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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Prove d’arte nei giorni del distanziamento sociale

Patrizia Mania
 
Il lockdown globale dettato dall’emergenza COVID-19 ha trascinato in questa nuova dimensione tutta la nostra relazione con la realtà e di conseguenza anche il rapporto con l’arte. Si è così inaugurato un tempo confinato, sospeso, provvisorio, di allontanamento fisico dall’arte. I musei sono “temporaneamente chiusi”, e chissà se si possa sperare che l’avverbio nel suo suffisso “mente” possa riuscire ad attrezzare le nostre menti verso un corso nuovo e sconosciuto nel quale oltre a lenire lo smarrimento ci si possa arricchire esplorando immaginari inediti.
Sull’efficacia terapeutica della somministrazione dell’arte in situazioni emergenziali o post emergenziali già comprovata nei tempi passati non dovremmo avere dubbi anche per il presente(1). Qualche giorno fa, Francesco Bonami si è spinto a considerare proprio l’arte “il vaccino eterno e multiuso contro le infezioni dello spirito umano. Un vaccino che può avere le forma di una chiesa, ma anche quella di poche linee su un foglio di carta” (2). Se non proprio un vaccino, certamente un balsamo.
Distanziati fisicamente e socialmente dall’arte, a supplire all’impossibilità del contatto è in questi giorni la connessione in remoto. Le funzioni sostitutive affidate ai tanti tour virtuali allestiti dai musei e da ogni qualsivoglia luogo dell’arte di tutto il mondo, consentono di visitare una quantità enorme di musei e opere d’arte che, a prescindere dallo stato emergenziale attuale, difficilmente potremmo avere la fortuna di conoscere tutta dal vivo (3).
L’implementazione massiva delle realtà museali ed espositive in modalità virtuale potrebbe farci parlare dell’avvento ovunque in questo anno 20 del XXI secolo di “musei immaginari”. Anziché sulle pagine di un libro, come nel Musée imaginaire costruito da André Malraux, è sugli schermi dei nostri dispositivi digitali che si sta mettendo in scena un nuovo universo di forme mobili e in qualche modo anche modulabili.
Così, in tempi di pandemia da SARS Cov-2, la momentanea perdita della relazione sociale con l’opera d’arte, pur non essendo la priorità emergenziale, ha innescato immediatamente la ricerca di possibili alternative in remoto per mantenere se non altro il contatto, sia pure virtuale, con le grandi collezioni pubbliche e private e i grandi musei. Di conseguenza, assistiamo in questi giorni ad una superfetazione di visite guidate nell’arte del passato e del presente.
Per restare in Italia, l’hashtag #iorestoacasa ha riscosso grande entusiasmo e raccolto numerose adesioni. Le tante, molteplici iniziative messe in campo nell’arte sembrano misurare innanzitutto il desiderio di continuare a sentirsi vivi e vitali in questi giorni bui e respingere la paura dell’azzeramento.
Si tratta di restituzioni di inestimabile valore, anche se un rapido sguardo ai principali musei, fondazioni, enti e raccolte ma anche a gallerie e spazi d’arte contemporanea impone di distinguere nettamente il piano pregevole della documentazione, da ciò che per sua stessa natura richiede l’incontro ravvicinato. Ciò vale per tutta l’arte storica e presente essendo la questione della materialità o dell’immaterialità da ritenersi sempre non subalterna ma sostanziale. 
Tanto più se volgiamo il pensiero alla dimensione effimera di tanta parte della produzione artistica contemporanea, la cesura sopraggiunta delinea contorni ancora più drammatici. 
Nell’isolamento forzato da contenimento del contagio non c’è dubbio che, al di là delle pratiche estetiche connaturatamente digitali o in modi sufficientemente pertinenti traducibili dall’analogico al digitale, la riproduzione digitale dell’opera come sua unica residuale risorsa amplifichi di converso proprio la mancanza della dimensione fisico-esperienziale. E la messa a punto e il rafforzamento di percorsi virtuali a distanza non colma il vuoto dell’assenza, esacerba piuttosto la spinta contraria a voler essere a cospetto dell’opera.
Da questo punto di vista, l’impatto di questa emergenza può dirsi devastante anche sul mondo dell’arte. Siamo al cospetto di un anno zero. Mai dal secondo dopoguerra in poi si ha memoria di una simultanea chiusura di tutti gli spazi dell’arte e di un obbligato rinvio di tutte le attività programmate e quindi anche dei principali eventi periodici internazionali.
Tra i tanti, due dei principali appuntamenti che avrebbero dovuto accompagnare l’estate sono stati rinviati: l’apertura della 17. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia How will we live together è stata per ora spostata dal 23 maggio al 29 agosto così come quella di   Manifesta 13 che quest’anno si dovrebbe tenere a Marsiglia e i cui organizzatori hanno comunicato il differimento dell’inaugurazione a data da definirsi.
Tornando alla tendenza: sfruttando le potenzialità del digitale si propongono un po’ ovunque percorsi ulteriori ma non c’è dubbio che gli esiti più interessanti sul piano della richiesta di un contatto vero con l’opera risiedano, come del resto immaginabile, in quell’arte concepita ab origine come immateriale. Accanto ai lavori di net art, di new media art e di activism va considerata anche la video arte che ha l’opportunità di rendersi fruibile senza che vistose trasformazioni ne alterino, compromettano o tradiscano quella sostanza di materia immateriale con cui si veicola. Sulla falsariga dell’intuizione di Mc Luhan l’opera continua ad identificarsi con il mezzo e dunque con la stessa materia immateriale con la quale si immedesima.
Con uno sguardo puntato al nostro territorio – che, trattandosi di internet può suonare una blasfema distorsione della sua vocazione transfrontaliera - alcune iniziative dei principali musei d’arte contemporanea verificano suadentemente l’assunto. Per esempio la tempestiva apertura di “Cosmo digitale” https://www.castellodirivoli.org/castello-rivoli-apre-cosmo-digitale/ , una vera e propria nuova sede del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli presentata come luogo in rete nel quale allocare progetti specificamente destinati a modalità di fruizione in remoto. Un “museo di opere realizzate appositamente per questa nuova dimensione artistica ed elaborate in modo da creare un rapporto inedito con la coscienza del visitatore online” nella consapevolezza, come afferma la direttrice del Museo, Carolyn Christov-Bakargiev, che “Cosmo digitale non sostituisce una visita al Museo, né l’unicità dell’intenso incontro fisico ed emozionale che si può vivere soltanto negli spazi reali e con il corpo delle opere o delle performance, ma aggiunge dimensioni ed esperienze più private e screen based”. In contatto. Per una nuova relazione con i nostri pubblici è invece il titolo della proposta di Palazzo Strozzi che mira a stimolare a distanza la riflessione sull’arte partendo proprio dall’ultima mostra Tomás Saraceno. Aria che ha chiuso i battenti a pochi giorni di distanza dalla sua apertura. “Muoviamoci in modo diverso per un futuro migliore” è l’invito che l’artista ci rivolge presentandoci in un breve filmato “Per un suono lento dell’aria” una delle opere in mostra il cui protagonista è il pulviscolo e il suono delle sue particelle scatenato dall’interazione con chi vi si avvicina e che ci immerge in una dimensione che si fa metafora del cosmo. https://www.palazzostrozzi.org/tomas-saraceno-per-un-suono-lento-dellaria/ Non manca il richiamo poetico ad una delle inevitabilmente più battute citazioni letterarie: la replica del format del Decamerone di Boccaccio chiamato in causa dalla Triennale di Milano con Decameron: storie in streaming con il quale si è invitato dapprima per un mese, dal 5 marzo al 5 aprile, poi fino al 30 aprile, tutti i giorni alle 17 un artista, un designer, un musicista, un performer, un intellettuale o un poeta milanese a raccontare il vissuto di questi giorni a domicilio coatto e a condividerlo sui social: https://www.triennale.org/eventi/triennale-decameron/ . Due le iniziative del Museo Madre a Napoli: Madre door-to-door, un programma che, come recita il titolo, porta l’arte digitalmente a domicilio ed è articolato nelle tre sezioni ON AIR …la collezione, UNRELEASED … gli inediti (queste prime due a tempo determinato) e INSITE…le mostre http://www.madrenapoli.it/calendario/madredoortodoor/; e #iorestoacasacon nella quale vengono proposti i vari contributi degli artisti che hanno partecipato alla call to action del Madre “How to change the world from your living room” http://www.madrenapoli.it/calendario/madrecall/ . Concludendo questa rapida carrellata, uno sguardo al MAXXI dove l’iniziativa Liberi di uscire col pensiero apre le sue porte on line con un’offerta variegata in linea con il DNA del museo e nella cui ricca videogallery è possibile vedere interessanti video, documenti e anche un’ introduzione alla Mappa di Alighiero Boetti in linguaggio LIS/01 https://www.youtube.com/watch?v=783oMMAdoQM&list=PLmSqhgI7NIajwz8nx2SgqURGK6oG52xMk&index=76&t=0s
Non si può che salutare dunque con grande favore in particolare proprio queste modalità che, sullo sfondo di questi tempi, risultano di tenace resistenza.
Viceversa, come si accennava, resta inappagata la necessità, sempre più inderogabile nel tempo lungo, di intrattenere un contatto diretto con l’opera d’arte e le pratiche artistiche. Quel di cui davvero si soffre è la mancanza di una relazione fisico percettiva emozionale con la materialità e/o l’immaterialità dell’opera. Quella condizione che ormai da più di un secolo ha incluso lo spettatore nell’opera: l’esperienza.  Dalle avanguardie storiche, alle sperimentazioni del Gutai, all’environment, agli happening, all’immersività dell’arte programmata, al binomio arte=vita professato dai Situazionisti, alla “scultura sociale” di Beuys, all’arte relazionale degli anni ’90, alle più recenti pratiche di attivismo politico sociale, scorrendo rapidamente sulle tante ricerche, un flusso continuo e inarrestabile ha posto in essere un rapporto ineludibile tra la creatività artistica e lo spettatore. Non solo il contatto, la presenza al “vivo” ma la partecipazione diretta al farsi e al costituirsi dell’opera ne sono i tratti distintivi. Un rapporto con lo spettatore che si è reso via via imprescindibile soprattutto per chi, per certi versi, ha fatto dell’arte una forma di resistenza al declino delle nostre società. Proprio più irrinunciabile laddove la relazione si è profilata oltre la semplice empatia, facendosi addirittura “carnale” tanto è penetrata nel vissuto, nella sensibilità oltre che nelle istanze politico sociali e psicologico emozionali del fruitore.
Per un suo ritorno si dovrà ancora attendere a lungo, nel frattempo, immaginando il dopo, appare già palese che le avventure avviate aprano fin da ora ad inediti scenari e immaginari che stanno velocemente contribuendo a disegnare e a rinegoziare un nuovo inaspettato futuro anche alla dimensione dell’arte.
20 aprile 2020

1) Patrizia Mania, Maria Raffaella Menna (a cura di), Frammenti di Siria Dal medioevo alla contemporaneità. Prendersi cura dell’arte/ l’arte come cura, Mappe, Round Robin editrice, 2019.
2) Francesco Bonami, “Cura a base di capolavori”, in La Repubblica, Robinson, 4 aprile 2020, n.174, pp.34-35.
3) In un report apparso su Hyperallergic vengono conteggiati 2500 siti di musei e gallerie in tutto il mondo che offrono tour virtuali e raccolte on line sulle pagine di Google Arts & Culture: https://hyperallergic.com/547919/2500-virtual-museum-tours-google-arts-culture/?utm_medium=email&utm_campaign=D040320&utm_content=D040320+CID_ 49ad9271512a9d576c359b8e2fc5121c&utm_source=HyperallergicNewsletter&utm_term=2500%20Museums%20You%20Can%20Now%20Visit%20Virtually (Consultato il 4 aprile 2020).