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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Ryan Mc Ginness e Daniel Arsham

Valentina Vacca

 

Nella sua opera cardine La bomba informatica (1999) Paul Virilio affermava la pericolosità della tecnologia avanzando delle perplessità riguardo il veloce e incessante incedere del progresso, ritenendo come esso potesse essere in realtà, un ordigno di distruzione troppo sottovalutato. Ad esempio, è inconfutabile che il web non di rado sia reputabile come tale: si pensi, nel caso dell’arte, alla lacuna in ambito critico che si crea all’interno delle innumerevoli piattaforme espositive online. Difatti, la fruibilità del sistema artistico via web ha purtroppo avuto anche delle ripercussioni, una su tutte quella di una grave approssimazione riguardo la qualità degli artisti e delle opere ivi presenti. E’ pertanto compito degli addetti ai lavori ovviare a questo problema, il quale corrisponde tout court a un’afasia selettiva verificatasi a causa del torpore con il quale il mondo della cultura ha guardato in particolare allo strumento social. In questo specifico caso, ci si sta riferendo al social poiché, nei tempi contemporanei sono proprio i tools del web 2.0 – Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest- ad offrire la maggiore rapidità di condivisione e dunque di fruibilità. Riconoscere senza alcun pregiudizio una qualsivoglia dignitas a questi media, atta a conferir loro anche l’accezione di piattaforme artistiche dei nostri tempi, risulta fondamentale per l’esistenza di una qualità dell’arte contemporanea la quale ormai trova molto spesso la sua vetrina proprio nel social.

Il web 2.0, definizione con la quale nel linguaggio di settore si indica il sistema internet basato essenzialmente sullo sharing ossia sulla condivisione, si caratterizza essenzialmente per la dinamicità e la rapidità, paradigmi incontrastati dei tempi contemporanei.

Uno dei social del web 2.0 che più di tutti si è reso portavoce della rapida coniugazione immagine-condivisione è Instagram. Fin dal suo nome, fusione delle parole inglesi instant-gram, esso esprime l’idea di simultaneità con la quale avviene la creazione dell’immagine e la fruibilità della stessa. La possibilità poi dell’inserimento di “etichette” –gli hashtags, come vengono chiamati nel linguaggio internet- grazie alle quali gli utenti hanno l’opportunità di cercare le immagini che sono più di loro interesse per mezzo dell’apposizione di un cancelletto davanti alla parola chiave, permette a questo social di distinguersi più di tutti per quel che concerne la semplicità fruitiva.

Come banalmente si può intuire, trattasi di una vera e propria giungla iconografica, costituita da foto amatoriali e non. Tuttavia al suo interno, è possibile individuare una pluralità di artisti contemporanei che sfrutta non solo le potenzialità di questo social in termini di sharing, ma anche di concezione dell’opera d’arte. Fra questi vi sono Ryan Mc Ginness e Daniel Arsham.

Il newyorkese Mc Ginness, classe 1972, rappresenta, specie in seguito alla sua partecipazione alla collettiva itinerante Beautiful losers ospitata alla Triennale di Milano dal 17 febbraio al 19 marzo 2006, uno degli artisti più interessanti del panorama contemporaneo. Influenzato dalla street art e dalla scena underground, Mc Ginness, le cui opere sono state esposte al Moma di New York[1] oltre che in numerose e celebri gallerie statunitensi ed europee, basa la sua poetica artistica sul segno grafico ispirato proprio alla street culture ma anche all’illustrazione popolare, alla segnaletica stradale, ai loghi commerciali propri del mondo capitalista; egli dà vita ad un universo in cui  segni grafici si fondono entro il supporto materiale prescelto, il quale talvolta coincide con la tela ma spesso anche con oggetti propri della quotidianità quali t-shirts, skateboards, scarpe, video, etc[2]. Lo sperimentalismo continuo di Mc Ginness, il quale costantemente esorcizza un qualche supporto dal suo mero riconoscimento profano, lo conduce all’impiego di quello prettamente effimero che perfettamente va a braccetto con la contemporaneità virtuale. Ecco dunque che nasce la sua opera Grams, Instantly!, (Foto 1)un’opera d’arte che vive solamente nel profilo Instagram dell’artista. Essa si basa sulla pubblicazione quotidiana sul social difrasi o idee provenienti dai taccuini personali di Mc Ginness; queste vengono rielaborate con un carattere adeguato e poi fissate, come se fossero delle battute, all’interno di cerchi neri. Queste battute sono appunto i grams, come si evince dal titolo stesso dell’opera, il cui numero è destinato a crescere sempre di più dal momento che Mc Ginness ogni giorno ne elabora uno differente (Foto 2).

Se Mc Ginness ha dunque pensato e ideato un’opera d’arte ad hoc per Instagram, la valenza che invece l’americano Daniel Arsham (1980) conferisce al social è più sull’onda dello sharing ed essenzialmente legata alla creazione dell’opera stessa, forse anche per via della giovane età dell’artista il quale appartiene in maniera netta alla “generazione digitale” dove tutto è costantemente documentato e condiviso.

La ricerca di Daniel Arsham, interessante artista poliedrico che ha lavorato anche come scenografo per la coreografa Merce Cunningham nello spettacolo EyeSpace (2006)[3], sfocia e invade numerosi territori che si schierano ai limiti dell’architettura, della performance e della scultura, sovente distorta e manipolata a seconda dello spazio in cui essa è chiamata ad operare. Arsham utilizza Instagram per tutte le sue opere: esse vengono immortalate da lui stesso, il quale carica le immagini all’interno del suo profilo e le condivide con i suoi followers. Molto spesso inoltre Arsham condivide nel social anche il momento dell'allestimento delle sue mostre presso gallerie o musei. E’ il caso ad esempio, della grande esposizione Volcanic Ash, Rusted Steel tenutasi entro i 1500 mq della galleria Barò di San Paolo dal 15 febbraio al 22 marzo 2014[4]. Dai primi di gennaio infatti, nel suo profilo Instagram l’artista ha dato avvio ad un caricamento ininterrotto di scatti nei quali a essere immortalati sono stati i momenti dell’allestimento (Foto 3) come anche gli interventi eseguiti sulle opere precedentemente alla loro esposizione. Non solo: presenti anche molti scatti nei quali l’artista è il soggetto della foto unitamente alle sue opere; è il caso ad esempio dello shot che Arsham accompagna con la didascalia My official job title is Archeological Crew Chief” (Foto 4) nel quale l’artista, che indossa un camice con su scritto “Daniel Arsham Archeology Crew Chief” tiene tra le mani una delle sue sculture: Boombox (2013), una radio realizzata con l’impiego di cemento gesso hydrostone, schegge di vetro e frantumi di acciaio, opera che faceva parte di una sezione della mostra che ospitava tutta una serie di sculture rappresentanti i reperti degli archeologi del futuro (telecamere, polaroid, computer portatili pesanti, televisori, telefoni delle cabine). I titoli di tutte le mostre di Daniel Arsham realizzate nel 2013 sono preceduti dal cancelletto[5], simbolo che nel linguaggio di Instagram indica appunto un hashtag: ecco che abbiamo allora esposizioni quali #FUTUREARCHIVE realizzata alla Galleria Perrotin di Hong Kong, #YESTERDAYSFUTURES (Part I) e #YESTERDAYSFUTURES (Part II), tenutesi rispettivamente nello spazio Louis Vuitton di Singapore e presso la School of the Arts della stessa città; e poi ancora #RECOLLECTIONS, nella Pippy Houldsworth Gallery di Londra e #TOMORROWSPAST, presso la Ron Mandos Gallery, di Amsterdam.

Mc Ginness e Arsham dunque, incarnano perfettamente la figura dell’artista contemporaneo il quale può trovare nello strumento social una fonte d’ispirazione, come nel primo, o un mezzo di comunicazione per rendere fruibili le sue opere, come nel secondo. Entrambi gli artisti costituiscono prove ineluttabili di quanto gli strumenti del web 2.0 entrino in stretta connessione con l’arte contemporanea e di come dunque, è necessario che gli studiosi non guardino con diffidenza ai nuovi media, ma anzi si applichino per riuscire a divincolarsi in mezzo alla moltitudine di mediocrità artistica presente sul web.

Ryan Mc Ginness è rintracciabile su Instagram come @mcginnessworks mentre Daniel Arsham @daniel_arsham

 

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[1]Fra queste, meritano una menzione le installazioni Now Forever, 2005, Greater New York exhibition, MoMA PS1, New York e Have You Seen Him?, 2007, MoMA PS1, New York

[2] IVAN QUARONI, Mc Ginness. Graffiti urbani minimal chic, in «Arte», n. 421, settembre 2008, p. 75

[3]TED LOOS, Cunningham fostered serendipity in set design, in «New York Times», 28 december 2011

[4]CLAIRE RIGBY, Daniel Arsham: Volcanic Ash, Rusted Steel, in «ArtReview», may 2014

[5]Cfr. http://www.danielarsham.com/index.php?/biography/ . Link consultato in data 17/06/2014