Richiamare il movimento

 

Natalia Gozzano

 

Una mostra su Eadweard Muybridge (1830-1904) è sempre attuale. Il modo di guardare il corpo, di schedarlo, di analizzarlo, di reificarlo, con il nuovo, potentissimo mezzo della macchina fotografica, pone i lavori di Muybridge, così come quelli del medico fisiologo Étienne-Jules Marey, agli inizi del percorso moderno dell’approccio tecnologico al corpo in movimento. Un approccio che di lì a poco avrebbe portato alla creazione del cinema e che, nell’applicazione della tecnologia alla ricerca sul corpo in movimento, ha continuato a svilupparsi sia in ambito scientifico sia in ambito artistico. Furono soprattutto i pittori, a cominciare da Edgard Degas, a cogliere la straordinaria potenzialità offerta dalla fotografia, sia in termini di analisi del corpo in movimento sia in termini compositivi non basati sulla prospettiva rinascimentale; in tempi più recenti, grande è stata l’interazione della danza contemporanea con la tecnologia digitale, ad esempio nella Motion Capture e nel Digital Score (1).

Dalla natia Inghilterra, nel 1852 Muybridge si trasferisce negli Stati Uniti, lavorando dapprima come libraio e bibliotecario per poi stabilirsi a San Francisco dove intraprende la professione di fotografo (2).

L’avventura fotografica di Muybridge si imprime nel nuovo solco della scoperta, attraverso la documentazione visiva dello strumento fotografico, di paesaggi geografici e umani ancora “selvaggi”, a volte del tutto inesplorati, e di quelli del “grande paese” agli albori della sua industrializzazione. Fra i nomi dei fotografi pionieri del Nuovo Mondo si annoverano quelli di Timothy O’Sullivan (fig. 1), William Henry Jackson e, accomunato a Muybridge per l’origine europea, Wilhelm Kahlo, padre di Frida, che fece la sua fortuna come fotografo di un Messico sconosciuto.

Fotografo dei vasti territori delle Americhe, dall’Alaska al Guatemala (fig. 2), Muybridge diviene celebre e, nel 1872 viene chiamato dal governatore della California Leland Stanford a fotografare i cavalli del suo ippodromo per uno studio scientifico. Sollecitato dalla pubblicazione di Étienne-Jules Marey La Machine animale. Locomotion terrestre et aérienne (1872), tradotta poi in inglese (The animal machine, terrestrial and aerial locomotion), Stanford chiese a Muybridge di provare a “catturare” l’istante, invisibile a occhio umano, in cui il cavallo solleva le quattro zampe da terra nella fase del galoppo. Per ottenere immagini sufficientemente chiare di questo velocissimo movimento fino a quel momento non dimostrato, Muybridge fa installare nell’ippodromo di Stanford a Paolo Alto una serie di cavi distanziati 21 centimentri fra loro, ognuno dei quali collegato a un otturatore fotografico: correndo, il cavallo con le zampe strappava i cavi facendo scattare l’otturatore (3). La sperimentazione, iniziata nel 1873, durò alcuni anni durante i quali i risultati vennero pubblicati in una serie album con diagrammi delle silhouette dei cavalli in movimento (fig. 3). In diversi articoli apparsi fra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta del XIX secolo la rivista Nature rese noti questi studi insieme a quelli di Marey sul volo degli uccelli. In un articolo del 1882 intitolato Instantaneous Photography of Birds in Flight, si spiegava come Marey avesse fino a quel momento colto alcune fasi del volo degli uccelli con il suo “fucile cronofotografico” (fig. 4) ma soltanto dopo aver visto le foto di Muybridge realizzate con tempi di esposizione di 1/500 di secondo si rese conto che le foto degli uccelli «unlike the invaluable series taken by the same gentleman [Muybridge] of horses and men, were not the representation of a series of continuous attitudes, but rather represented the bird in the position it happened to be in at a moment of time». In sostanza, per cogliere l’intera meccanica del movimento era necessario, come aveva fatto Muybridge, fotografare il soggetto in una rapida successione di scatti durante l’intero svolgersi dell’azione, «so as to allow of the movements to be afterwards studied at leisure» (4). A questo proposito va segnalato che nel catalogo della mostra è riprodotto l’interessante “The Kingston Scrapbook”, l’album su cui Muybridge incollava i ritagli di articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali e quotidiani, che documentano l’attenzione con cui era seguito il suo lavoro (fig. 5).

Oltre al movimento dei cavalli, Muybridge estese le sue le ricerche ad altri animali e al corpo umano, lavorando presso il Dipartimento di veterinaria dell’Università della Pennsylvania a Philadelphia. Le fotografie realizzate, poi raccolte nel volume The Human Figure in Motion (1887), rispondevano a un forte interesse della scienza medica e della psicologia, che si avvalevano del nuovo strumento della fotografia come mezzo “oggettivo” per registrare e studiare il corpo umano e le sue patologie.

Le riprese fotografiche sono infatti realizzate come in laboratorio, sulla base di una griglia visiva e temporale in modo da registrare i movimenti del corpo in maniera predeterminata. Nella maggior parte dei casi i soggetti vengono fatti muovere davanti a un fondale scuro su cui sono tracciate righe parallele, come quelle di un pentagramma, e alla cui base sono segnate le distanze in centimetri. Il corpo viene ripreso in una successione di scatti tale da rendere il movimento nel suo sviluppo. In molte tavole l’azione è ripresa da più angolazioni: di profilo, di fronte, di retro o talvolta in diagonale. Le azioni fotografate sono banali, quotidiane: camminare, correre, stendere un telo, andare incontro e abbracciare qualcuno, indossare un abito, salire le scale… (figg. 6-7). Oppure sono azioni sportive: la scherma, la lotta, il lancio del giavellotto, il baseball, il salto (fig. 8).

Per meglio mostrare la meccanica del movimento, i corpi sono quasi sempre nudi. Corpi di uomini, di donne, di bambini. I modelli delle foto di uomini erano prevalentemente atleti dell’università di Philadelphia. La resa nitida e da più prospettive dei movimenti di questi corpi atletici, statuari, ha fatto di The Human Figure in Motion, oltre a uno strumento di studio per la medicina e per la futura biomeccanica, anche un vasto e prezioso repertorio di immagini di corpi “eroici” a cui attinsero ampiamente i disegnatori di fumetti americani degli anni Trenta del XX secolo (5).

Oltre ai corpi “normali”, Muybridge fotografa i corpi di persone con disabilità, dal bambino poliomelitico o mutilato alla donna obesa. L’interesse della scienza per la diversità fisica in quello scorcio di Ottocento va di pari passo con l’esposizione del “mostro”, del “freak” da parte di una civiltà che in tal modo cerca di isolarlo e così neutralizzarlo. L’invenzione del “selvaggio”, come recita il titolo di un’interessante mostra tenutasi a Parigi nel 2011-12, connota profondamente quest’epoca di colonialismo e di esibizione dell’altro da se’ (fig. 9) (6).

La mostra Muybridge Recall presenta 64 tavole fotografiche su lastra di The Human Figure in Motion e di Animal Locomotion, tratte da fedeli riproduzioni degli originali conservati alla Wellcome Library di Londra. Ogni tavola, dalle dimensioni di circa 20 x 30-40 cm, si compone di più strisce sovrapposte che mostrano la ripresa fotografica da altrettante angolazioni (da due a quattro) o una sequenza di un’azione. L’intento scientifico di catturare la dinamica del movimento ha come elemento di novità il mezzo tecnologico della macchina fotografica, come è stato più volte detto. L’interesse nei confronti della resa del movimento, invece, risale all’arte della Grecia classica, per non menzionare le pitture rupestri di migliaia di anni precedenti. Fissati in momenti essenziali del movimento in atto sono le fotografie che Muybridge fa dei due boxeurs (fig. 10): la sequenza delle riprese fotografiche mostra i due corpi in “pose plastiche” che, nella sintesi del bianco e nero e nella chiarezza del gesto sembra rievocare la Lotta fra centauri e Lapiti scolpita da Fidia sulle metope del Partenone (fig. 11). E la donna che lancia un bouquet di fiori, con un telo morbidamente drappeggiato sui fianchi e il busto nudo, rimanda inevitabilmente all’estetica dell’ellenismo (fig. 12). Ma la maggior parte delle fotografie presenti in mostra, al di là di questi possibili rimandi alla storia dell’arte, affascina proprio per l’asciuttezza e l’essenzialità della resa del movimento nel suo svolgersi. Così l’uomo che si toglie il cappello, il lanciatore di baseball, l’uomo che zappa. Stessa asciuttezza c’è nella sequenza del bambino mutilato che si sposta sulle mani, sale e scende da una sedia o in quella del Bambino paralitico che cammina sulle mani e sui piedi, si volta e ci sorride (fig. 13).

Seguono le fotografie tratte dal volume Animal Locomotion del 1887, con la serie del cavallo in corsa e di molti altri animali in movimento. Lo sfondo reticolato su cui si muovono gli animali offre un efficace contrasto chiaroscurale alle immagini, leggermente sgranate e dalla luce non omogenea, di un leone in gabbia, di una scimmia, di un bisonte, in cui immediatamente riconosciamo le icone di un’America che sta costruendo la propria identità (figg. 14-15).

La mostra Muybridge recall presenta anche due cortometraggi di Paolo Gioli: L’assassino nudo del 1984 e Piccolo film decomposto del 1986. Utilizzando le fotografie pubblicate nei libri di Muybridge, Gioli ha realizzato due piccoli film che mettono in scena, nel primo, l’ambiente promiscuo dei modelli utilizzati dal fotografo: disoccupati, prostitute, malati, donne di servizio (7). Lo stesso Muybridge compare spesso in queste immagini, anche lui nudo, ed è lui l’assassino del titolo: agli inizi della sua attività, uccise l’amante della moglie e venne clamorosamente assolto poiché il crimine venne considerato un delitto “d’onore”. Il Piccolo film decomposto è un omaggio alla cronofotografia quale anticipatrice del cinema. Le immagini proiettate in rapida successione animano le sequenze fotografiche di Muybridge, che non fece in tempo a vedere la nascita di questa arte, di cui le sue foto sono un’evidente premessa. L’unico strumento che riuscì a realizzare per animare le sue immagini, grazie al contributo dell’Università di Pennsylvania, fu il zoopraxiscopio: un proiettore di immagini incise a intervalli regolari e ravvicinati in pose leggermente differenti su un disco di vetro che, fatto ruotare, dà l’impressione che si muovano (fig. 16).

La modernità delle riprese fotografiche di Muybridge è “richiamata”, sulla parete di fronte, dalla ricostruzione del set con cui il fotografo aveva realizzato in piano sequenza le sue fotografie. Su questo set, ideato appositamente per l’esposizione dai curatori Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio, il 18 maggio alcuni allievi del Dipartimento di arti visive della Nuova Accademia di Belle Arti di Brera (NABA) hanno realizzato una performance, coordinata da Cateria Iaquinta, i cui esiti sono esposti in mostra e riprodotti nel catalogo. I performers, tra cui un danzatore, sono stati ripresi da otto fotocamere fissate su cavalletti, con uno stacco di otto secondi fra uno scatto e l’altro, mentre camminano, vanno sullo skateboard, camminano aprendo l’ombrello o suonando uno strumento, ballano (figg. 17-18). Il contrasto con le sequenze fotografiche di Muybridge è forte: per il colore, le dimensioni, l’allure dei protagonisti, le luci. Non si è voluto, evidentemente, imitare il modello del fotografo inglese bensì far sentire l’eco della sua modernità.

Muybridge Recall

a cura di Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio

Prodotta e organizzata dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese

Con la partecipazione di Wellcome Library, Canon e Naba.

Milano, Galleria Gruppo Credito Valtellinese

Refettorio delle Stelline 19 maggio – 1 ottobre 2016

Acireale, Galleria Credito Siciliano

2 dicembre 2016 – 18 febbraio 2017

1) La Motion Capture è una tecnologia che, per mezzo di sensori applicati alle articolazioni, permette di “catturare” le traiettorie e le modalità del movimento del corpo umano. Con Digital Score si intende l’applicazione della tecnologia digitale alla registrazione, analisi e creazione di movimenti. Nella danza contemporanea è stato soprattutto William Forsythe ad aver sviluppato una ricerca sulle potenzialità creative della tecnologia digitale nella composizione coreografica e le sue interazioni con altri ambiti disciplinari. Vedi il recente libro di Letizia Gioia Monda, Choreographic bodies. L’esperienza della Motion Bank nel progetto multidisciplinare di William Forsythe, Dino Audino editore, Roma, 2016.

2) Italo Zannier, Dopo Muybridge e Marey, una nuova era, in Muybridge Recall, catalogo della mostra a cura di Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio, Milano, Gruppo Credito Valtellinese, 2016, pp. 19-24.

3) Ivi.

4) Instantaneous Photography of Birds in Flight, (articolo senza indicazione dell’autore), in Nature, 25 maggio 1882, pp. 84-86.

5) Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio, Introduzione al catalogo Muybridge Recall, cit., pp. 11-12.

6) Exhibitions: l'invention du sauvage, catalogo della mostra, Paris, Musée du Quai Branly, 29.11.2011-3.06.2012, “Beaux-Arts” ed., 2011.

7) Paolo Gioli, G/M Gioli su Muybridge, in Muybridge Recall, cit., p. 31.