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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Il riallestimento, la mostra, il catalogo*

 

Brunella Velardi

 

All’Accademia di Belle Arti di Carrara un lavoro profondo e trasversale ha portato al nuovo allestimento delle collezioni d’arte dell’istituto. Uno studio portato avanti a lungo e altrettanto a lungo desiderato, per l’Accademia e la città, come afferma il Presidente Simone Caffaz. Tirando fuori dalle viscere degli ambienti di Palazzo Cybo Malaspina – sede centrale dell’istituzione carrarese – opere, documenti, testimonianze della vicenda storica che hanno contribuito a configurarla nel tempo, sono state condotte ricerche su aspetti e funzioni dell’Accademia, delineandone nitidamente la peculiarità di scuola radicata in un territorio già fortemente caratterizzato, da sempre, dalle cave di marmo e, di conseguenza dalla sua assidua frequentazione da parte degli artisti. La sua istituzione appare infatti, nell’epoca di maggior espansione della cultura accademica, naturale emergenza di quella terra, come dimostra l’esistenza di botteghe di artisti che si facevano poi mecenati dei propri allievi prima ancora della sua ufficiale fondazione da parte di Maria Teresa Cybo d’Este nel 1769.

Alla necessità di restituire alla collettività un tesoro di enorme valore prima in buona parte inaccessibile, si è quindi unita la volontà di celebrarlo con la mostra L’Accademia di Belle Arti di Carrara e il suo patrimonio tenuta tra giugno e settembre del 2014 e di suggellare le ricerche che ne sono state all’origine nel catalogo omonimo curato dalla direttrice Lucilla Meloni e pubblicato da Postmedia Books nel 2015. Nel volume si dà dunque conto del processo che ha portato al riallestimento delle opere e della prospettiva storico-documentaria da cui si è scelto di partire, attraverso il recupero filologico della documentazione relativa all’ordinamento degli anni ’30, seguendo un filo che trapassa le vicissitudini della città di Carrara e dei suoi protagonisti e quelle, ad essa intrecciate, dell’Accademia: luogo non solo di apprendimento del mestiere di artista, ma anche e soprattutto officina di trasmissione della più alta tradizione locale, la scultura in marmo.

Il riallestimento è stato quindi pretesto e prodotto di un’intensa attività di ricerca tra le carte d’archivio, che hanno costituito la base metodologica e, al contempo, parte della mostra, insieme alla ricca messe di materiali esposti, dalle opere ai fondi librari, a raccontare a più voci una stessa storia che parte dalla seconda metà del ‘700 e arriva ai giorni nostri.

La figura e l’operato di Adolfo Angeli appaiono centrali per l’Accademia durante la sua direzione, quanto per il filtro attraverso cui si è scelto oggi di guardare alla sua storia per ricostruirne il volto, già nell’intervento di Claudio Casini, per poi essere analizzate approfonditamente più avanti da Anna Vittoria Laghi. Ripercorrendo, sala per sala, le opere presentate e le specifiche ragioni delle scelte espositive che di volta in volta sono state operate, Laghi mette in luce i punti salienti del lavoro svolto: lo spiegarsi della narrazione nei vari ambienti del Palazzo, dal piano terra al piano nobile, l’attenzione rivolta al gruppo dei Niobidi, la collocazione dei gessi donati da Antonio Canova e raffiguranti i pugilatori Creugante e Damosseno secondo quella degli originali nei Musei Vaticani, il riordino della pinacoteca, sistemata tra l’Aula Magna e la Sala della Vittoria, la centralità degli anni Trenta nella storia della collezione e dell’istituzione e a cui la mostra rivolge lo sguardo anche attraverso i disegni di Ugo Prayer Galletti e le opere di autori come Carlo Fontana, Arturo Dazzi e Romeo Gregori. Infine, un lungo affondo nel periodo della direzione di Angeli tra 1924 e 1936 ne restituisce vividamente il quadro tra i collaboratori scelti, i restauri dell’edificio, l’allestimento del 1932 e la distribuzione delle sale, fino al racconto delle vicende che ne determinarono le trasformazioni nei decenni successivi.

Tra gli aspetti più rilevanti del lavoro scientifico svolto per quest’occasione è certamente, come si è detto, l’aver restituito alla fruizione opere e luoghi prima preclusi alla vista del pubblico. La Sala dei Marmi con il grande campionario a parete, fulcro della storia peculiare di quel luogo e della sua principale attività, e l’Altare degli Uomini illustri nella Sala che ne porta il nome, finora occultato da scaffalature, risultano nel percorso espositivo nuclei dotati di rinnovata forza, tanto come exempla per gli allievi quanto come veri e propri monumenti, portatori di una memoria gravida di conseguenze sulla città. È questo il tema con cui apre il suo discorso Lucilla Meloni, insistendo sulla necessità di rileggere il passato dell’Accademia per riattualizzarlo alla luce delle esperienze più recenti, che hanno visto l’istituzione protagonista nella promozione e realizzazione di una serie di mostre d’arte contemporanea che ne hanno riaffermato il ruolo di dinamico centro produttore e propulsore di cultura artistica. In un continuo e vivace confronto tra cultura classicista e cultura contemporanea, tra le potenzialità espressive della scultura di ieri come di oggi, hanno avuto luogo le Biennali Internazionali di Scultura, che hanno portato nelle sale di Palazzo Cybo Malaspina opere di Nicola Carrino (1998) e di Giulio Paolini (2008), la mostra 1957/2010 Un percorso nella storia della Biennale di Carrara, in occasione della quale Ettore Spalletti ha donato per l’Aula Magna Colonna persa per amore (2013), opera disegnata dall’artista e realizzata dagli allievi della Scuola di Scultura e ancora, di recente, riletture ottocentesche del magistero canoviano e mostre personali di artisti contemporanei come Omar Galliani (2011) e Gianni Dessì (2012).

Sull’attenzione che l’istituzione ha sempre dedicato alle esperienze artistiche del proprio tempo ritorna, nell’ultimo contributo in catalogo, Giuseppe Cannilla. La partecipazione a importanti manifestazioni caratterizza infatti l’Accademia fin dall’Ottocento e continua ancora oggi: le Biennali di Scultura riprendono dopo una lunga pausa nel 1996 e vedono la scuola carrarese prendervi parte attivamente, coinvolgendo gli spazi storici della sede centrale, e gestendo, sotto la presidenza di Antonio Paolucci, l’intera organizzazione della X edizione. Nell’ottica di una contemporaneità imprescindibile dalla riflessione sulle sue radici, si è avviata una serie di restauri che hanno coinvolto opere come i Busti degli Uomini illustri (2008) e, per la mostra che il volume presenta, sei dei dodici Niobidi, nucleo tra i più preziosi del patrimonio dell’Accademia. Proprio sul gruppo dei Niobidi s’incentra lo studio di Linda Pisani, che ne ricostruisce la storia dal mito alle repliche in gesso eseguite dagli originali in marmo di I-II secolo conservati agli Uffizi; attraverso ricerche documentarie, corregge la precedente ricostruzione della data di entrata del gruppo a Palazzo Cybo Malaspina aggiornandola al 1821, in seguito a una donazione di Maria Beatrice d’Este, figlia di Maria Teresa Cybo Malaspina e duchessa di Massa e Carrara, e grazie all’osservazione in fase di restauro ne rintraccia le peculiarità dell’esecuzione.

A rimarcare l’importanza della ricerca d’archivio, proprio nella volontà di ‘esplorare’ la storia dell’Accademia e la conseguente formazione delle raccolte da prospettive diverse facendo tesoro dei preziosi repertori che essa possiede, il catalogo approfondisce aspetti che diventano centrali nella ricostruzione dell’identità dell’istituzione: l’Archivio e la Biblioteca. Marco Ciampolini, illustrando alcune carte esposte in mostra, ci rivela quanto flebili possano essere i confini tra opere e documenti. Attraverso lo studio di due lettere di Lorenzo Bartolini concernenti l’acquisto di blocchi di marmo per il Monumento Demidoff, di cui una riporta uno schizzo del gruppo della Misericordia con le relative misure, rintraccia un momento cruciale nel progetto dell’opera; poi, con l’analisi di un ritrovato disegno a penna raffigurante Ercole vittorioso di Bartolomeo Pinelli, mette in luce gli aspetti di maggior interesse nel lavoro dell’incisore romano, tra ripresa del classico e delle arti applicate e l’illustrazione di genere. Allo stesso modo la biblioteca dell’istituto, oltre a costituire una fonte fondamentale di studio per gli allievi con manuali critici e tecnici, come emerge dal testo di Giovanna Bombarda, si dimostra essa stessa scrigno ricolmo di opere, con le raccolte di riproduzioni dall’antico, le Seicentine e le Settecentine, i volumi illustrati della Divina Commedia (1793 e 1802). Costituitasi quasi in concomitanza con l’istituzione della scuola in seguito a donazioni e acquisti e a supporto degli insegnamenti di Scultura e Architettura, si caratterizza fin dal principio per l’artisticità dei materiali e, come ricorda Ines Berti, assume un ruolo di particolare rilevanza per la città quando, nel 1890, il direttore Ferdinando Pelliccia decide, in accordo con il Comune di Carrara, di aprirla al pubblico sopperendo, di fatto, alla mancanza di una biblioteca comunale fino alla seconda metà del ‘900.

Concludendo il suo intervento Lucilla Meloni scrive, a proposito di Anatomia di Giuseppe Penone (2013) – a lungo esposta di fronte all’ingresso del Palazzo Cybo Malaspina: «non solo la scultura monumentale magnifica la potenza e la bellezza del marmo, testimoniandone la caratteristica atemporale e le sue infinite potenzialità, ma si dà come “segno” del presente da cui poter guardare il passato». Alla luce di questo imprescindibile assunto, il patrimonio forse più prezioso della scuola carrarese diviene proprio il suo porsi al centro di un crocevia, il suo essere lente di un cannocchiale che, ricco di un passato glorioso legato alla tradizione locale e all’influente passaggio di alcune tra le più importanti personalità artistiche dal Neoclassicismo in poi, non tralascia di volgersi con sguardo critico verso ciò che avviene fuori, nel mondo contemporaneo e di mostrarsi al passo coi tempi con il continuo aggiornamento dei corsi di studio. Ma l’impegno dell’Accademia nel collocarsi consapevolmente nel flusso della storia si concretizza ancor più con il coinvolgimento diretto degli allievi nelle pratiche dell’arte: così è avvenuto in occasione della realizzazione dell’opera di Spalletti, dei restauri delle sculture della gipsoteca, o dello studio dei fondi d’archivio. Si mette così in atto oggi la costruzione del patrimonio futuro assieme alla preservazione di quello passato attraverso una profonda e diffusa presa di coscienza, che trova il suo momento culminante nella restituzione alla pubblica fruizione di un patrimonio non solo locale, ma nazionale.

 

*Lucilla Meloni (a cura di), L'Accademia di Belle Arti di Carrara e il suo patrimonio, Postmedia Books, Milano, 2015.