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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Daniela De Dominicis
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Ricostruita ex novo dopo l’incendio del 1624 che ha distrutto l’insediamento medioevale, Oslo (1) ha mantenuto l’impianto ortogonale che in questa fase il re danese Cristiano IV le ha imposto ispirandosi alle città ideali del Rinascimento italiano. Lungo l’asse viario Karl Johan che raccorda la casa reale con il parlamento, si snodano i palazzi della cultura, l’università, i teatri, la chiesa (2) e tutt’oggi è la strada più vivace della città con negozi eleganti e giardini. In assenza di una propria tradizione culturale, lo stile utilizzato per la costruzione degli edifici più rappresentativi si è ispirato al rassicurante linguaggio neoclassico ad imitazione di quanto era già avvenuto nelle altre capitali europee. Dopo quattrocento anni di dominio danese e circa duecento di controllo svedese, nel 1905 la Norvegia diventa autonoma e vent’anni dopo la capitale Cristiania viene ribattezzata Oslo. Una nazione giovane dunque, con una delle più piccole capitali d’Europa visto l’esiguità del numero dei suoi abitanti che non superano le 700 mila unità (3).  
La Norvegia ha avuto fino alla fine degli anni Sessanta un’economia di basso profilo, fondata sull’esportazione di legname e pescato, cui è seguita la scoperta di ricchissimi giacimenti di petrolio nel Mar del Nord e nel Mar di Barents, all’interno del circolo polare artico, e quindi l’avvio di uno sfruttamento intensivo a partecipazione statale tradottosi dal 2010 in un export di 1,6 milioni di barili al giorno (4). La nazione si è trovata a questo punto a gestire enormi ricchezze ma, a differenza dei paesi medio orientali che, pur dotati delle stesse risorse naturali presentano realtà sociali povere e concentrano i proventi nelle mani di pochi, ha saputo creare un sistema di ridistribuzione capillare con finanziamenti consistenti per le imprese e un welfare di altissimo livello (5).
A dare visibilità a un progetto politico che ha come scopo quello di elevare la qualità della vita di tutti i cittadini, sono stati chiamati in primo luogo urbanisti, architetti, designer e artisti. In nessuna nazione del mondo, forse ad eccezione degli Emirati Arabi (6), si sono concentrate in poco tempo commesse tanto ingenti da trasformare radicalmente l’aspetto della città (7).
Nel giro di una ventina d’ anni il fronte orientale del porto, il quartiere di Bjørvika, è diventato un prestigioso hub culturale.  È qui infatti che si sono concentrate le più importanti istituzioni del Paese: il Teatro dell’Opera, la Biblioteca Deichman e il Lambda – il museo interamente dedicato a Edvard Munch – con un separato padiglione temporaneo. È qui che hanno preso vita i primi grattacieli della città con la sequenza di edifici noti come Barcode.
L’intervento che ha innescato la ridefinizione di questa zona, è stato il progetto per il Teatro Nazionale dell’Opera e del Balletto avviato con il concorso del 2000 su committenza governativa (8). Vincitore della competizione internazionale è stato il gruppo norvegese Snøhetta (9) che ha saputo conciliare l’alta funzionalità tecnica con una forma originale ed incisiva, in perfetta armonia con il paesaggio. Salendo con andamento obliquo direttamente dall’acqua del mare, l’ingente costruzione del teatro, che insiste su 38 mila mq di superficie, si presenta come un immenso blocco di ghiaccio, un iceberg che la corrente sembra aver incastrato contro la banchina del porto. Il materiale utilizzato è infatti il candido marmo di Carrara che emergendo dall’acqua diventa piazzale di accesso per poi trasformarsi, inclinandosi, in tetto percorribile dell’intera struttura (10).  Solo in cima assume ancora un andamento orizzontale per poi inerpicarsi di nuovo in senso contrario ed offrire nel punto più alto, la vista sul fiordo e sulla città. Nel basamento quadrangolare sul retro prendono posto, nei 1100 ambienti presenti, gli uffici e laboratori che contribuiscono alla realizzazione degli spettacoli – falegnameria, sartoria, scenotecnica, regia, scenografia… – questi ultimi a vista sulla strada confinante. Il rapporto con la città non è soltanto visivo, la hall di accesso, con pareti interamente vetrate alte 15 metri, è infatti accessibile a tutti, con i servizi, il ristoro, i sedili: una piazza protetta che prosegue la grande area esterna. Il cuore del complesso, le due sale da 1350 e 400 posti, sono accessibili con una rampa che sale ad elica, realizzata e schermata con lastre di quercia dorata. Il freddo del “ghiaccio” lascia il posto al calore avvolgente del legno con un evidente omaggio, nel sapiente alternarsi dei materiali, agli insegnamenti del maestro nordico per eccellenza, Alvar Aalto.
Il quartiere di Bjørvika era fino a qualche decennio fa una zona a vocazione commerciale. Qui si allineavano i grandi magazzini di stoccaggio per il traffico marittimo nonché diversi complessi industriali. La vicina stazione centrale, il terminal degli autobus transregionali e importanti raccordi viari ne assicuravano la connessione con il territorio nazionale. La cessata attività dei docks e delle industrie negli anni ’60 ha implicato un rapido declino di tutto il quartiere fino al concorso internazionale del 2003 che ne ha assegnato la riqualificazione al gruppo danese MVRDV (11) e ai due studi norvegesi Dark e A-lab (12). Gli architetti ne hanno studiato come prima cosa le connessioni, valorizzando soprattutto quelle pedonali, per rendere la zona parte integrante del tessuto urbano e accessibile da ogni lato. I docks e le fabbriche sono state abbattute e al loro posto si sono concretizzati undici grattacieli ad uso misto, stretti e profondi, con doppia facciata – una sul porto, l’altra sulla strada ferrata alle spalle – ravvicinati tra loro ma a distanze diverse tanto da far pensare alla sequenza di un codice a barre, da cui il nome con cui sono noti, Barcode. I lavori, finanziati con capitale misto, pubblico e privato (13), sono stati affidati ad architetti diversi che, pur nella varietà delle forme, hanno mantenuto l’omogeneità dei materiali e la totale accessibilità del piano terra e del piano sotterraneo degli edifici. Un dibattito pubblico ha contribuito a determinare l’altezza delle costruzioni – da 70 a 100 m – che poi è diventata normativa per gli interventi urbani successivi. Il recupero di quest’area ha suscitato reazioni diverse. A preoccupare maggiormente era l’idea che questa sequenza di grattacieli potesse formare una barriera tra la città e il mare; in realtà la porosità con la quale le costruzioni si presentano e la libertà di accesso che gli architetti hanno previsto, l’hanno resa una sorta di quartiere-cerniera, una zona molto amata e intensamente frequentata, divenuta icona di modernità e di recupero urbano. La memoria storica del luogo è affidata ad un piccolo museo al piano terra di uno dei grattacieli che illustra le trasformazioni dell’area e conserva i reperti navali del XVI secolo recuperati durante i lavori di fondazione. Uno spettacolare ponte pedonale, Akrobaten (14), scavalca tutta la sequenza dei binari facilitando anche l’accesso alla retrostante zona di Grønland.
Nel 2009, subito dopo l’inaugurazione del Teatro, il Comune ha dato il via a due nuovi cantieri che insistono nella stessa zona: la Biblioteca Deichman Bjørvika e il Museo Munch, i cui concorsi sono stati vinti rispettivamente dagli studi Lundhagem + Atelier Oslo e dallo spagnolo Juan Herreros.
La Biblioteca si presenta come un edificio discreto nelle dimensioni – appena cinque piani – e nell’aspetto –fibra di vetro trasparente – solo l’ultimo livello si concede l’originalità di un aggetto che si apre a ventaglio e raddoppia in quota la superficie disponibile.
Ma varcato l’accesso ci si trova in un ambiente architettonicamente dinamico ed avvolgente. Le scale mobili invitano a scoprire la chiostra dei ballatoi che si intuiscono in verticale perché non tutti i piani si offrono alla vista contemporaneamente e il vasto ambiente in cima ci appare del tutto inaspettato, inondato di luce dalle pareti vetrate e dal soffitto. Ovunque poltrone e sedie diverse, tutte di ricercato design, isolate o in piccoli raggruppamenti, tavoli, computer, libri liberamente consultabili, difficile non trovare un angolo che non faccia alle proprie esigenze. E poi aree per i bambini, sale dove richiedere la proiezione di film, laboratori dove imparare a suonare strumenti musicali, macchine da cucire, stampanti 3D, sale di riunione in cui poter avviare personali iniziative, insomma una biblioteca con una pluralità di funzioni, liberamente accessibile secondo una politica culturale aperta ed inclusiva che i Paesi del nord Europa hanno avviato da tempo scommettendo proprio sul ruolo altamente educativo di queste istituzioni (15). 
Mentre la nuova sede della Biblioteca, nonostante sia la ventiduesima filiale della storica istituzione Deichman, è stata accolta con entusiasmo dalla popolazione proprio per i preziosi servizi che offre, molte perplessità ha suscitato la nuova sede del Museo Munch, alle spalle del Teatro dell’Opera. Le ragioni di dissenso sono due: la prima è che le opere dell’artista, donate per testamento alla città di Oslo, avevano già una sede espositiva ad esse dedicata, foss’ anche nella zona di Tøyen a nord est della città (16), la seconda è che la nuova costruzione, che ha impegnato 314 milioni di dollari, si presenta come un grattacielo di 12 piani per 58 metri di altezza, incidendo notevolmente sull’immagine urbana complessiva.
L’architetto Juan Herreros, ha deciso di chiamarlo Lambda per la forma inclinata della parte sommitale che lo fa assomigliare all’omonima lettera greca. Anch’esso come gli edifici fin qui esaminati, avrà (l’apertura è prevista a primavera 2021) un piano basale di tre livelli con funzione di piazza urbana coperta, accessibile liberamente in ogni servizio presente.  La facciata è di “alluminio perforato con diversi gradi di trasparenza” (17) che offre un’immagine continuamente diversa dell’edificio in funzione della luce e delle diverse ore del giorno.
Ma questa parte non è l’unica costiera ad essere stata risanata, anche il lato occidentale della baia, è stato oggetto di una radicale trasformazione: da area portuale a raffinata zona abitativa, con locali alla moda, gallerie d’arte, un parco di sculture e il museo privato d’arte contemporanea Astrup Fearnley, fondato nel 1993 e qui trasferitosi nel 2012. I tre plessi (18) in cui si articola quest’ultimo si collocano alla fine del lungo molo di Akker Brygge, un tempo sede di cantieri navali. Il museo – caratterizzato dalla più aggiornata collezione d’arte contemporanea del nord Europa – è stato progettato da Renzo Piano (19) che ha voluto conferirgli l’aspetto di un natante approdato alla banchina, tutto rivestito di legno, protetto da una vela latina obliqua in vetro trasparente e collegato alla terra con ponti passerella che superano il canale. Qui non ci sono “piazze” interne accessibili ma i passaggi ponte permettono l’accesso alla spiaggia e al mare circostante.
Sempre in questo lato del porto, proprio alle spalle della stazione ferroviaria di Vestbanen ormai dismessa (20),  vi è il cantiere di un ulteriore complesso museale, quello della Galleria Nazionale, la cui sede storica è chiusa  da più di un anno, che assumerà la denominazione di Museo Nazionale di Arte, Architettura e Design (21), firmato dallo studio Kleihues + Schuwerk Gessellschaft von Architeckten (22), vincitore del concorso nel 2009.  Attraverso i rendering resi noti dai progettisti si leggono volumi semplici e materiali solidi, privi di qualsiasi sensazionalismo formale ispirato alle mode del momento. L’architetto Klaus Schuwerk nel corso delle conferenze stampa di presentazione ha parlato del suo interesse per le regole albertiane della firmitas, della venustas e dell’utilitas, della cura del dettaglio, della qualità dei materiali e della progettazione. Un ritorno alla classicità dunque, a forme atemporali, dichiarando i propri maestri in K. Friedrich Schinckel, Mies van der Rohe e Peter Zumthor. Il complesso sarà pertanto discreto, si inserirà senza emergere tra gli edifici circostanti, in esplicito dialogo con i semplici volumi del vicino Rådhus (23), il municipio di Oslo. 
Di genere diametralmente opposto, ovvero molto iconico e spettacolare, è l’intervento di Bjarke Ingels nei pressi di Oslo, a Kistefos. Tanto famoso da non poter essere ignorato trattando di architettura contemporanea norvegese e che ha fatto parlare di sé tutte le riviste del settore nel 2019 quando The Twist, questo l’appellativo scelto, è stato inaugurato. Si tratta di una costruzione che è al contempo un ponte, una galleria espositiva e un’opera d’arte, non a caso l’intervento si inserisce nel parco delle sculture di Jevnaker (24), a 70 km da Oslo. La costruzione ha la forma di un parallelepipedo a cavallo del fiume Randselva e circa a metà compie una torsione su sé stessa di 90 gradi.  Costruito da pannelli di alluminio rivestiti internamente con doghe di abete dipinte di bianco, presenta proprio nella torsione un lato di vetro che da lucernaio superiore si trasforma poi in parete trasparente: una parte della galleria protegge le opere dalla luce esterna, l’altro si apre al paesaggio dei boschi e del fiume.
La strada intrapresa dalla città di Oslo, sostenuta dalla grande disponibilità economica, è orientata dunque alla riscrittura di parte dello spazio urbano. Se questo permette da un lato un aggiornamento invidiabile delle strutture, dei servizi e delle costruzioni, dall’altro corre il rischio di non proteggere la propria storia e la propria cultura. Della distruzione delle preesistenze industriali della zona di Bjørvika si è già parlato, ma vale senz’altro la pena citare un ulteriore progetto di abbattimento che ha suscitato reazioni di dissenso ben oltre i confini nazionali. Si tratta del quartiere governativo costruito tra il ’59 e il ’68 in stile brutalista: uno dei due blocchi, detto Y dalla forma della pianta, è ormai in corso di demolizione (25) in ragione dei danneggiamenti causati dall’attentato terroristico (26) del 2011. In realtà si sarebbe potuto recuperare ma si tratta di uno stile architettonico che non incontra più il gusto dominante come ha dimostrato il Deutsches Architektur Museum di Francoforte con l’iniziativa #SOS BRUTALISM del 2017, volta a salvare tutti gli edifici realizzati nel mondo in questo stile perché tutti rischiano di essere rasi al suolo. Al posto dell’Y-Block l’agenzia governativa ha per ora selezionato una rosa di progetti ultramoderni (27) uno dei quali nel giro di due lustri ne prenderà il posto.
Interventi urbanistici così incisivi e rapidi sono certamente estranei alla nostra cultura dove il concetto di tutela è fortemente radicato da essere a volte paralizzante. Ma giudicare la storia con i criteri contemporanei è molto rischioso, in architettura si finisce inoltre per fare scelte non recuperabili, per rincorrere un eterno presente, dimenticando la storia e le proprie radici.
20 ottobre 2020
1) Oslo è il nome dell’insediamento risalente all’ XI secolo. Nel corso del 1600 la città viene ribattezzata Cristiania e solo nel 1925 riprende la denominazione originaria.
2) Il Palazzo Reale è stato progettato da Hans Ditlev F. Linstov tra il 1824-49; l’Università da Christian Heinrich Grosch  nel 1838-54; il Teatro Nazionale da Henrik Bull nel 1893-99; il Parlamento da Emil Victor Langlet nel 1866; la Cattedrale risale invece al 1697 ma è stata notevolmente modificata a metà dell’800 e del ‘900.
3) Gli abitanti della Norvegia superano di poco i 5 milioni distribuiti su una superficie di 385, 207 km2 (l’Italia ha una superficie di 301,338 km2 e oltre 60 milioni di abitanti). Per il numero degli abitanti cfr. Osloby.no, sito ufficiale del Comune di Oslo.
4) Tutto ciò confligge con gli impegni internazionali come l’accordo di Parigi che prevede l’impegno ad abbattere le emissioni entro il 2030. Dal World Economic Forum di Davos (2019) è emersa la necessità di puntare esclusivamente sulle energie rinnovabili, viceversa la Norvegia non intende per ora abbandonare lo sfruttamento delle sue piattaforme nel mare del Nord. Dal 2013 il Paese è governato da partiti conservatori.
5) Il reddito medio pro capite è di 67 mila euro, il tasso di disoccupazione supera di poco il 4%. La mancanza di un’aristocrazia da sempre ha permesso una grande mobilità sociale. La scuola e la sanità sono gratuite e sono previsti sussidi per ogni figlio.
6) La federazione degli Emirati Arabi Uniti si è costituita nel 1971, ogni Emirato è governato da una monarchia assoluta ereditaria. I proventi del petrolio hanno consentito progetti faraonici: ad Abu Dhabi, per esempio, sull’isola di Saadiyat è in corso di realizzazione il Cultural District che, oltre la filiale del Louvre costruito da Jean Nouvel (2017), prevede la costruzione dello Sheikh Zayed National Museum di Norman Foster, il Guggenheim di Frank Gehry, il Performing Arts Center di Zaha Hadid e il Museo Marittimo di Tadao Ando.
7) Nel 2019 Oslo è stata nominata Capitale dell’architettura ed ha ospitato la Triennale dal titolo Degrowth and its relevance in architecture, 26 settembre-24 novembre 2019. Cfr. oslotriennale.no/en.
8) Il Teatro dell’opera è stato commissionato dal Governo attraverso il Ministero Affari Culturali ed Ecclesiastici con un budget di 500 milioni di euro.
9) Il gruppo di Snøhetta è stato fondato da Kjetil Trædal Thorsen e Craig Dykers nel 1989. A questi architetti si deve anche la nuova grafica delle banconote norvegesi.
10) Per evitare effetti sdrucciolevoli sulla superficie del marmo, sono state realizzate delle texture progettate dagli artisti Kristian Blystad, Jorunn Sannes e Kalle Grude. I moduli metallici che rivestono esternamente il cubo della grande sala si devono invece ad Astrid Løvaas e Kisten Wagle.
11) MVRDV, studio olandese fondato nel 1993 da Winy Maas, Jacob van Rijs and Nathalie de Vries.
12) Lo studio di architettura Dark è stato fondato nel 1988; A-Lab nel 2000. Entrambi hanno sede ad Oslo.
13) La società Oslo S Utvikling (OSU) che ha gestito economicamente il capitale misto per il Progetto del Codice a Barre è una filiale del gruppo immobiliare governativo Entra Eiendom AS, della privata Linstow Eiendom e delle ferrovie norvegesi ROM Eiendom AS. I grattacieli costruiti sono: PrinceWaterhouseCoopers (PWC) di A-lab; Kommunal Landspensjonskasse (KLP) di Solheim & Jacobsen; Deloitte Building di Snøhetta; tre torri di Visma Building di Dark Arkitekter; tre torri di DnB NOR di MVRDV, Dark e A-lab; MAD Bygget di MAD Arkitekter.
14) Akrobaten (l’acrobata) è il ponte che scavalca i 206 metri dei binari della Stazione centrale di Oslo. Gli architetti norvegesi dello studio L2 lo hanno progettato nel 2011 utilizzando esclusivamente acciaio e vetro, avendo cura di renderlo un passaggio pedonale del tutto insonorizzato anche durante il transito dei treni. 
15) In diversi paesi del nord Europa le biblioteche vengono considerate volano di coesione ed elevazione sociale. A partire da quella di Rotterdam realizzata da Jacob Bakema tra il ‘77 e ’83, fino alla recentissima di Helsinki, Oodi, progettata dallo studio ALA e inaugurata nel 2018. 
16) La sede storica del Munchmuseet è stata costruita nel 1963 dagli architetti Einar Myklebust (1922-1017) e Gunnar Fougner (1911-1995). Myklebus ha anche firmato il restauro e l’ampliamento dell’edificio nel 1994.
17) Cfr.  www.estudioherreros.com, ad vocem.
18) I tre edifici hanno funzioni diverse: il primo ospita la collezione permanente, il secondo le mostre temporanee, il terzo gli uffici.
19) Ha contribuito alla realizzazione del museo anche lo studio norvegese Narud Stokke Wiig che ha firmato nel 2018 il prestigioso ampliamento dell’aeroporto di Oslo con il Gardermoen Terminal.
20) L’edificio dell’ex stazione di Vestbanen progettato da Georg Andrea Bull nel 1872 ospita attualmente l’Istituto del Nobel norvegese per la pace.
21) L’apertura di questo museo è programmata per il 2021.
22) Dal 2004 lo studio berlinese di Jan Kleihues e quello di Klaus Schuwerk con sede a Napoli si sono associati.
23) Il Municipio di Oslo è stato progettato da Magnus Poulsson (1881- 1958) e Arnstein Arneberg (1982-1961) nel 1933 e completato dopo la guerra nel 1950. Ad Arneberg si deve anche il Museo delle navi vichinghe a Bygdøy, nei pressi della capitale.
24) Il Kistefos Museet viene fondato nel 1996 a Jevnaker, nell’area industriale di una cartiera chiusa nel 1984. Christen Sveaas, erede del complesso, vi ha raccolto opere create appositamente da prestigiosi artisti contemporanei come Claes Oldenburg, Ólafur Elíasson, Yayoi Kusama, Tony Cragg, Anish Kapoor, Lynda Benglis, Jeppe Hein, Giuseppe Penone, Elmgreen&Dragset, Tony Oursler.
25) Il quartiere governativo di Oslo è stato progettato dall’architetto modernista Erling Viksjø (1910 -1971). L’edificio Y ha ospitato cinque opere parietali di Pablo Picasso. Ivo Bonacorsi, “Verrà demolito l’Y-Bokka, icona modernista di Oslo con i murales di Picasso”, Domus, 20 maggio 2020.
26) Il 22 luglio 2011 il quartiere governativo di Oslo è stato teatro di un attentato terroristico ad opera di Ander Behring Breivik. Nell’esplosione sono morte otto persone e 209 sono rimaste ferite.