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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Simona Antonacci

La monografica di Bill Viola Rinascimento elettronico, curata da Arturo Galansino e Kira Perov a Palazzo Strozzi a Firenze, è senz’altro una delle mostre più visitate della primavera 2017. Dar conto della fama dell’artista si rende necessario per spiegare il grande successo di pubblico di un progetto capace di far breccia nel cuore dei tanti curatori e storici dell’arte, addetti ai lavori o semplicemente appassionati di arte contemporanea, che lo hanno conosciuto, amato e riconosciuto come icona della video-arte.

Nato a New York nel 1951, Bill Viola inizia la sua sperimentazione con il linguaggio del video proprio a Firenze a partire dal 1974, quando è tra gli animatori dello spazio art/tapes/22, punto di riferimento europeo per la produzione di video d’artista: qui entra in contatto con artisti come Gino De Dominicis, Joan Jonas, Giulio Paolini, Chris Burden e avvia la sua personale esplorazione delle potenzialità espressive del mezzo. Si tratta di una ricerca che comprende elementi oggettuali e interazioni performative (come nella sua prima videoinstallazione Il vapore, 1975, la quale oltre ad includere una performance dell’artista, accoglie anche le immagini dei visitatori ripresi da una telecamera in diretta, o in Cycles o Level, 1973, flmati in cui oggetti comuni come un ventilatore e una livella interagiscono nell’inquadratura). Strutturando la sua ricerca in una direzione che si fa sempre più imponente in termini di produzione, con complessi set cinematografici, ma anche più essenzialista in termini compositivi e formali, Bill Viola si afferma come uno dei grandi protagonisti del periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, e anche oltre.

Nel situare la sua ricerca all’interno della storiografia degli ultimi decenni, occorre evidenziare la sua capacità di integrare, in modo non solo coerente ma anche fecondo, due esigenze espressive fondanti: quella di un rinnovamento delle pratiche artistiche in una direzione capace di accogliere i nuovi sviluppi linguistici, tecnologici e mediali (la cui ibridazione si rende necessaria negli anni Ottanta per superare la fase dei ritorni transavanguardisti), e quella che riguarda il confronto con il passato e la storia, tema caro, questo, alle ricerche artistiche sorte nell’ambito culturale e storico della postmodernità. In un panorama come quello del sistema dell’arte contemporanea, assai solito a repentine ribalte, prolungate amnesie, improvvisi rimestaggi, a Bill Viola va il merito della continuità e della coerenza, operata su un piano stilistico e speculativo e messa in atto mediante il re-enactment della pittura rinascimentale in una chiave linguistica iper-contemporanea.

Il Rinascimento elettronico messo in scena da Viola a Palazzo Strozzi e nelle altre sedi cittadine in cui la mostra è ospitata, trova proprio nella prossimità visiva tra i capolavori rinascimentali e le opere ad essi ispirate il proprio valore aggiunto. Impagabile l’esperienza di confrontare uno dei capolavori del Cinquecento fiorentino, la Visitazione del Pontormo, con la moderna conversazione di Viola, The Greeting (1995): senza scomodare la dibattuta iconografia dell’opera ideata da Jacopo Carucci per la Pieve di San Michele Arcangelo a Carmignano, nel 1528-29, ciò che sorprende in questo confronto è il modo in cui l’opera di Viola fa “risuonare” alcuni aspetti del capolavoro manierista. In particolare, attraverso il moto rallentato della gestualità e delle espressioni dei volti, si coglie ancora più potentemente la gentilezza dello sguardo, l’affettuosa prossimità dei gesti, la delicata empatia che percorre il saluto di Maria ed Elisabetta: nel calare l’abbraccio in uno scenario di sospesa e moderna quotidianità, il lavoro di Viola permette di enfatizzare il carattere senza tempo delle emozioni raccontate da Pontormo.

Questo percorso di archeologia visiva permette di evidenziare il contenuto fondante che attraversa tutta la sua ricerca: l’esplorazione di temi universali e al contempo profondamente personali come la spiritualità, la consistenza fisica e la fragilità del corpo, il processo che muove dalla nascita, alla morte, alla rinascita. Nel periodo in cui è a Firenze e può entrare in contatto diretto, esperienziale, con le opere dei maestri del Rinascimento, Viola comprende che «…i cosiddetti vecchi Maestri non erano altro che giovani radicali. Masaccio, Michelangelo, Raffaello erano artisti influenzati da nuove idee tecniche e scientifiche, provenienti da centri di ricerca e università. «[…] Ho guardato a loro come modelli per la mia concezione dell’immagine, costruendola grazie a questa esperienza lunga settecento anni»(1). L’intimo dialogo che Viola instaura con l’arte del passato ha in effetti un approccio tutt’altro che meramente citazionista, ma si situa piuttosto nella comune urgenza di dare corpo, attraverso il linguaggio visivo, a quei contenuti che attraversano da sempre la grandi narrazioni sull’uomo e che utilizzano il sincretismo religioso, culturale, filosofico come fonte per un’indagine esistenziale.

Lo schermo si configura così come il punto di accesso alla conoscenza profonda delle cose, ai suoi significati essenziali, agendo come la superficie dell’acqua: «…L’acqua è centrale nel mio lavoro. È la vita, ma può anche distruggerla, mi aiuta a dire: “vai oltre la superficie delle cose, punta alla loro anima”»(2). Puntare all’anima vuol dire puntare all’anima delle cose, all’anima dell’umanità. Attraverso lo schermo Viola scava nell’archetipo, accede al significato atavico degli elementi, ai valori simbolici di cui sono portatori, verifica la capacità catartica e salvifica di ognuno di essi: non a caso terra, acqua, fuoco e aria attraversano come un filo conduttore tutta la sua produzione, perché mediante queste “chiavi” si interpretano i passaggi della vita, dell’evoluzione dell’individuo e dell’umanità.

Di ognuno di questi elementi Viola coglie la naturale “doppiezza”. Si prenda ancora il ruolo dell’acqua, presente nell’immaginario visivo dell’artista fin dalla prima importante sperimentazione di The Reflecting Pool (1977-79), considerata un manifesto dell’arte elettronica nascente per l’esplorazione sul tempo e sull’immagine. Nel video, allestito negli spazi un po’ costipati della Strozzina, la camera fissa riprende un uomo che si avvicina ad una piscina e si lancia in un tuffo: all’apice del suo movimento la figura si ferma a mezz’aria, mentre intorno tutto continua a scorrere. In questo lavoro, in cui l’esplorazione delle potenzialità espressive del mezzo permette di compiere il miracolo di guidare il tempo su due binari paralleli, l’acqua assume per un verso una funzione salvifica, per l’altro una divinatoria: dopo essersi fermato per qualche minuto in aria l’uomo “risorge” dall’acqua e il ciclo ricomincia.

La “personalità” schizofrenica e contraddittoria delle forze della natura si coglie in modo ancora più chiaro in The Crossing (1996), una delle più celebri ed iconiche istallazioni di Viola, con cui non a caso si apre la mostra fiorentina. Uno schermo verticale sospeso al centro della sala offre due visioni complementari, contigue ma non esperibili contemporaneamente. In entrambe un uomo ci viene incontro emergendo da uno spazio buio, per poi essere colpito –avvolto–fagocitato– inghiottito da un elemento naturale: da una parte il fuoco, dall’altra l’acqua. Come l’acqua prima tortura l’uomo in piedi con la reiterazione del suo cadere costante, poi travolge il corpo in un’enfasi purificatoria, così fa il fuoco, che sembra scaldare ma poi investe la figura (senza tuttavia bruciarla). In entrambi i casi l’installazione, iconica ed essenziale nella sua laconicità, rimanda all’immaginario e ai significati dei riti iniziatici, rituali antichi che attraversano tempi e culture.

E ancora il significato a un tempo distruttivo e salvifico dell’acqua è centrale in un altro lavoro, The Deluge (2002), che viene messo in collegamento visivo e concettuale con l’affresco di Paolo Uccello raffigurante il Diluvio Universale conservato nei Musei civici di Firenze. The Deluge è una sorta di cortometraggio drammatico, un crescendo di suspense che ricorda Gli Uccelli di Alfred Hitchcock. La camera fissa riprende una strada che viene percorsa, ad un ritmo sempre più serrato, da decine di persone, in un processo entropico che culmina con un diluvio d’acqua –anche in questo caso catastrofica e liberatoria allo stesso tempo– che investe la città e le persone, travolgendole letteralmente: ancora una volta l’opera incarna una riflessione sulla condizione umana, sul nostro tempo quotidiano e su quello dell’umanità, sull’esperienza della nascita (anche questa individuale e universale allo stesso tempo) a partire da un atto violento e liberatorio.

Nell’installazione che chiude la mostra (benché in posizione decisamente sacrificata), Martyrs series (2014), sono i Martiri a mediare e testimoniare il rapporto di reciprocità con le forze e gli elementi naturali (dal significato greco del termine che vuol dire appunto “testimone”): vessati dalla forza del vento, travolti dal peso della terra, inghiottiti dal calore del fuoco, sommersi dalla potenza dell’acqua, i quattro protagonisti sopravvivono.

Saldi, resistenti, resilienti, riportati alla vita da una luce che è quella del pensiero, forse, o della fede o dell’etica: ognuno di noi, sembra essere questo l’implicito messaggio di Bill Viola in questa commovente installazione, può riconoscere la sua energia vitale specifica nel fondo della propria anima, che poi si ricollega all’anima del mondo e dell’umanità tutta.

Bill Viola
Rinascimento elettronico
Palazzo Strozzi, Firenze
10 marzo – 23 luglio 2017

aprile 2017


1) http://studioesseci.net/mostre/bill-viola-e-lanfranco-eterne-visioni-tra-presente-e-passato/
2) P. Russo, «Viola, tour italiano tra acqua e deserto», in, La Repubblica, 22 dicembre 2013, pag. 51.

aprile 2017