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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Il mercato progettato da MVRDV

Daniela De Dominicis

Se è vero che l’uomo è ciò che mangia come volevano i naturalisti francesi di fine Ottocento, allora le scelte alimentari e il meccanismo produttivo ad esse connesse rivelano la cultura e i valori morali di un popolo. E in un pianeta che si avvia a raggiungere i 9 miliardi di abitanti alla metà del secolo, le scelte in questo campo non saranno di poco conto tant’è che alla tematica alimentare è dedicata l’ imminente Expo di Milano dal titolo Nutrire il pianeta. Energia per la vita.

Gli allevamenti intensivi e le monoculture sviluppatesi negli anni Sessanta per far fronte ad un repentino incremento demografico, hanno finito per mostrare tutta la fragilità di un sistema basato sulla rapina delle risorse naturali, su condizioni di vita inaccettabili per gli animali destinati all’alimentazione umana –che secondo Philip Lymbery del CIWF restituiscono in termini energetici il 30% in meno di quanto consumano– e sono da tempo oggetto di un partecipato ripensamento critico. Alcune importanti aziende –Sainsbury’s, Barilla, McDonald’s– hanno fatto di questo ripensamento uno dei punti di forza della propria strategia di marketing.

Il nuovo trend è oggi quello del ritorno alla distribuzione al minuto, in stretto contatto con piccole realtà produttive locali. E se questa indicazione ci viene da una città come Rotterdam, uno dei centri urbani fin dal Seicento a vocazione globale con colonie possedute in tutto il mondo ed oggi primo porto in Europa, allora merita una qualche attenzione. Questa città ha infatti appena inaugurato il nuovo Markethall, nell’antico e centralissimo quartiere di San Lorenzo (Laurens kwartier). Non si tratta di un gigantesco centro commerciale, tutt’altro, si presenta come un’elegante piazza coperta occupata da un centinaio di “bancarelle” al massimo. L’idea che gli anonimi scaffali del supermercato avrebbero prima o poi cancellato la realtà del piccolo banco, è stata infatti recentemente sovvertita, tant’è che anche la grande distribuzione ha sentito la necessità di rincorrere almeno la parvenza del mercato rionale organizzando, fosse anche in aree circoscritte, esposizioni con banchi di legno protetti da ombrelloni di tela. La nuova e diffusa sensibilità per il controllo dell’intera filiera produttiva, preferibilmente a chilometro zero, sembra garantita appieno solo dalle piccole realtà locali.

Così, nell’ultimo decennio diverse città europee (Stoccolma, Valencia, Copenhagen,…) e non solo europee, hanno abbandonato l’idea di demolire i mercati ottocenteschi ed hanno viceversa proceduto a recuperarne le strutture trasformandole in fiorenti realtà economiche. Un intervento in questo senso spettacolare è stato quello condotto da Enric Miralles e Benedetta Tagliabue nel 2005 per il Mercato di Santa Caterina a Barcellona, coperto con una vela ondulata di ceramiche colorate o, più recentemente (2011) l’elegante rivisitazione del Souk dell’Aldar Central Market di Abu Dhabi firmata da Foster & Partners con la luce che filtra dall’alto a creare un’atmosfera sospesa e suggestiva. Ma al di là di  interventi così eclatanti, l’orientamento più partecipato è il restyling dei padiglioni esistenti come quello effettuato nel 2005 dallo studio Greig & Stefherson per il famoso Borough Market di Londra che ha costituito un modello di riferimento. Oggi i padiglioni di Victor Baltard per Les Halles di Parigi, demoliti negli anni Settanta del secolo scorso tra mille polemiche, avrebbero avuto certamente una diversa prospettiva di vita.

Una novità in tutte queste nuove strutture rispetto agli antichi mercati, sono le capillari  piccole piazze per la sosta e la consumazione dei cibi sul posto, certamente in continuità con il ruolo socializzante e fortemente coesivo da sempre svolto dal mercato, ma anche rispondenti ai nuovi stili di vita. Aree contenute, in sintonia con le nuove teorie di sviluppo urbano che vedono nella piccola dimensione una ragione del successo funzionale degli spazi pubblici (Thomas Millins, Open to the Public: Civic Space Now, NY 2014).

Ma il mercato di Rotterdam ha obiettivi molto più complessi. Progettato dallo studio olandese MVRDV –studio fondato nel 1993 da Winy Maas, Jacob van Rijs and Nathalie de Vries– insiste nel quartiere di San Lorenzo già caratterizzato dalle case cubiche (Kubuswoningen, 1982) e dal grattacielo a forma di matita (BlaakToren, 1984) entrambi di Piet Blom nonché dalla splendida e frequentatissima biblioteca pubblica (1977-83) di Jacob Bakema. Si tratta tuttavia di un’area popolare, in corrispondenza del vecchio porto della città. La nuova costruzione, inaugurata il primo ottobre scorso dopo cinque anni di lavori, si inserisce nell’ambito di un progetto di riqualificazione di tutto il quartiere e il Markethall ne vuole essere un ambizioso volano di ripresa. La copertura si presenta infatti con una sorta di grattacielo-galleria largo 70 metri, lungo 120 ed alto 40 che avvolge il mercato da due lati. La struttura, di una discreta ed elegante pietra grigia e vetro all’esterno, ma coloratissima e calda nell’intradosso (con 15 mq di decorazione su lastra di alluminio fonoassorbente progettato da Arno Coenen e Iris Roskam) assolve molteplici funzioni. Innanzitutto residenziale: nella galleria sono presenti infatti 228 appartamenti con metrature diverse (da 80 a 300 mq). Sono stati previsti inoltre negozi, bar, 8 ristoranti, un centro di educazione nutrizionale, 1200 posti auto sistemati nei quattro piani interrati nonché vetrine espositive per il materiale recuperato durante gli scavi, illustrato da accurati pannelli multimediali. La galleria interna del mercato funziona tutto il giorno per tutti i giorni della settimana: una grande piazza coperta dunque –protetta alle estremità da due pareti vetrate controventate da una griglia metallica flessibile– nella quale verranno ospitate anche attività diverse (musicali, espositive, eventi gastronomici etc) pubblicizzate attraverso il sito internet del Markthall. E come tutte le piazze delle città, si tratta di una “piazza” passante: per raggiungere l’altra parte infatti, non si deve aggirare la costruzione ma si può semplicemente attraversarla. Un’idea di architettura questa, molto cara a Renzo Piano che ha fatto della permeabilità dell’edificio un cardine della propria poetica costruttiva (il LACMA di Los Angeles è articolato su un asse pedonale parallelo al Wilshire Boulevard, il grattacielo The New York Times sull’8th Avenue connette la 40th con la 41st Street,…).

Un’ultima considerazione sulla vocazione mista del complesso espressamente richiesta dalla municipalità di Rotterdam. La separazione funzionale delle aree urbane di marca razionalista (pensiamo per esempio al progetto di Chandigarh di Le Corbusier) è oggi venuta meno. Interventi come quelli de La Défence a Parigi, di tipo  monofunzionale –aree cioè che si riempiono di giorno e si svuotano a metà pomeriggio se dedicate al terziario, o viceversa per quelle ad uso esclusivamente residenziale– oggi non verrebbero più concepiti. Si ritiene che un mix di funzionalità diverse finisca per creare una vicendevole utilità. Così zone di nuova progettazione o in corso di recupero come Ørestad o Nordhavnen a Copenhagen, Hammarby Sjostad a Stoccolma, HafenCity ad Amburgo, Västra Hamnen a Malmö sono tutte a vocazione mista secondo la regola dei cinque minuti. Le principali esigenze quotidiane devono essere al massimo a cinque minuti di distanza (le scuole, i mezzi di trasporto, le piste ciclabili, l’auditorium, gli uffici, il presidio medico, la biblioteca, i negozi…): i criteri guida sono la variabilità e la sostenibilità (il Markthall è stato valutato dal protocollo ambientale Breeam).

Per ora questa zona di Rotterdam si presenta come la più vivace della città, molto più del paludato Shouwburgplein (Greuze&West8, 1996), la piazza su cui si affacciano i teatri che i rigori invernali rendono impraticabile.

Il Markthall per la sua inedita forma è stato definito anche  la cornucopia, speriamo che sia di buon augurio e distribuisca benessere a lungo.