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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Arte contemporanea e spiritualità come “dispositivi” di ricerca del Senso: anatomia di una ricerca

Antonio Zimarino

Il testo, recentemente pubblicato per le Edizioni Diogene Multimedia ha avuto una gestazione lunga e complessa dovuta alla difficoltà di esplorare in particolare una delle due “aree” di studio di cui si compone: se da un lato sono molte le riflessioni e gli studi sui problemi del “contemporaneo” e delle diverse grandi questioni dell’Arte Contemporanea, indagare la “questione della spiritualità” è stato decisamente più difficile in quanto i temi appaiono più confusi e affrontati alternativamente con posizioni molto vaghe o con strutture ideologiche piuttosto rigide.

L’idea di questa indagine è scaturita da un’esperienza concreta: dal 2008 svolgo cicli di conferenze e incontri pubblici sull’Arte Contemporanea, nei quali provo ad affrontare delle letture di opere mostrandone la profondità concettuale, filosofica ed esistenziale, provando a superare diversi preconcetti nei confronti dell’arte che si va facendo e le banalizzazioni proposte dalla “comunicazione. Moltissimi interventi del pubblico, formato anche da artisti e operatori del settore, hanno aperto considerazioni e valutazioni ulteriori che mi hanno poi portato ad altri approfondimenti: da una parte dunque lo studio di queste opere mi portava a considerarne la grande densità speculativa riguardo temi profondi nell’ordine esistenziale, psicologico, relazionale, sociale e da altri punti di vista, il pubblico aggiungeva elementi e questioni ulteriori che aprivano nuovi fronti di pensiero e di considerazioni.

Tale ricchezza di proposta e le complesse relazioni concettuali messe in campo nelle scelte formali di tanti lavori, scoperte spesso insieme al pubblico, hanno spinto ad interrogarmi su “cosa” le opere potenzialmente sono in grado di essere per chi le osserva e su come esse siano capaci di mettere in moto una sorta di partecipazione meditativa al loro essere ed esprimersi, anche attraverso le forme dell’arte d’oggi.

Si è quindi posta in modo naturale la necessità di cercare un termine che potesse esprimere plasticamente questa capacità che anche l’arte oggi ha di costruire e aprire sensi e significati e nella ricerca mi sono imbattuto nell’idea di “spiritualità”, in particolare nelle opere teoriche tanto di Luigi Pareyson che di Theodor W. Adorno. Se dunque il versante artistico – filosofico accetta e considera (a suo modo ovviamente) questo “campo di significati”, ho però dovuto chiarirmi anche alcune valenze fondamentali del termine che forse oggi appare “depotenziato” proprio a causa del suo uso impreciso.

Stando alle nozioni generali fornite anche dalla tradizionale cultura religiosa, le valenze attribuite alla “spiritualità” sono apparse talvolta congruenti a ciò che la lettura dell’opera d’arte (sia storica che contemporanea) sviluppa e propone; scavando più a fondo nelle sue questioni però, la spiritualità mostra di avere un ruolo niente affatto circoscritto nelle forme culturali della religiosità: appare molto spesso più attinente alle forme di interpretazione, codificazione e rielaborazione della “cultura” in senso lato.

Gli interrogativi e i “campi” di questioni da affrontare in questa ricerca in origine apparivano tra loro difficilmente collegabili ma, provando a precisare per quanto possibile, le caratteristiche di entrambe le “aree”, si sono evidenziati alcuni punti, alcune modalità che ci permettono di poter parlare, per l’arte contemporanea, di forme di “spiritualità” e di procedure interpretative e rielaborative quanto meno analoghe, se non assolutamente similari.

Ho iniziato dunque il percorso cercando di chiarire quali sono le problematiche proprie dell’arte contemporanea sottolineando quanto essa si discosti in molti casi, dallo stereotipo trasgressivo, modaiolo e spettacolarista che ci viene generalmente comunicato. Che cosa vuol dire davvero “contemporaneità” in arte (e non) e quali sono le conseguenze epistemologiche derivanti da una sua definizione più coerente? Come la si conosce? Quali sono i campi di questioni che la costituiscono e la esprimono? Come ci viene raccontata e cosa mostra in realtà di essere?

Anche la “questione della spiritualità” richiede una serie di chiarimenti e precisazioni: anche di fronte a ciò che le tradizioni religiose dicono di essa, le sue definizioni non appaiono particolarmente chiare e scarseggiano delle definizioni su quali siano i suoi rapporti con la filosofia, l’antropologia, la filosofia dell’arte e su come la si possa eventualmente intendere oggHo iniziato dunque ad analizzare e a delineare il “campo” di questioni sociologiche, formali, comunicative, filosofiche che riferiscono all’Arte Contemporanea: le ricerche mi hanno portato a evidenziare molti spunti problematici di difficile, se non impossibile chiarificazione, ad esempio, relativi alla sua conoscenza / comunicazione: come e perché avviene la selezione alla visibilità di certe o di altre opere? Ci sono (e nel caso) quali sono le qualità formali o contenutistiche di un’opera che vengono prese in considerazione dalla Comunicazione che ne governa la selezione e la percezione? Quali caratteristiche appaiono più o meno interessanti per raccontare / rappresentare il “contemporaneo” in arte? Ma in realtà, cosa possiamo intendere filosoficamente o artisticamente per “contemporaneo” e in che modo e perché certe espressioni d’arte oggi vengano riconosciute come tali?

Parlare consapevolmente di “Arte contemporanea” significa parlare di una serie di questioni ad altissima densità problematica dato che in essa vengono messi in relazione problemi antropologici, culturali, esistenziali, filosofici, psicologici, storico-culturali, formali insieme a quelli metodologici relativi alla comunicazione e all’economia e tutto questo confronto avviene proprio mentre tutto è in accadimento.

Le riflessioni di Agamben, Garroni, Gasparotti o Nancy finiscono per affermare l’imprecisione del campo di senso del “contemporaneo” ma tale imprecisione andrebbe considerata positivamente, in quanto l’arte propone appunto “senso dal non-senso” che è l’agire, il pensare proprio di chi vive nel “contemporaneo”, in un contesto non determinabile, in costante proposta e definizione. Paradossalmente (ma nemmeno poi tanto) sono soprattutto la sociologia dell’arte ed in particolare le forme economiche di valorizzazione e gestione del prodotto creativo che tentano delle modellizzazioni e delle riduzioni capaci di interpretare, definire (o addirittura, proporre) i processi culturali che oggi dicono dell’arte, attraverso le proprie prassi di analisi e le proprie finalizzazioni. Le indagini nell’area della sociologia dell’arte, dei processi culturali e della comunicazione si rivelano fondamentali oggi per comprendere gli aspetti tecnico organizzativi che permettono la percezione stessa dell’arte contemporanea nel nostro presente.

Quali sono e “come” sono i processi che permettono oggi di selezionare l’arte alla visibilità e alla percezione? Tali processi sono “indifferenti” rispetto al senso e al valore di ciò che organizzano? Sono orientati, orientabili? Insomma quale arte percepiamo rispetto a tutta quella che potenzialmente si produce e si propone? E soprattutto, perché percepiamo “quella” rispetto ad altra? Il problema è importante perché noi conosciamo (e quindi parliamo o ragioniamo di) opere contemporanee che emergono da un’organizzazione sistemica, fondata su un modello ben definito di rappresentazione della “complessità” reale delle questioni inerenti “arte”: tale modello appare fondato non tanto su questioni di ordine formale speculativo che pure sono assolutamente proprie dell’arte ma per lo più su ragioni di ordine economico - promozionale.

In pratica l’arte che si fa è “raccontata” (quindi selezionata) attraverso una modellizzazione che non sembra essere particolarmente interessata al “senso” che essa mostra o propone. Per dirla meglio, appare interessata a ciò che in essa è più facilmente comunicabile e predilige l’efficacia e le finalità non di tipo culturale. Significa che spesso finiamo per ragionare “culturalmente” su opere selezionate attraverso processi non sempre fondati culturalmente, dove magari, la significazione viene attribuita dal contesto e non dall’identità dell’opera.

Se questo è il modello (tendenzialmente parziale e finalizzato) che oggi “narra” l’arte alla contemporaneità sarebbe necessario da parte degli studiosi e degli operatori del settore rivederlo e ridefinirlo restituendo valore ed evidenza a tutte quelle altre cose che sono proprie al campo di significati di “arte”, fosse anche solo per definire le “qualità” del mercato stesso. Tuttavia è proprio la “problematicità” del campo di questioni inerenti l’arte ciò che le modellizzazioni socio economiche legate in particolare alla comunicazione, intendono ridurre, proprio per aprire, alimentare, variare e destabilizzare le percezioni dei valori, aumentando cosi le possibilità dei mercati.

Noi oggi vediamo l’arte contemporanea che il sistema seleziona con i suoi criteri prevalentemente (ma non assolutamente, beninteso) commerciali o spettacolaristici, distanti da coerenti interpretazioni, proposte, riflessioni di ordine culturale e/o speculativo che sono invece propri alle questioni del “senso” filosofico e culturale dell’arte. Dunque, il modello a prevalenza “sociologica”, se pur efficace a taluni scopi, appare decisamente incompleto e inadatto a dire dell’arte contemporanea, perché non rispetta lo statuto molto più complesso di ciò che si propone di rappresentare.

Per non affidare la selezione qualitativa solo alla possibilità che gli operatori abbiano un’etica e una coerenza culturale nelle proprie scelte, sarebbe necessario predisporre un “algoritmo” più rispondente al campo di questioni e significati attribuibili al termine “arte”, ma per far ciò ovviamente, la complicazione aumenta perché bisognerebbe tener conto dei risultati dell’analisi semiotica di un’opera e di ciò che essa pone a livello significativo e speculativo: c’è la questione dell’Immaginale, dell’ontologia dell’arte, della sua definizione, insomma ci sono tutte le questioni aperte dall’Estetica Analitica all’interno delle quali la “sociologia” è uno tra i tanti aspetti della questione, sia pur significativo.

Per affrontare tale articolata identità del campo “arte contemporanea” non mancano però degli strumenti, elaborati dai “cultural studies” di approccio analitico, in alcune aree della ricerca estetica e antropologica; particolarmente interessante ci è sembrata, ad esempio, la nozione di “thick description” elaborata nell’Antropologica Interpretativa di Clifford Geertz; anche gli studi sulla Complessità, a partire da Morin, attraverso Prigogine, Kaufmann etc., fino a quelli più recenti sui “complex adaptive system”, ci sono sembrati molto utili per comprendere come si possa tenere insieme un campo di questioni così eterogeneo come quello proprio di “arte”.

Nel campo della riflessione filosofica tra le proposte più interessanti ci sono quelle di Georg Bertram, che parla della necessità di prendere coscienza dell’indeterminatezza e della complessità aperta della questione e passare così ad un atteggiamento critico inerente l'identità dell'opera (conclusione per altro indicata anche da Warburton o Margolis). Non si tratta più di definire, ma di comprendere i modi dell’incessante processo che porta alla proposta di cultura e valutarne costantemente dinamiche, sensi, profondità, segni e significati. Ciò implica la necessità di rifondare un approccio critico, ragionando e dirimendo tra le intersezioni che ciascuna metodologia di analisi offre, mantenendo la coscienza che il discorso sull’arte “erode il Senso” e non lo dichiara; tanto più complesse si svilupperanno le intersezioni significative, tanto più profondo diverrà il “ragionare” intorno all’arte e ciò fa si che essa, svelandoci la sua irriducibilità, apra altre possibilità del pensare e di proporre cultura.

Le considerazioni teoriche fin qui proposte, si completano e trovano elementi di conferma sia nelle attuali riflessione sulla Complessità adattiva che in quelli sull’Antropologia dell’Attuale proposti da Paul Rabinow. il filosofo americano parla ampiamente dei fondamenti dell’arte contemporanea, riconosciuti tanto nell’opera di Paul Klee che di Marcel Duchamp riconoscendo nel loro “modus operandi” due fondamentali strategie per elaborare senso di fronte al “non-senso” cioè al Caos, condizione primaria di ciò che è Contemporaneo. Tali modalità analitiche fondamentali e profonde sono appunto da considerare tra gli strumenti più efficaci che usiamo per trasformare “logos” in “ethos”, possibilità in proposta: in pratica sono tra i nostri modi essenziali per dare Senso all’esperienza.

Questo percorso era importante per precisare l’instabilità e l’irriducibilità problematica di ciò che si propone come arte contemporanea, che è appunto, una proposta di senso e che come tale va discussa e valutata: questa coscienza è l’esatto contrario di quello che generalmente avviene nelle modellizzazioni proposte dal dominante sistema socio economico dell’arte, specchio sostanziale di un approccio ideologico al mondo e alla società, perfettamente raccontato dalla sociologia dell’arte e criticamente letto negli studi fondamentali sulla società contemporanea condotti da Baumann.

Se dunque l’arte contemporanea è una proposta di senso, (implicando così una condizione ricorsiva e dinamica del suo procedere) appare perfettamente legittimo andare ad analizzare che cosa e come l’Arte contemporanea propone: “senso” riguardo cosa?

Sono ancora molti gli artisti che indirizzano le loro ricerche e le loro proposte su questioni di ordine esistenziale, sociale, relazionale, psicologico, politico, religioso insomma, sulle questioni fondanti il rapporto con l’Esistenza, per cui l’arte contemporanea in certe condizioni, in certi temi, in certe forme si occupa proprio della proposta e ricerca del “Senso” filosofico – psicologico – esistenziale nel Presente ed elabora le sue forme in proposte.

L’arte contemporanea è dunque aperta, mobile, in costante evoluzione; lavora su un fronte indeterminato del possibile, propone e produce “cultura”, propone e produce senso, erodendo il non-senso del Possibile. Per questo l’arte contemporanea è contraddittoria in ciò che presenta perché la definizione di un eventuale “senso” della sua proposta avviene attraverso un processo culturale necessariamente lungo e complesso che non può essere credibilmente espresso dai soli processi sociologici. L’arte contemporanea è un dispositivo di costruzione del Senso che si muove in una logica di complessità e probabilità, di studio di possibilità e di relazioni. Può essere percorsa all’interno di queste logiche profonde che toccano gli elementi antropologici e fondanti dell’individuo e delle sue relazioni con gli altri aspetti dell’esistente. Può essere strumento per entrare nel profondo dello stato esistenziale, immaginale esperienziale relazione dell’individuo, nel suo rapporto con l’altro, la società e le sue modificazioni, con il Possibile. Ma il centro di questa ricerca non può che essere l’Opera.

La sua riflessione sul senso e la riflessione sul suo senso, costruiscono “la cultura”; la conoscenza dei modi in cui l’arte contemporanea affronta il non – senso, (cioè, ciò che non è ancora ordinabile del presente in accadimento) aiuta ad identificare le possibilità, spinge ad un atteggiamento etico e a prese di posizione che a loro volta modificano cultura e relazioni. Attraverso l’attività artistica è possibile gettare sguardi su mondi complessi, su ipotesi e scelte interpretative che uniscono tanto lo stato materiale dell’individuo che la sua relazione esistenziale.

Nella seconda parte del volume, abbiamo cercato di definire alcuni punti di una possibile “questione della spiritualità”, evidenziando prima di tutto quali problematiche emergono in rapporto alla tradizione religiosa e alla cultura filosofica. Gli studi antropologici non appaiono particolarmente interessati alla spiritualità perché essa si configura come una condizione preesistente o conseguente alle forme socioculturali delle religioni; comunque essa è presente in tutte le culture e in ciascuna tende a configurarsi tanto come “ricerca” che come “proposta” di senso nell’esistente, in relazione con le forme culturali delle religioni. In effetti, riferendosi alle etimologie originarie di “religione”, ma anche riferendosi alla sua stessa “storia culturale”, il termine “spiritualità” appare definire i processi dinamici di generazione, riflessione e trasformazione di significati e valori precedenti o interni alle forme di religiosità.

Alla comprensione di una specifica originalità della “questione della spiritualità”, aiuta molto anche la distinzione tra approccio filosofico e approccio spirituale all’Esistente proposta da Michel Focault che ribadisce la necessità che la spiritualità ha di instaurare un rapporto “produttivo” alla verità, mettendo in gioco “l’essere” del soggetto, traducendosi in atteggiamenti concreti e in prassi.

Il “campo” di questioni inerenti la Spiritualità sembra configurarsi come un sistema di interpretazioni, relazioni e tipologie di ricerca del “senso” e di rapporto significativo con l’Esistente; tale rapporto si traduce in comportamenti, gesti, scelte e segni culturali intesi a verificare e rendere concretamente percepibile ciò che si è intuito.

Un altro punto di riflessione importante è la spinosa questione che intercorre tra la ricerca artistica contemporanea e le tradizioni culturali religiose che atendono ad attribuire all’arte funzioni spirituali precise e definite L’incomprensione reciproca appare proprio legata al pensare l’arte (da parte della tradizione religiosa) all’interno di certe “funzioni” relative al messaggio che il dogma religioso ha di per sé definito (e si parla dunque contestualmente di “arte sacra”), piuttosto che considerarla nel suo essere libera ricerca di senso. La difficoltà nell’accettare il “problema” posto dall’arte contemporanea, esiste comunque in tutti quei casi in cui la spiritualità venga letta all’interno di precisi valori e intenzioni, piuttosto che concepita come movimento originario di “ricerca di senso”.

Esistono oggi forme di spiritualità, di “ricerca di senso” per così dire, “originarie” che si occupano cioè di interpretare il mondo al di fuori delle verità tradizionalmente codificate dalle religioni o da “forme ideologiche” di interpretare il mondo? Questo è un campo di riflessione abbastanza recente e decisamente “contemporaneo”, ricco di proposte e considerazioni che dimostrano esempi e fondamenti di una “spiritualità laica”; alcune di queste proposte sono sostenute peraltro, anche da intellettuali e personalità provenienti da “religiosità” culturalmente definite.

E’ possibile oggi individuare molti tentativi e proposte di forme laiche di spiritualità, diversi dei quali di tipo confusamente sincretista, provenienti dall’area della cosiddetta “new age”; al di là di un confuso e generico spiritualismo tipico di queste proposte, alcune considerazioni molto serie provenienti da settori di studio particolari, come quello del “management education” e quello della medicina palliativa inducono a prendere in seria considerazione l’esistenza di una “spiritualità fondamentale”.

Stabilità la credibilità della “questione spirituale”, (da intendersi appunto come ricerca di senso intorno a certi fondamenti esistenziali e valoriali), ho esaminato alcune fondamentali riflessioni filosofico-artistiche che hanno incrociato le questioni inerenti il rapporto arte contemporanea e spiritualità. La ricerca ha rilevato alcuni esempi particolarmente interessanti ad es. nell’“Estetica” di Luigi Pareyson, alla base della sua teoria della formatività, o addirittura, in senso essenzialmente laico, nella “Teoria estetica” di Theodore W. Adorno. Il loro pensiero delinea la relazione tra arte e spiritualità come “campo aperto” di ricerca, proposta e interpretazione, centrato sull’identità dell’opera o sul processo di “formatività” che si sviluppa nella sua elaborazione. La spiritualità nel discorso sull’arte (anche contemporanea) appare come quel margine sempre nuovo di elaborazione di “senso”, sia dal punto di vista dell’artista che dal punto di vista di chi la fruisce: tuttavia la “spiritualità” appartiene non tanto ad una definizione “tout-court” dell’arte ma piuttosto, al lavoro di costruzione o interpretazione del senso dell’Opera. Il pensare l’arte (sia quando si elabora una forma, sia quando si cerca di leggerla e interpretarla attraverso gli strumenti di analisi) può continuamente scavare un “ulteriore”, un possibile prima non comprensibile tanto che l’arte in molte sue opere, appare generativa di senso e significato. Tale discorso appare attentamente affrontato nell’analisi dell’opera d’arte proposta da Romano Guardini.

L’intero discorso compiuto da Pareyson e da Adorno, sembra convogliare nell’analisi dell’opera d’arte compiuta da Romano Guardini: nel pensiero del teologo tedesco, per altro condotto con un attento e laicissimo processo di analisi semiotica e di riflessione sulla psicologia della percezione, viene descritto il processo “generativo” di senso che intercorre tra Opera e Osservatore, percorso che per altro appare compiuto “in primis” dall’artista attraverso la sua riflessione-elaborazione legata alla sua partecipazione al Mondo.

L’esperienza “processuale” (ripeto singolarmente laica e singolarmente “analitica”) descritta da Guardini apre ulteriori e dense questioni inerenti “cosa” e “come” l’opera d’arte conosce: l’interessantissimo dibattito aperto nell’ambito di recenti studi di Filosofia della religione, sembra liberare finalmente l’arte dalle funzioni tutto sommato, ancillari che la storia (soprattutto religiosa) le ha attribuito (comunicazione, informazione, dichiarazione) e ridarle un ruolo concretamente propositivo nell’ambito della “ricerca di Senso” (anche religoso), permettendoci così di tornare a considerarla uno dei modi profondi attraverso cui noi procediamo alla trasformazione costante di “logos” in “ethos” (Foucault, Rabinow) ovvero, alla costruzione della nostra “cultura” del modo di interpretare e rapportarci al “fascio di tenebra” (Agamben) che ci arriva dal Contemporaneo.

A conclusione del percorso, la spiritualità “fondamentale” e l’arte contemporanea appaiono effettivamente due “dispositivi” che tendono a dare senso, forma ed interpretazione a questioni a volte comuni (di ordine esistenziale) altre volte tangenti (modi della relazione interpersonale, sociali, etc). Ovviamente, non in tutta l’arte in generale, ma sicuramente in quella che si occupa di questioni che hanno attinenza con quelle di cui si interessa anche la spiritualità.

Spesso le opere dell’arte contemporanea, ad una analisi critica metodologicamente coerente, mostrano di essere strumento di costruzione e proposta di cultura, di “etica” e di “senso” nei confronti di un Presente in costante costruzione, intervenendo su questioni profonde che permettono di cogliere la profondità della riflessione umanistica / spirituale e/o esistenziale. Esprimono cioè atteggiamenti e proposte che sono propri anche nell’ordine della “spiritualità fondamentale”: entrambe costituiscono proposte concreta di “senso” a ciò che sembra non averne. Ciò accade perché in fondo, l’arte è nella condizione stessa della “spiritualità” che di fronte al caos inconoscibile del Presente non fanno altro che proporre “mondi”, interpretazioni, possibilità (Nancy) ovviamente da verificare e da vagliare storicamente negli sviluppi e nelle implicazioni. L’opera d’arte contemporanea a condizione della sua complessità e della sua attenzione a tematiche filosofiche, concettuali, esistenziali, relazionali, psicologiche etc. , può essere un mezzo di approccio sapienziale all’esperienza della realtà in accadimento. Per riuscire a cogliere la ricchezza e la profondità delle sue proposte, bisogna ovviamente imparare a discernere dentro le logiche del sistema attuale superandole, consapevoli che appunto un “sistema” è la rappresentazione che noi facciamo di un campo di questioni e la sua complessità e validità sono date nella qualità della rappresentazione che scegliamo di fare (Morin).

Appare chiaro che qualsiasi riduzione o semplificazione funzionale rischia di non poter rappresentare le reali condizioni del “campo” di questioni suggerite dal termine “Arte” per cui davvero c’è bisogno di tornare a guardare l’arte tenendo conto di questa sua enorme capacità di costruire Senso.

Per questa ragione nell’ultima parte de testo è stata dedicata alla “lettura” di opere d’arte contemporanea che per la loro complessità concettuale e formale, suggeriscono elementi coerenti con ciò che può essere inteso come campo di senso della “spiritualità”. Scegliendo di parlare di opere sia di celebri artisti del Contemporaneo che di “sconosciuti”, abbiamo inteso notare che tali questioni si riconoscono esattamente nelle qualità formali che le opere mettono in campo evidenziando in questo modo che l’approccio che noi definiamo “spirituale” appartiene sempre e comunque all’Uomo che appunto non può fare a meno di interrogarsi quotidianamente riguardo il Senso del suo fare, pensare, vivere e relazionarsi e che ha il desiderio di dare forma e visibilità a ciò che ritiene o intuisce come importante per se e per gli altri

Antonio Zimarino, La spiritualità nell’arte, Guida alla lettura dell’arte contemporanea, Diogene Multimedia, Bologna, 2015