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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Note da una scenografica polifonia

Beatrice Luzi

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Pur essendo figlia di un processo di legittimazione di tipo museale - e, forse, proprio per questo -  l’arte contemporanea, sin dai suoi albori, è imprescindibilmente attraversata da un impulso di sconfinamento (1). Questo paradosso ci appare oggi smorzato dalla manifesta necessità di avvicinare un pubblico il più possibile trasversale a una produzione artistica troppo spesso percepita come distante e autoreferenziale. In quest’ottica, un’iniziativa come Back to Nature. Arte Contemporanea a Villa Borghese (2), promossa dalla Sovrintendenza Capitolina (Assessorato alla Crescita Culturale di Roma Capitale) e curata da Costantino D’Orazio, costituisce uno sforzo apprezzabile. Concepita come un festival di arte contemporanea (3), la manifestazione è scandita da un ricco calendario di eventi eterogenei: dell’esibizione folkloristica degli Sbandieratori dei Rioni di Cori, alla performance State of matter - connessa all’installazione di Andreco presente in Villa– fino al denso programma di esibizioni di musica classica e jazz, frutto della collaborazione con il Conservatorio di Santa Cecilia. Il volto grafico di “Back to Nature” è una delle dieci bandiere realizzate per l’occasione da Mimmo Paladino (le stesse giostrate dagli sbandieratori), «i cui segni si intrecciano a frammenti di volti, particolari di piante, forme colte nell’osservazione delle storiche geometrie di Villa Borghese» (4). Entrando nel vivo dell’itinerario, la sezione open air di Back to Nature inizia e finisce nel Parco dei Daini, nei pressi della Galleria Borghese, eccezion fatta per la tappa della seicentesca Loggia dei Vini, dove è stata riproposta (ma solo fino al 30 settembre) la suggestiva video installazione Red Map di Grazia Toderi. L’opera, tutta giocata sul tema della luce (artificiale) e della volta celeste, interpreta con vocazione immersiva quella sensazione di arcana inconoscibilità che lo spazio cosmico porta con sé sin dall’alba dell’uomo. In questo lavoro, la Toderi intreccia due video proiezioni che corrispondono a «visioni binocolari di città notturne o eclissi, nelle quali il rosso delle lampade ai vapori di sodio è ancora il protagonista» (5). La sezione in door della mostra si snoda, invece, tra il Museo Carlo Bilotti, il Museo Pietro Canonica e la Casa del Cinema. A onor del vero, tra le opere più pertinenti al format della mostra, vi sono proprio quelle che, pur non insistendo nella vegetazione del parco, sanno entrare nel vivo del tema in maniera del tutto convincente. Visita Interiora Terrae, la video performance in tre atti di Nico Vascellari, (Casa del Cinema - Museo Canonica), è una spettacolare immersione fisica nell’atmosfera terrestre in cui l’artista, privo di sensi, si fa appendere a un elicottero e, sfidando i limiti del proprio corpo, sorvola la Foresta del Cansiglio, tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia (6). L’uomo, inerme, si pone così in una duplice condizione di vulnerabilità: rispetto ad altri individui, cui affida la propria incolumità, e rispetto alla natura indomita. Ed è ponendosi in questo luogo di confine tra cielo e terra che l’artista vuol richiamare a sé quello stato psicofisico, al contempo liberatorio e terribile, di svanire nel nulla per sentirsi parte del tutto. Un vero peccato che l’ultima proiezione del video si terrà con due settimane di anticipo rispetto al termine della mostra. Ugualmente riuscita è l’opera espansa di Benedetto Pietromarchi, curata da Paolo Falcone al Museo Bilotti. Quella di Pietromarchi è una riflessione estetica a tutto tondo, che ragiona sul complesso palinsesto naturale e culturale di Villa Borghese con una serie di lavori di grande lucidità e poesia: dalle scultoree radici recuperate nei pressi del museo, alle sculture in argilla di animali e fiori fino ai disegni, simili a erbari, di piante e architetture della Villa, in un’atmosfera intensamente evocativa e un poco malinconica, sospesa tra un passato leggendario e futuro incerto. Si tratta di «opere di grandi dimensioni in cui l’artista mette in relazione gli spazi del Museo con il Parco di Villa Borghese, ponendo al contempo l’attenzione verso tematiche quali la conservazione e la tutela del patrimonio naturalistico presente e le problematiche ambientali più attuali» (7). Giungendo dalla Piazza di Siena troviamo ad accoglierci la possente Bufala in bronzo (2019) di Davide Rivalta, che troneggia davanti al Casino della Meridiana. Rivalta riflette da tempo sul rapporto ambivalente tra uomo e animale e sul senso di attrazione e repulsione scaturito dalla presenza di imponenti figure di animali allo stato brado, del tutto svincolati dal controllo umano. Dal punto di vista stilistico i suoi animali, sapientemente realizzati a grandezza naturale secondo l’antica tecnica della fusione a cera persa, sono «scolpiti in quell’iperrealismo puntualmente smentito da un movimento di increspatura e dissoluzione» (8). Del complesso allestito al Parco dei Daini, senz’altro degna di nota è Etherea (2018), la sculto-architettura di Edoardo Tresoldi. Riadattata per l’occasione e affrontata al retro della Galleria Borghese, questa gabbia metallica di undici metri è un piccolo tempio rinascimentale a pianta centrale che, sfruttando la trasparenza della struttura, permette un’esperienza cenestesica affatto scontata, in grado di mutare al mutare della luce e apparire e scomparire in relazione al punto di vista da cui la si osserva. Le opere di Tresoldi sono dei potenti apparati scenografici desunti dall’architettura antica e rinascimentale che, da un punto di vista performativo, diventano tempi/luoghi di aggregazione sociale e ironico smarrimento percettivo. Illustre presenza, anch’essa dal forte impatto scenico, è il grande Igloo di Oporto (1998) di Mario Merz. Qui, l’eterno archetipo del nucleo abitativo è sormontato e dominato dalla regale figura di un cervo che, portatore del numero aureo di Fibonacci, ci ammonisce sul nostro stato di creature, rammentandoci l’esistenza di un armonico e prezioso equilibrio e del suo progressivo e catastrofico sconvolgimento. Sua dirimpettaia, nella “Prospettiva del Teatro”, è l’installazione di Andreco, all’insegna di quella simbologia geometrica che è cifra distintiva del suo linguaggio, in una sintesi tra la struttura naturale delle gocce - come richiama il suo stesso nome, Drops - e quella culturale dei Giardini Segreti di Villa Borghese (9). Nei suoi lavori, Andreco ha spesso indagato l’interazione primordiale tra i luoghi abitati e la presenza dell’acqua, in un’ottica che muove dall’ingegneria ambientale alla valenza socio-antropologica della pratica artistica. Proseguendo lungo la strada maestra, ci s’imbatte in un vivace quartetto di alberi, oggetto di un minuzioso e coloratissimo intervento di Yarn Bombing (“bombardamento di tessuto”) realizzato dall’Accademia Aracne di Ortona. Questo fenomeno “rampicante” prettamente urbano e a partecipazione allargata – potremmo definirlo una forma di street art alla portata di chiunque sia abile nel lavoro a maglia - tende a insinuarsi nell’orizzonte visivo quotidiano per s-banalizzarne o regalare nuova veste e colore agli oggetti (ma anche agli alberi), risemantizzandoli in chiave squisitamente decorativa. A pochi passi, in corrispondenza dell’ex Stabilimento dell’Acqua, sono invece allestite due grandi paia di ali realizzate dall’Accademia di Belle Arti di Roma, in linea con il Global Angel Wing Project, lanciato nel 2012 dall’artista americana Colette Miller. L’iniziativa era stata concepita come un’incursione di colore e speranza nei quartieri più problematici e degradati delle grandi metropoli, con l’intento di invitare il passante a immortalare se stesso come un angelo per ricordare a ciascuno la propria unicità e, al contempo, sensibilizzarlo alla responsabilità del proprio operato. Con il passare degli anni, il Wing Project ha letteralmente spopolato, trasformandosi in un vero e proprio insta-fenomeno da centinaia di migliaia di followers.
L’iniziativa Back to Nature ha senz’altro dei meriti. È una manifestazione vivace e ricca di iniziative rigorosamente gratuite che riuniscono esperienze eterogenee all’insegna di un tema vivo e urgente nella produzione artistica contemporanea. Inoltre, sfruttando la configurazione del Parco dei Daini, ha dato corpo a un dispositivo scenografico d’impatto, in cui nomi arcinoti dell’arte del Novecento convivono affianco a ricerche più recenti di notevole interesse e di indubbia qualità. Eppure, questo fresco entusiasmo sembra dissimulare alcune debolezze. Ben vengano il festival, il coinvolgimento di musicisti, sbandieratori e performers e ben venga anche l’inclusione di ricerche artistiche variegate e distanti tra loro. Tuttavia, l’impressione è di trovarsi nel bel mezzo di un festoso potpourri contemporaneo in cui il discorso storico-critico che dovrebbe sostenere il progetto appare offuscato e così la presenza di obiettivi performativi dettati da una pianificazione culturale che risponda a delle istanze precise nate dal territorio (10). E le parole del curatore, ahimè, non smentiscono tale sensazione quando afferma: «Sono stati coinvolti dieci artisti che nulla hanno in comune tra loro, così come nulla lega le loro opere. Piuttosto li abbiamo scelti in base alla sensibilità, al percorso personale e a quanto potessero entrare in contatto con la Villa» (11). Se ne deduce, in sintesi, la mancanza di un taglio progettuale coerente che voglia riflettere e far riflettere sulle voci (nazionali e internazionali) della contemporaneità impegnate a ragionare sul rapporto uomo/natura.  Alla tensione dialogica tra le opere e delle opere stesse con la dimensione naturalistica del parco, è stata preferita una scaltra giustapposizione di lavori scenograficamente allestiti. Questi, a loro volta, non interagiscono con la natura, con i suoi tempi o con i suoi materiali. Si riferiscono ad essa, la rievocano, ne traggono spunto ma si avverte, nonostante tutto, la mancanza di un’autentica ricerca site specific e di un aggiornamento sullo stato dell’arte dopo la stagione esemplare dell’Art in nature (12). L’esperienza della natura che ne deriva è irrimediabilmente antropocentrica e spudoratamente rassicurante, consacrata da una cornice bellissima e imperturbabile come Villa Borghese della quale, in fin dei conti, sono state riproposte le traiettorie standard, portando nuovamente i visitatori all’interno di un discorso museale. Un altro aspetto sul quale vale la pena soffermarsi è il modello di coinvolgimento e partecipazione proposto al visitatore/fruitore/spettatore delle installazioni all’aperto. Come recita il comunicato stampa: «I visitatori della mostra potranno interagire con le immagini elaborate dagli artisti e diventare protagonisti del festival attraverso selfie e scatti fotografici». Benché redatta in buona fede, una simile affermazione, tanto più in veste ufficiale, diventa profondamente svalutativa sia nei confronti del pubblico, sia dell’istituzione da cui è stata concepita. Dopo decenni di alacri riflessioni sulla dimensione performativa dell’arte e sulle sue implicazioni, quel che rimane è che non solo ci si debba sentire protagonisti a tutti i costi quando si fa esperienza dell’arte ma che l’automatismo dello scatto socio-fotografico possa esprimerne l’espressione più compiuta e condivisa. Ancora a proposito di pubblico (e di pubblici), l’ultima questione che si vuol sollevare ritorna al gap da colmare tra l’arte contemporanea e chiunque non faccia parte del suo mondo: eccezion fatta per la curatela di Paolo Falcone al Museo Bilotti, l’intera mostra manca di un apparato esplicativo pienamente soddisfacente che proponga, per ciascuna opera, una degna lettura a chi non pratica i linguaggi contemporanei (e, perché no, anche a chi li pratica). L’esperienza dell’arte non può che appiattirsi al culto dell’evento, dell’istantaneità, dell’effetto sorpresa se non viene adeguatamente sostenuta da una reale operazione di mediazione culturale. E così, il cerchio si chiude.
20 ottobre 2020
1) P. Mania, Dislocazione e dissipazione dell’arte contemporanea in E. Cristallini (a cura di) “L’arte fuori dal museo. Saggi e interviste”, Gangemi, Roma 2008.
2) L’iniziativa, organizzata da Zetema Progetto Cultura, si è avvalsa della collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, che ha partecipato all’elaborazione dei contenuti e alla scelta degli artisti. La durata della mostra va dal 15 settembre al 13 dicembre 2020. Back to Nature doveva essere inaugurata il 22 aprile ma, a seguito dell’emergenza sanitaria, è poi confluita all’interno di “Romarama”, il palinsesto culturale promosso dal Comune di Roma per la ripartenza della città dopo il lockdown.
3) Dal Comunicato stampa della mostra Back to Nature. Arte Contemporanea a Villa Borghese; Campidoglio, dal 15 settembre l’arte contemporanea è a Villa Borghese con Back to Nature, un progetto espositivo inedito che riflette sul futuro e sui cambiamenti climatici.
4) Samantha De Martin, A villa Borghese l’arte contemporanea ritorna alla natura in “Arte.it”, 16/09/2020, http://www.arte.it/notizie/roma/a-villa-borghese-l-arte-contemporanea-ritorna-alla-natura-17669.(5) Una conversazione su “Red Map”, opera di Grazia Toderi in anteprima alla Galleria Poggiali di Firenze, 19/11/2018,https://www.toscanaeventinews.it/una-conversazione-su-red-map-opera-di-grazia-toderi-in-anteprima-alla-galleria-poggiali-di-firenze-appuntamento-il-24-novembre/.
6) Redazione, “Back to Nature”, a Villa Borghese la mostra sul rapporto uomo – natura in “Bonculture”, 16/09/2020, https://www.bonculture.it/news-comunicati/back-to-nature-a-villa-borghese-la-mostra-sul-rapporto-uomo-natura/
7) Paolo Falcone, Benedetto Pietromarchi. Fenotipi per un nuovo Umanesimo, Museo Carlo Bilotti, 15/09 – 13/12/2020
8) Helga Marsala, L’invasione dei cavalli. Ma anche dei lupi e dei gorilla. Si aggirano per Ravenna gli animali-sculture di Davide Rivalta in “Artibune”, 28/06/2012, https://www.artribune.com/tribnews/2012/06/linvasione-dei-cavalli-ma-anche-dei-lupi-e-dei-gorilla-si-aggirano-per-ravenna-gli-animali-sculture-di-davide-rivalta-vi-raccontiamo-la-mostra-con-le-immagini-in-anteprima/.
9) Dal Comunicato stampa della mostra Back to Nature, cit.
10) Convenzione di Faro, Zane: dare nuovo valore alle persone per dare nuovo valore alla cultura in “AgCult”, 24/09/2020,https://agcult.it/a/24947/2020-09-24/convenzione-di-faro-zane-dare-nuovo-valore-alle-persone-per-dare-nuovo-valore-alla-cultura. Sarebbe interessante, in questo senso, pensare a interventi analoghi in un’ottica di reale riqualificazione urbana e naturalistica. Per quanto si presti a un’operazione del genere, il “circuito Villa Borghese” è, per sua stessa vocazione, un’area già densamente frequentata che assai meno di altre (se non affatto) soffre la mancanza di una sollecita pianificazione culturale.
11) Daniela Giammusso, Back to Nature, l’arte contemporanea conquista villa Borghese in “ANSA ViaggiArt”, 15/09/2020,https://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/regione/lazio/2020/09/15/back-to-nature-arte-contemporanea-conquista-villa-borghese_cffeb8b8-b89f-4021-901d-12b4fefcc0cc.html.
12) Cfr Vittorio Fagone, Art in Nature: una differente prospettiva creativa alle soglie del XXI secolo in Vittorio Fagone (a cura di), “Art in Nature”, Mazzotta, Milano 1996.