata avanti da Togliatti e Trombadori ha iniziato a polemizzare con noi del Gruppo Forma, ci siamo allontanati dal partito (eravamo agli inizi degli anni cinquanta). Poi ho avuto un'altra esperienza con il Femminismo del quale ho fatto parte fin dall'inizio e che ho lasciato quando un radicalismo apprezzabile (per il quale all'epoca fui addirittura destituita dall'insegnamento) divenne esasperazione estremista che non mi apparteneva e a mio avviso non aiutava le donne.

L.M. Tu hai avuto un rapporto profondo con Carla Lonzi che nel testo pubblicato sul catalogo della Biennale del 1964 parla rispetto al tuo lavoro di "idoneità psichica".

C.A. Sì, è stato un rapporto centrale, esclusivo. Carla Lonzi parlava di "idoneità psichica" perché nella vita e nel lavoro io andavo sempre avanti, a lei piaceva questo mio essere all'altezza dei momenti diversi e che pur essendo coinvolta non mi lasciassi travolgere.

P.M. Nel tuo lavoro è presente questa capacità di trasformarsi, di mutare. Si riconoscono diversi periodi, però il segno non è mai una cifra, mentre per l'astrazione questo è un rischio sempre in agguato.

C.A. Certamente questo rischio non è sempre in agguato solo per l'astrazione. Con il Gruppo Forma ho aderito al linguaggio astratto e sono sempre rimasta fedele a quei presupposti; ho subito però un importante cambiamento quando sono passata ai miei lavori in bianco e nero che furono una vera scelta e un punto di partenza per tutto quello che è venuto dopo, scelta più contemporanea ad un dopoguerra lontano ormai dalle avanguardie storiche.

L.M. E dal Postcubismo e dal Futurismo

C.A. Sì. Il mio lavoro è del tutto distinto dal Postcubismo mentre certe esperienze futuriste non mi sono state estranee.

L.M. Con "Forma 1" tu hai vissuto in prima persona l'avanguardia. Ti sembra che in questa fase storica si possa ancora parlare di avanguardia nell'arte?

C.A. Noi stiamo in una stagione in cui viene dichiarato che l'avanguardia è stata superata. Oggi si considera la possibilità di seguire diverse tendenze come abbiamo visto nell'ultima Biennale di Venezia. Ciò è interessante e caratterizza questo momento.

P.M. I tuoi segni nascono da una progettualità a priori o si sviluppano casualmente per associazioni?

Ho cominciato a fare segni in un periodo di crisi, mi liberava dal seguire un indirizzo artistico, il segno mi dava una grande libertà. L'espandersi e il contrarsi dei segni che seguono un ordine casuale, come si verifica nella natura e nella vita, dove non esiste nulla che non sia provocato dall'accadere di eventi. La qualità di segni che affollano i miei dipinti suggerisce il concetto di continua espansione della materia e di vitalizzazione del vuoto.

P.M. Negli ultimi tuoi lavori i segni sembrano allargarsi sulla superficie di tela grezza, a volte inquadri due livelli sottoponendoli ad una differente luce cromatica...

C.A. Ho sempre usato la pittura con una ispirazione di "antipittura": un desiderio di contraddizione. Gli ultimi lavori ne sono una conferma. Si veda la scelta del bianco e nero negli anni cinquanta dalla quale, come ho detto prima, sono partita...per vent'anni ho dipinto con la tela o la plastica a terra, ho creato ambienti...In periodi differenti ho dipinto su diversi fondi; all'inizio c'era il nero poi il colore contrastante degli anni sessanta, in seguito la plastica e oggi la tela grezza. Le forme e i segni hanno subito varie storie e complessi processi di evoluzione.

L.M. Ti vediamo spesso alle mostre di giovani...

C.A. È vero, soprattutto a Roma dove vivo e che non ho scelto di lasciare. Tra i giovani artisti ho molti amici che mi fa piacere sostenere e con i quali ho un rapporto spontaneo.

P.M. Rispetto alle proposte più recenti, cosa ti sembra più legato ad una necessità contemporanea?

C.A. Come ho detto prima, l'attualità del momento è la libertà di seguire diverse tendenze...bisogna certamente essere preparati per cogliere la novità creativa dove nasce. Sono concentrata sul mio lavoro e non posso fare previsioni o affermazioni sul momento attuale. Trovo interessante nel lavoro di alcuni l'immissione di elementi un po' sorprendenti, ad esempio Francesco Impellizzeri ha trovato un felice binomio musica-pittura.

L.M. Ti piace che si possa andare oltre...

L'astrazione è stata a mio avviso una delle avventure più importanti del nostro secolo ma non certo l'unica a rappresentare l'impulso vitale che è nel mondo. Questo è il mio liberalismo, in fondo ogni epoca vale per quelli che la vivono.


[1] "L'idea dell'astrazione, l'impegno politico e le ragioni della libertà", intervista a Carla Accardi a cura di Patrizia Mania e Lucilla Meloni, in, Opening, n°21, dicembre 1993, anno VII, pp.4-6.