Elisa Anzellotti
Il periodo tra fine ‘800 inizi ‘900 è contrassegnato da grandi cambiamenti in ambito coreutico e un personaggio simbolo che incarna tante delle novità del nuovo secolo può essere ravvisato sicuramente in Isadora Duncan. Uno degli aggettivi più appropriati per descriverla è rivoluzionaria, tant’è che svariati articoli o libri a lei dedicati presentano nel titolo la parola rivoluzione (1). Revolution contiene il lemma evoluzione ed il binomio rivoluzione - evoluzione è centrale nella sua poetica. Alla domanda rivoltale sul perché danzasse a piedi nudi, peculiarità che la caratterizzò a tal punto che venne soprannominata “la danzatrice scalza” (epiteto che tra l’altro detestava), la risposta di Isadora fu che l’espressione e la sensibilità del piede umano erano state una delle più grandi vittorie nell’evoluzione umana. Ciò dimostra come fosse vicina e attenta alle novità della sua epoca - come le teorie evoluzioniste (2) appunto - e numerosi furono i “maestri” che la influenzarono. Non si deve infatti trascurare, analizzando questo personaggio, la fitta rete di rapporti con artisti, intellettuali di grande valore e tantissime altre figure di spicco della sua epoca (3). Tutti gli stimoli che lei ricevette da queste personalità hanno sicuramente contribuito a plasmare la sua complessità e poliedricità artistica. Ne scaturiscono idee innovative in diversi campi: dalla posizione sociale della donna, al concetto di corpo. Quest’ultimo veniva considerato in modo nuovo esaltando la nudità, che assumeva una diversa connotazione libera dall’ignoranza che la relegava a un mero istinto carnale, e la elevava ad espressione suprema della natura, la quale assurgeva a grande madre e maestra. Anche gli antichi greci vedevano nella natura l’apice di perfezione cui aspirare, per questo eccelsero nella sua imitazione, e Isadora mostrò un forte interesse per l’arte classica, che studiò approfonditamente. Non a caso al sentire il suo nome una delle prime immagini che ai più verrà in mente è quella di una donna vestita alla greca che danza scalza all’aperto o di fronte a monumenti antichi. Il posare davanti alle opere d’arte classica era un passatempo molto in voga fra le nobildonne di fine Ottocento, il cosiddetto statue posing (momento fondamentale dell’educazione delsartiana) (4) . Appare pertanto bizzarro che proprio dall’antico e da un’usanza vicina alla moda del tempo sia nata una tale rivoluzione. Come spiega Isadora la sua intenzione non era quella di ritornare alla danza degli antichi greci, né che la danza del futuro fosse una rinascita delle danze antiche o di quelle delle tribù primitive (cosa che riteneva impossibile ed inutile). No, la danza del futuro sarebbe stata un movimento nuovo, il risultato dell'intera evoluzione attraverso cui è passata l'umanità.
Il periodo tra fine ‘800 inizi ‘900 è contrassegnato da grandi cambiamenti in ambito coreutico e un personaggio simbolo che incarna tante delle novità del nuovo secolo può essere ravvisato sicuramente in Isadora Duncan. Uno degli aggettivi più appropriati per descriverla è rivoluzionaria, tant’è che svariati articoli o libri a lei dedicati presentano nel titolo la parola rivoluzione (1). Revolution contiene il lemma evoluzione ed il binomio rivoluzione - evoluzione è centrale nella sua poetica. Alla domanda rivoltale sul perché danzasse a piedi nudi, peculiarità che la caratterizzò a tal punto che venne soprannominata “la danzatrice scalza” (epiteto che tra l’altro detestava), la risposta di Isadora fu che l’espressione e la sensibilità del piede umano erano state una delle più grandi vittorie nell’evoluzione umana. Ciò dimostra come fosse vicina e attenta alle novità della sua epoca - come le teorie evoluzioniste (2) appunto - e numerosi furono i “maestri” che la influenzarono. Non si deve infatti trascurare, analizzando questo personaggio, la fitta rete di rapporti con artisti, intellettuali di grande valore e tantissime altre figure di spicco della sua epoca (3). Tutti gli stimoli che lei ricevette da queste personalità hanno sicuramente contribuito a plasmare la sua complessità e poliedricità artistica. Ne scaturiscono idee innovative in diversi campi: dalla posizione sociale della donna, al concetto di corpo. Quest’ultimo veniva considerato in modo nuovo esaltando la nudità, che assumeva una diversa connotazione libera dall’ignoranza che la relegava a un mero istinto carnale, e la elevava ad espressione suprema della natura, la quale assurgeva a grande madre e maestra. Anche gli antichi greci vedevano nella natura l’apice di perfezione cui aspirare, per questo eccelsero nella sua imitazione, e Isadora mostrò un forte interesse per l’arte classica, che studiò approfonditamente. Non a caso al sentire il suo nome una delle prime immagini che ai più verrà in mente è quella di una donna vestita alla greca che danza scalza all’aperto o di fronte a monumenti antichi. Il posare davanti alle opere d’arte classica era un passatempo molto in voga fra le nobildonne di fine Ottocento, il cosiddetto statue posing (momento fondamentale dell’educazione delsartiana) (4) . Appare pertanto bizzarro che proprio dall’antico e da un’usanza vicina alla moda del tempo sia nata una tale rivoluzione. Come spiega Isadora la sua intenzione non era quella di ritornare alla danza degli antichi greci, né che la danza del futuro fosse una rinascita delle danze antiche o di quelle delle tribù primitive (cosa che riteneva impossibile ed inutile). No, la danza del futuro sarebbe stata un movimento nuovo, il risultato dell'intera evoluzione attraverso cui è passata l'umanità.
“Se ricerchiamo la vera origine della danza, se ritorniamo alla natura, troviamo che la danza del futuro è la danza del passato, la danza dell'eternità, che è sempre stata e sempre sarà la stessa” (5) .
Una danza eterna, insita nell’universo, sempre uguale, ma sempre diversa, per tale motivo una similitudine che Isadora usa spesso per descrivere il movimento e la danza è proprio quella delle onde del mare il cui moto, insieme a quello dei venti e della terra, esiste eternamente nella stessa armonia.
Con lei avviene dunque una rottura che – ossimoricamente - si manifesta ripristinando il legame con il passato analizzato con un occhio estremamente attento e creativo, poiché l’ispirarsi all’antico era un modo per guardare al futuro gettando un solido ponte tra questi due lassi temporali.
La visione più completa della sua intenzionalità poetica ci viene offerta da un testo che scrisse tra il 1902 e il 1903, per una conferenza tenuta a Berlino, intitolato La Danza del futuro. Qui sottolinea come la danza sarebbe dovuta tornare ad essere un’arte religiosa, arte in grado di esprimere il punto più alto che lo spirito dell’umanità ha raggiunto in un particolare periodo (6). Per questo motivo la danzatrice del futuro sarebbe stata quella in cui corpo e anima armonicamente avrebbero espresso il loro linguaggio nel movimento corporeo, mostrando la forma ideale della donna (la quale così assurgeva a museo della bellezza contemporanea vivente e nobilitava la danza perché dotata della sacra missione della maternità). Tutto ciò necessitava di un’adeguata preparazione, ecco perché gran parte del suo operato era incentrato sulla scuola del futuro. Per ciò che concerne l’educazione (paideia) Isadora sposava il pensiero del filosofo Jean-Jacques Rousseau il quale sosteneva che i bambini dovessero essere educati prima con la musica e la danza e solo in un secondo momento avrebbero dovuto imparare a leggere e scrivere (7) .
In questo breve excursus sono emersi, sia direttamente che indirettamente, i nodi teorici della danza di Isadora: l’esaltazione del corpo umano (la cui bellezza è espressione dell’anima); la natura e il naturale come dimensione originale e originaria cui attinge la nuova danza; l’antichità greca come esempio a cui guardare sotto molteplici punti di vista; il rifiuto del balletto; il ruolo della donna e infine l’importanza dell’insegnamento che vede come un ponte verso il futuro. Il file rouge che lega tutti questi elementi è proprio il rapporto con l’antica Grecia e su questo si concentrerà la nostra attenzione (8).
Il rapporto con l’antica Grecia
Nel XX secolo riemerse un grande interesse verso la cultura greca che cominciò ad essere approcciata con un nuovo spirito, divenendo oggetto di dibattiti che risentivano delle problematiche contemporanee.
Molte artiste si sono ispirate al mondo antico: da Isadora a Pina Bausch passando per Marta Graham diverse danzatrici hanno usato i miti come elemento centrale della loro poetica e tanto hanno tratto dalla tradizione antica (9). Il tutto però rivisitato in modo da trasmettere profondi messaggi sociali e non solo. I complessi personaggi di Medea, Ifigenia e tante altre “donne simbolo”, assumono un valore catartico nuovo. Rifarsi al classico quindi non vuol dire solamente riprendere i miti tout court, ma è un processo molto più articolato. Nel caso specifico della Duncan questo rapporto con l’antico è concentrato su alcuni aspetti come la ritualità e la religiosità della danza, dove il rituale costituisce il ponte tra la vita reale e l’arte, in quanto rituale e arte derivano dal medesimo impulso e bisogno di ricreare emozioni e desideri. Di conseguenza divengono centrali le concezioni estetico filosofiche antiche, nonché l’alta considerazione e il ruolo di primaria importanza in diversi campi della vita che aveva la danza nell’antica Grecia. Si riteneva infatti che il danzatore avesse un dono divino poiché con i gesti poteva rappresentare dei testi, narrare delle storie, per questo era fondamentale, come ci testimonia Luciano nel De Saltatione, che avesse una buona cultura e conoscesse bene la mitologia (10). Non solo esercizio fisico dunque, ma anche e soprattutto mentale. Come arrivò a sostenere anche la Duncan, la bellezza più grande risiede nella saggezza più grande, per questo riteneva basilare studiare la storia, affinché si potesse conoscere il vero ruolo della danza.
Isadora si era imposta la missione di riportare la danza ad essere Arte di primordine, non secondaria, al pari di pittura, scultura ecc., sorella gloriosa della musica e della poesia. Un tale obiettivo si poteva raggiungere inseguendo la libertà (eleuteron) e la naturalezza, da intendere come quell’equilibrio armonico tra ritmo e corpo, estrinsecazione dell’anima. Platone nel Fedone affermava infatti che il ritmo, vale a dire l’espressione della simmetria, penetra attraverso il corpo nell’anima e nell’uomo in tutto il suo insieme e rivela all’uomo l’armonia di tutta la sua personalità (11). Sappiamo che Isadora conosceva Platone e parlava spesso della danza come espressione /specchio dell’anima, poesia del gesto, trasparenza delle emozioni. Una danza che si libera dal corpo “prigione dell’anima”, un corpo libero (12). La differenza tra ginnastica e danza risiederebbe proprio nel fatto che in quest’ultima il corpo e il movimento non sono il fine, bensì un mezzo per fare esprimere l’anima, il corpo così diviene uno spirito di cui i gesti sono il linguaggio. La vera danza è comandata dal ritmo stesso dell’emozione (13) . Ne discende che per Isadora l’ambizione è quella di creare un nuovo corpo danzante che manifesti appieno l’armonia di anima, corpo e mente, mantenendo il più possibile la naturalezza dei propri gesti. Nel momento in cui un corpo si forma armonioso con l’esercizio, in esso si deve risvegliare il ritmo universale tramite il quale la danza, quella vera, è come “la strofa umana di un vasto poema” (14) .
Per giungere a ciò occorreva ispirarsi alla natura e a coloro che meglio di altri in campo artistico seppero rappresentarla, gli antichi Greci. È estremamente interessante a questo proposito capire il rapporto che Isadora ebbe con l’arte classica e quel principio di mimesis che ne è alla base, dove venivano studiate attentamente le divine proporzioni della natura e si cercava di renderle nel miglior modo. Ciò avveniva specialmente nella scultura, forma d’arte che più di altre ha esaltato il corpo “glorificandolo” e alla quale la Duncan dava molta importanza tant’è che affermava che l’apice della sua danza coincideva con il momento in cui uno scultore avesse potuto trasferire nel marmo anche solo una delle sue pose (15), in quanto ciò avrebbe significato l’aver raggiunto un grado di armonia con le divine proporzioni della natura. Ne conseguirono numerose collaborazioni con diversi artisti di cui fu musa, come ad esempio Auguste Rodin (16). Danzatori e scultori agivano nello stesso modo perché, come scriveva la stessa Isadora in The Art of the Dance (17), entrambi intrecciano la ricerca della forma con quella del movimento (18). Quest’ultimo doveva essere fermato in una posa vibrante, capace di assorbire il tempo. In questo modo si esprimeva la bellezza del movimento e si rendeva manifesta la vita che anima la materia. Le pose “fermate” sulla pietra infatti non venivano considerate statiche poiché, come osservava la Duncan, in ogni raffigurazione c’è una sospensione, un momento di transizione che racchiude in sé la “potenza” del movimento (quella sospensione tra potenza e atto di aristotelica memoria). Inoltre, proprio grazie ad una serie di accorgimenti finalizzati a donare il “ritmo” alla composizione, si conferisce una dinamicità alla scultura (19).
Fonte d’ispirazione però non fu soltanto la statuaria greca, tra i cui numerosi esempi spicca la Nike di Samotracia, ma anche le statuette Tanagre (20) - che lei aveva nella sua scuola come modello - o i vasi greci (dove si hanno alcune delle massime espressioni della danza antica che, essendo caratterizzata dalla circolarità, ben si sposava con la superficie circolare del vaso) (21) . Si sosteneva che in questi fossero fissati due tipi di bellezza: quella umana e quella ideale del movimento, e il movimento che si accorda alla forma umana più bella è proprio la danza, la quale diverrebbe così fonte inesauribile per la scultura, la pittura e l’architettura.
Vengono esplorate dunque diverse forme d’arte in cui trovavano espressione quelle due anime - Apollinea e Dionisiaca – teorizzate da Friederic Nietzsche ne La nascita della tragedia. Isadora però non colse appieno la complessità del pensiero del grande filosofo (22) poiché per lei la danza non era esperienza del caos, bensì la realizzazione di un’armonia superiore. Ne trasse tuttavia insegnamenti preziosi e soprattutto nuovi modi di considerare il repertorio classico, che non era certo il balletto accademico, bensì la classicità antica dei greci e dei latini, come lei più volte espresse esplicitamente. Da questo tendere all’armonia e al bello – all’apollineo, ma con un fondo di estasi - nasce la sua danza, che non è né greca, né antica, ma l’espressione della sua anima, eurythmée della bellezza (23).
Risulta interessante che in un libro sulla danza greca antica un capitolo sia dedicato alla Duncan (24) dove l’autore – Louis Séchan - sottolinea come la danzatrice sviluppi una dottrina cosmica della sua arte che è diretta derivazione del pensiero greco (25). Viene evidenziato come Isadora ritenesse la danza greca all’origine di tutte le danze perché la più naturale che implicava l’uso di tutto il corpo, non solo delle gambe, e dunque una rinascita sarebbe stata possibile soltanto ritornando alla fonte materna (26). Effettivamente tutti i principi base della danza antica greca sono riscontrabili nella dottrina di Isadora (danza donata da Dio, antica come l’amore cosmogonico, legata all’ordine e all’armonia dell’universo, espressione dell’anima, della gioia e della bellezza della vita) (27). Questa danza libera dai moduli espressivi tradizionali e contro l’artificiosità del gesto al fine di esprimere la vera riunificazione concettuale fra contenuto e forma, quindi spesso istintiva ed emotiva, rilevò sia consensi presso il pubblico delle élites europee, che critiche, si pensi a quelle dei futuristi come Filippo Tommaso Marinetti che la accusò di mollezza e sentimentalismo oppure quella fatta da Aby Warburg da connettere strettamente alle ricerche dello studioso sulla ninfa (28), non tutti infatti apprezzarono questo modo di interpretare la danza antica.
Certamente, come detto in precedenza, all’epoca della Duncan l’interesse per l’antico era molto diffuso. Già nel Settecento si era riscontrato un grande fervore nel cercare di ricostruire quel codice e riattualizzare quel linguaggio dimenticato, soprattutto a seguito delle scoperte di Ercolano e Pompei e alle prime pubblicazioni di vasi greci - come quelle del D’Hancarville (1766) e del Passeri (1767-1775) - che amplieranno significativamente la conoscenza del repertorio figurativo della danza antica, prima limitato sostanzialmente a non molti rilievi e sarcofagi. Si fa viva l’arte e la semiotica del gesto e in questa ricerca della gestualità si inseriscono le attitudes o tableaux vivants, che spesso proponevano pose di danza, soprattutto bacchica (si pensi a Lady Hamilton, ma anche a Ida Brun e alla maggiore attenzione filologica di Henriette Hendel-Schütz) (29).
Com’è emerso, il percorso della Duncan non fu solo volto verso una ricerca iconografica, bensì fu un tentativo di trasformare la danza da intrattenimento mondano a manifestazione di un’arte elevata e a questo era funzionale il riferimento all’antichità greca. Ciò che soprattutto le stava a cuore era ricreare, danzando, la stessa esperienza estetica e religiosa della tragedia: un incontro tra il proprio corpo (strumento per eccellenza capace di assorbire il ritmo, le vibrazioni e gli afflati musicali fino a diventare catalizzatore delle tensioni artistiche) e lo spirito dionisiaco.
Molti artisti si sono confrontati e hanno interpretato le proprie idee artistiche misurandosi con la “sindrome delle Cariatidi” e tanti altri furono dopo di lei i modi di reinterpretare l’antico. I primi due decenni del ventesimo secolo videro in effetti moltiplicarsi gli esperimenti miranti a ricreare – in modo più o meno filologico – i gesti della danza antica. Da quello di Anna Pavlova, con il Baccanale d’Autunno del balletto Le stagioni di Petipa e Glazunov (1900), al grande Nijinski nell’Après midi d’un Faune, a Émile Jaques-Dalcroze che mise in scena lo stesso anno, insieme ad Alphonse Appia, un Orfeo e Euridice che colpì per l’efficacia con cui era ricreata la gestualità antica. Anche le famose danzatrici Mona Paiva e Elisaveta Nikolska inscenarono suggestive danze antiche sull’Acropoli di Atene (dove furono ritratte dalla fotografa di origine greca Nelly) (30) .
Connesso a questo discorso del rifarsi all’antico è anche la questione della rivoluzione nel campo dell’abbigliamento, interessante da indagare perché la moda e i vestiti hanno uno stretto rapporto con il corpo (s)oggetto principe della danza. Come già detto, in nome di una massima espressività e naturalezza, la Duncan eleggeva la danza a piedi nudi, rifiutando le scarpette della danza classica e ancor più i rigidi corsetti che andavano a deformare il corpo della donna, portandolo a dei canoni di bellezza idealizzati (e talvolta anche dannosi per la salute), ma non congruenti con quelli dell’arte classica. Ecco perché rinnova l’abbigliamento introducendo vesti leggere svolazzanti che richiamano i panneggi dell’antica Grecia. A tal proposito sarà fruttuoso il rapporto con diversi stilisti che le forniranno questi abiti che scivolavano sul corpo, esaltandolo e non costringendolo, permettendogli la massima espressione di movimento e libertà. In realtà al di là della sua danza si diffuse una vera e propria moda ispirata all’antico, come dimostrato dalla fortuna del modello delphos - in onore dell’auriga di Delfi - di Mariano Fortuny che fu abito cult per molte donne del ‘900, tra cui ovviamente anche la Duncan (31). Da ciò si evince come questo concetto di libertà, di rottura degli schemi fosse nell’aria e in vari campi dell’arte fu colto mostrando numerose convergenze espressive. Altri nomi di grandi stilisti dei primi del ‘900 possono essere citati come Paul Poiret o Madeleine Vionnet che fece una collezione proprio ispirata alla Duncan (anche se la poetica di questa stilista partiva non tanto dall’antica Grecia quanto dalla geometria).
Immagini della Duncan tra passato e presente
Come abbiamo visto diversi artisti rimasero affascinati dalla Duncan, tant’è che per molti di loro fu musa ispiratrice (32). È interessante prendere in analisi un esempio per cercare di comprendere come ne fu recepito lo stile e sviscerare la sua danza da questo particolare punto di vista. Si sceglie qui di parlare di Abraham Walkowitz – che incontrò la Duncan a Parigi nel 1906, nello studio dello scultore Auguste Rodin - per un duplice motivo: la numerosità dei suoi disegni che ci danno un’interessante panoramica sulla gestualità della Duncan e ci permettono di fare diversi raffronti con l’arte greca, ma anche perché è uno degli artisti che sembra meglio carpire l’essenzialità della danza di Isadora: fluidità, libertà, attimo irripetibile. Nessuna danza, come sappiamo, può essere uguale ad un’altra ma ciò è sicuramente vero, al di là di illazioni filosofiche, se si sta improvvisando (33). Nel 1958 Walkowitz diceva della Duncan che non aveva leggi e la sua danza non si accordava con i ruoli, lei creava e il suo corpo era musica, elettricità (osservazioni confermate da quanto la stessa Duncan diceva della sua arte elevazione dell’anima). Tutto nei disegni di Walkowitz ci parla dell’attimo da cogliere al volo, dalla tecnica pittorica utilizzata, l’acquerello (dove l’acqua può essere letta anche come la fluidità, elemento che ella stessa più volte richiama), al modo in cui è dato il colore, ai tratti rapidi della penna dove colpisce la linea del disegno veloce, curva e morbida (34) , ma decisa. In questo modo riusciva a carpire quell’elemento di vitalità in cui confluivano l’energia dinamica e la presenza sulla scena. Tuttavia è interessante notare come questi disegni, nonostante siano unici per il fatto che colgono un attimo fuggente, spesso vedono il ripetersi di determinate pose o atteggiamenti come ad esempio la gamba piegata alzata (così come si riscontra in diversi altri artisti), la testa quasi sempre reclinata all’indietro (come era tipico delle baccanti colte nell’attimo dell’estasi dionisiaca, espressione massima della libertà), il volto non visibile (e ciò è riferito al fatto che Walkowitz sosteneva che l’espressività della Duncan risiedesse nel suo corpo piuttosto che nel volto) (35). Ancora più intrigante è analizzare la riduzione all’essenzialità dei disegni che Walkowitz produsse dopo la morte della Duncan. Fanno quasi pensare, in opposizione, alle linee di Kandinsky ispirate alle foto di Gret Palucca eseguite da Charlotte Rudolf; tanto quest’ultime sono geometriche e lineari quanto quelle di Walkowitz sono fluide, tendenti all’infinito (come del fumo che sale verso il cielo divenendo un tutt’uno con l’aria) (36). Tensione verso gli elementi della natura, il cielo e la terra, in direzione dei quali Isadora volge il suo sguardo, che difficilmente è davanti, semmai è più alla ricerca di qualcosa.
Se si raffrontano questi disegni con altri a lei dedicati ritroviamo il ricorrere di alcuni elementi, riscontrabili anche in vasi o statuaria antica, ma ciò, come lei stessa affermò, non dipendeva dal fatto di copiare le pose antiche, bensì dal trarre ispirazione da esse per giungere a quell’armonica libertà di cui erano intrise (Duncan 1912b: 5). Tra fine ‘800 e inizio ‘900 c’era la convinzione che il gesto antico fosse impregnato dello spirito antico quindi incorporare quelle pose consentiva di recuperare il pathos/engrammi effettivi (per citare Aby Warburg) che vi avevano impresso gli antichi (37). Questo spirito si trovava anche in altri artisti come esempio Luca della Robbia, Donatello, Botticelli ecc. che furono fonte d’ispirazione per Isadora per raggiungere quell’estasi artistica cui anelava e ricercava ardentemente nelle pose dell’arte greca. Verrebbe da dire che volesse applicare il concetto di danzare per immagini, ha infatti più volte cercato di trasporre in movimento un quadro (si pensi alla Primavera di Botticelli che ammirò a Firenze) o scultura che incarnasse quel livello di arte e spiritualità che lei ricercava.
Isadora era una baccante ubriaca di arte. L’Arte classica aveva fissato i canoni estetici, le divine proporzioni e ha costituito la base da cui partire per le evoluzioni successive di altre espressioni artistiche. Tutte quelle arti dove è stato raggiunto un apice di comunicazione emozionale tale da inebriare l’anima, costituivano fonte di ispirazione per trascendere verso altro.
Danza come elevazione dell’anima come era presso gli antichi e alla quale doveva tornare la danza del futuro. Nel celeberrimo discorso scritto a Berlino nel 1903, la danzatrice non lasciava spazio ad alcun dubbio: “La danza del futuro dovrà ritornare a essere una sublime arte religiosa, com’era presso i Greci. L’arte che non è religiosa non è arte, ma pura merce”. È sorprendente – purtroppo - quanto ciò (la mercificazione dell’arte) sia attuale, così come lo sono molti altri suoi pensieri. Non stupisce allora che tuttora si riscontri una grande attenzione per la figura di Isadora Duncan al punto che ancora oggi esistono delle sue seguaci (38). Il suo genio è stato riconosciuto sia nel suo tempo, che dopo la sua morte. Fonte d’ispirazione per tanti artisti, in alcuni casi l’immagine di Isadora ha svolto la stessa funzione che per lei aveva avuto la scultura greca. Il fotografo di danza Arnold Genthe nel 1936 pubblica un’autobiografia piena di riferimenti alle tecniche di raffigurazione del movimento e di aneddoti sulle celebrità passate davanti al suo obiettivo, tra cui la Duncan. Attraverso il tema della raffigurazione, pone il problema della trasmissione della danza nella speranza che le fotografie possano stimolare nuove generazioni di danzatori, egli “crede in una memoria attiva delle immagini capaci di trasportare le persone in un altro tempo, come le fonti iconografiche antiche hanno mosso queste artiste” (39) .
Rivedendo oggi le sue raffigurazioni cosa proviamo? Che sensazioni suscita in noi? Probabilmente se non conoscessimo la grandezza del suo operato e il pensiero che ha mosso quelle pose, potremmo cadere facilmente in errore. Ecco perché è bene capire fino in fondo il substrato delle sue ricerche, le finezze che ha colto nel tentativo di rivoluzionare quanto si era stabilizzato fino a quel momento. Il periodo in cui è vissuta è quello di un passaggio di secolo che ha portato a profondi cambiamenti storico - sociali. Il Novecento è iniziato con uno slancio senza precedenti, al punto che lo stesso futuro è stato sempre più negato, tanto da fargli avere l’epiteto di breve. Ma è proprio in questi periodi che avvengono le rivoluzioni maggiori. In questi contesti soltanto coloro che si sanno adattare al cambiamento possono “sopravvivere”. Ma adattamento spesso significa rivoluzione, come quella attuata dalla figura eclettica, “ibrida” (40), frutto lampante di un’epoca di transizione e di cambiamento, come è stata Isadora Duncan.
Quello che sorprende di più è che questa rivoluzione nella danza del secolo maggiormente proiettato verso il futuro, la velocità e il nuovo, sia partita da un volgere lo sguardo all’antico. In realtà il principio del guardare indietro per andare avanti ricorre in diversi artisti che hanno portato una rivoluzione (41) (si pensi ad esempio a Marta Graham la quale sosteneva che bisogna sapere da dove si viene per capire dove si va e che tanto si è ispirata ai miti e ha cercato anch’essa di esaltare la figura della donna). Tale assunto è da tenere bene a mente in ogni campo del sapere perché il nuovo si genera dal vecchio che sì viene superato, ma è anche particella creatrice. Ciò evidenzia maggiormente l’importanza della ricerca, della storia, della memoria che troppo spesso oggi vengono dimenticate e sottovalutate.
È dunque ancora molto attuale l’esempio fornitoci da Isadora, la “danzatrice antica in un mondo moderno”, riprendendo così il titolo del libro a cura di Fiona Machintosh “The Ancient Dancer in a Modern World” che punta nuovamente i riflettori sull’ispirarsi all’antico e come in tempi di crisi si tenda a cercare l’ancora di salvezza in quel passato nel tentativo di rivoluzionare un’evoluzione anomala.
Gennaio 2020
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1) Cfr. Sandomir L., Isadora Duncan: revolutionary dancer, Austin, Raintree Steck-Vaughn, 1955, American Troublemakers series; Macdougall A. R., Isadora: A revolutionary in art and love, New York, Thomas Nelson & Sons, 1960; Allard O., Isadora: La danseuse aux pieds nus ou la révolution Isadorienne, Paris 1997.
2) Isadora Duncan cita fra i suoi maestri Charles Darwin e Ernst Heinrich Haeckel, personaggi, come ben noto, legati alla teorizzazione evoluzionistica. Un'idea di evoluzione dei viventi era presente già nelle opere di filosofi greci e di poeti latini. Per quasi duemila anni, tuttavia, dominò incontrastato il pensiero di Aristotele (384-322 a.C.), che ordinava tutti gli organismi lungo una "scala della natura": ai gradini più bassi si collocava la materia inanimata, mentre l'ultimo gradino era occupato dall'uomo, secondo uno schema definito già dalla creazione. Queste idee confluirono in seguito nel pensiero cristiano e solo nell'’800, con lo sviluppo di scienze come la geologia e la paleontologia, si riaccese la discussione sull'evoluzione dei viventi; cfr. Henry Osborn Fairfield, From the Greeks to Darwin: An Outline of the Development of the Evolution Idea, New York, Macmillan and Co., 1905.
3) Fra i tanti ricordiamo il critico John Fuller poichè fu proprio quest’ultimo ad introdurla allo studio dell’arte statuaria greca, del Rinascimento e della musica sinfonica. A proposito di musica ricordiamo anche l’influenza che ebbe Wagner, che apprezzò molto, nonché le sperimentazioni di nuove tipologie di danza sulle musiche di contemporanei come Chopin e Beethoven, cfr. Veroli P. (a cura di), Isadora Duncan. L’arte della danza, Firenze, Dino Audino editore, 2016, p. 74.
4) Veroli P. (a cura di), Isadora Duncan. L’arte della danza, Firenze, Dino Audino editore, 2016, p.16.
5) Ivi, p.44.
6) Ivi, p.49.
7) Rousseau J. J., Emilio o dell'educazione, traduzione di Paolo Massimi, Roma, Armando editore, 1994.
8) L’identificazione della Duncan con la Grecia serviva per realizzare quello che lo storico Lawrence Walkowitz Levine definì: “sacralizzazione della cultura”, Daly A., Done into Dance: Isadora Duncan in America, Wesleyan Univ Pr, 1995, p.111.
9) Si rimanda a questo testo per un interessante excursus su quanto dell’antico è stato recepito e rielaborato dal contemporaneo: Macintosh F. (a cura di), The Ancient Dancer in the Modern World. Resposes to Greek and Roman dance, Oxford, 2012.
10) Sulle danze antiche e alcuni aspetti estetico filosofici si veda: Anzellotti E., La danza nell’antichità: Etruschi, Greci e Romani, Viterbo, ed. Archeoares, 2018.
11) Interessante sul concetto di anima, ritmo e musica l’articolo di Piergiacomi E., Corpo divino e musicale. La negazione “estetica” dell’anima tra IV e I secolo d.C., «La società degli individui», n.57, anno XIX, 2016/3, pp.123-136.
12) Citiamo a tal proposito la mostra: Isadora Duncan, Pina Bausch. Danza dell’anima, liberazione del corpo, Milano, Galleria Credito Valtellinese, Palazzo delle Stelline, 17 maggio - 22 luglio 2006; cfr. P. Carizzoni – A. Ghilardotti (a cura di), Isadora Duncan, Pina Bausch. Danza dell’anima, liberazione del corpo (catalogo della mostra), Milano, Skira, 2006.
13) Duncan I., Ècrits, cit., pp. 30, 34, 58, 71.
14) Séchan L., La Danse Grecque Antique, Paris, E. de Boccard, 1930, p.325.
15) Ricordiamo la mostra Une sculpture vivante tenutasi a Parigi al Musée Bourdelle tra 2009 e 2010, dove venivano esposte le opere in cui Isadora Duncan è la fonte d’ispirazione. Interessante è la definizione che diede Romanelli di Isidora come maestra di scultura poiché con il suo corpo era in grado di personificare tutti i capolavori antichi a perfezione, Romanelli R., Alcuni ricordi, in « Il Frontespizio », IX/11, novembre 1937, p. 836.
16) Rodin A., Sur Isadora Duncan, «Bulletin de L’Œuvre consacré à Isadora Duncan», Paris, La Belle Édition, 1911, pagine non numerate. Il testo di Rodin, probabilmente richiesto da Lugné-Poe e che appare qui con un suo disegno di Isadora, è stato ripreso in molti programmi di spettacoli della danzatrice. Qui Rodin spiega il rapporto tra la scultura e Isadora, alla quale l’artista dedicò numerose opere.
17) Questo testo era illustrato dai disegni di molti artisti e dalle fotografie di Steichen Genthe, cfr. Genthe A., As I remember, New York, Reynal & Hitchcock, 1936, pp. 195-196; Marenzi S., Due allieve di Rodin Kathleen Bruce e Malvina Hofman tra danza, scultura, fotografia, «Danza e Ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni», anno IX, numero 9, 2017, pp. 37-75: 56-57.
18) Il movimento deriverebbe per Isadora direttamente dalla forma, cfr. Duncan I., Écrits sur la danse, Parigi, ed. du Grenier, 1927, pp. 29, 71 e ss. Sul rapporto tra danza e scultura numerose sono le riflessioni sia di danzatrici che filosofi e non solo, cfr. Anzellotti E., Memoria e materia della danza. Problemi conservativi di un patrimonio culturale immateriale, Saarbrücken, Edizioni Accademiche Italiane, 2016, pp. 139 e ss.
19) Sul concetto di ritmo (e dunque di movimento) nella scultura vi sono molti scritti interessanti. Proprio su questi si fondano numerose riflessioni di diversi danzatori, ma anche di studiosi, che notano questo forte rapporto tra danza e scultura, cfr. Anzellotti E., Memoria e materia della danza, op. cit., pp.134 e ss.
20) Le tanagre sono piccole statuette in terracotta che raffigurano soprattutto danzatrici colte in vari atteggiamenti. Interessante l’articolo che analizza questa ispirazione all’antico, in voga all’inizio del Novecento, dal titolo suggestivo: A. Cooper Albright, The Tanagra Effect: Wrapping the Modern Body in the Folds of Ancient Greece, in The Ancient Dancer, cit., pp. 57-76.
21) A tal proposito è interessante sottolineare alcuni aspetti sulle fonti iconografiche vascolari. Il criterio della Duncan difatti non sembra essere orientato ad un periodo cronologico o geografico del vaso e comunque esclude tutto l’enorme repertorio di danza Komastica poiché per lei la danza greca era finalizzata a un bello ideale “classico” nel senso più profondo del termine. Si rimanda alle interessanti osservazioni di Tyler Jo Smith, Reception or Deception? Approaching Greeck Dance trhough Vase – Painting, in The Ancient Dancer, cit., pp.77-98.
22) Il rapporto tra Duncan e Nietzsche è ampiamente indagato in Lamothe, K. L. “A God Dances through Me”: Isadora Duncan on Friedrich Nietzsche’s Revaluation of Values, «JR» LXXXV, 2, 2005, pp. 241-266; Lamothe, Nietzsche’s Dancers: Isadora Duncan, Martha Graham, and the Revaluation of Christian Values, New York, 2006, pp.105-147.
23) Cfr. Duncan I., Ècrits, cit., p.79. La nascita del termine “euritmia” avviene in Grecia per indicare il bello soggettivamente condizionato, che non consiste nell'armonica composizione delle parti di un oggetto, bensì nell'impressione di armoniosità che esso procura. Il bello è tale perché risponde alle leggi di armonia, che sono fatte di ondulazione e continuità, e queste sono le leggi delle cose belle che si muovono.
24) Séchan L., La Danse Grecque Antique, Chapter 11, 'Isadora Duncan', E. de Boccard, Paris, 1930, pp. 315-356.
25) Ivi, p. 325.
26) Ivi, p. 333.
27) Questi concetti sono molto articolati - per ciascuno si potrebbero scrivere interi trattati e dunque risulta difficile darne un accenno in questa sede - e potremmo riassumerli nei seguenti quattro: ritmo, armonia, libertà (eleuteron), anima.
28) Il giudizio di Warburg sulla ballerina americana si iscrive nello studio che egli stava affinando dell'analisi delle forme artistiche, anche contemporanee, in cui rintracciava indizi di una permanenza di formule espressive antiche (pathosformel). Quello che interessa allo studioso non è solo una ripresa formale, mimetica, dell'antico, non è riproduzione letterale e pedante di figure e gesti, ma piuttosto una comprensione tanto profonda di quei gesti e figure da provocarne la riemersione. Molta attenzione dà ad esempio all’analisi degli "accessori in movimento" che segnano lo stile rinascimentale e che secondo lui derivano da una la ripresa di modelli anticheggianti e da una necessità espressiva: la resa del corpo in movimento. Alla luce di ciò si comprende come Warburg veda nei movimenti decorativi e graziosi della danzatrice americana una parodia di quella mimica intensificata, Selmin, Linda, L'americana scalza. Un inedito di Aby Warburg su Isadora Duncan, in “La rivista di engramma” 34, 2004 http://www.engramma.it/eOS/index.php?id_articolo=2980
29) Pucci G., La reinvenzione moderna della danza antica, in Classico Contemporaneo 2 (2016), pp. 25-40.
30) Ibidem
31) Caloi I., Modernità minoica: l'arte egea e l'art nouveau: il caso di Mariano Fortuny y Mandrazo, Firenze University press, 2011.
32) A tal proposito si cita la recente mostra dedicatale a Firenze, presso Villa Bardini dal 13 aprile al 22 settembre 2019 che si basa molto sul rapporto con vari artisti per cui si rimanda al catalogo della mostra Giubilei M.F. – Sisi C. (a cura di), A passi di danza Isadora Duncan e le arti figurative in Italia tra Ottocento e Avanguardia, Ed. Polistampa, Firenze 2019. Si segnala inoltre la Mostra in corso dal 19 ottobre 2019 al 01 marzo 2020 al Mart di Rovereto, Danzare la rivoluzione Isadora Duncan e le arti figurative in Italia tra Ottocento e avanguardia, che ripropone quella di Firenze con alcune implementazioni.
33) Secondo alcune ricerche non è corretto dire che la Duncan improvvisasse poiché aveva una sorta di “canovaccio” di passi che poi sviluppava, per questo spesso ritornano gli stessi movimenti in opere di Walkovitz, Plinio Nomellini, Jules Grandjoun, Romano Romanelli), cfr. Veroli P., Le danze di Isadora Duncan e l’Italia, in A passi di danza, op. cit., p. 25.
34) Non a caso per la Duncan tutti i movimenti naturali erano conformi alle leggi delle onde. Duncan, Isadora speaks (ed. By F. Rosemont, San Francisco, 1981, p.45.
35) La ripetizione che caratterizza i disegni di Walkowitz è un ritracciare la presenza danzata della Duncan come afferma Ann Cooper Albright, Touching History, in Bissell B.- Caruso Haviland L. (a cura di), The Sentient Archive: Bodies, Performance, and Memory, Wesleyan Univ Pr, 2018, pp. 73-81: 78
36) Interessante sottolineare come alcuni dei primi studi cronofotografici avevano preso come soggetto, oltre che la danza o il volo di uccelli, anche il fumo. Etienne-Jules Marey (1830-1904) nell'opera Le méthode graphique dans les sciences expérimentales… (1878) [Il metodo grafico nelle scienze sperimentali], attraverso il metodo grafico osserva e misura il "rapporto dello spazio con il tempo che è l'essenza del movimento". Grazie all'utilizzo di apparecchi di registrazione grafica, per la prima volta viene ottenuta una traccia dei movimenti o dei fenomeni che i sensi umani non sono in grado, il più delle volte, di percepire. Cfr. L. Mannoni, catalogo Mouvements de l'air, Etienne-Jules Marey, photographe des fluides, Coédition Gallimard / Réunion des musées nationaux, Collection "Art et artistes", 2004. Cfr. anche A. Gouy, L’outil photographique et l’étude de la danse antique, in Patrimoine photographié, patrimoine photographique (Actes du colloque de l’Institut National d’Histoire de l’Art, Paris), 2013 (inha.revues.org/4681).
37) Veroli P., Le danze di Isadora Duncan e l’Italia, in A passi di danza, op. cit., p. 20.
38) Si segnala il seguente sito internet: http://www.isadoraduncanarchive.org/about/ e una piccola bibliografia per dare un’idea della portata rivoluzionaria di questa artista: "Isadora's Art", The Literary Digest, May 1, 1915, pp. 1018-1020. Dorf, Samuel N. "Dancing Greek Antiquity in Private and Public: Isadora Duncan's Early Patronage in Paris, «Dance Research Journal», Summer 2012, Vol. 44 Issue 1, pp. 5-27: 23; Jowitt D., The Impact of Greek Art on the Style and Persona of Isadora Duncan, «Society of Dance History Scholars Proceedings», Tenth Annual Conference, University of California, Irvine, 13-15 February 1987, pp. 195-201; Yushkova E., Philosophical Dance of Isadora Duncan, in Cultural and Political Aspects of American Studies, Proceedings of International Conferences, Russian State University for Humanities, 2013, pp. 224-228; Sechan L., La danse grecque antique, Paris, E. de Boccard, 1930; Destrée C., Rythme et plastique dans les danses de Isadora Duncan, étude des textes et des documents iconographiques, tome I, Louvain la Neuve, Université Catholique de Louvain, 1987; Rafkis A., Isadora Duncan Album. Greek Dances Theater "Dora Stratos", 2004; Kanellos, Vassos, The Antique Greek Dance and Isadora Duncan Illustrated, Athens, 1966.
39) Marenzi S., Due allieve di Rodin, cit., p. 50.
40) Sul concetto di ibrido si veda: Anzellotti E., Lo studio della protezione della danza nei beni culturali: un ‘ibrido’ in un’epoca all’insegna dell’ibridismo, in E. Cristallini - E. Anzellotti (a cura di), “Memoria e materia dell’opera d’arte”. Nuovi orizzonti, Roma, Gangemi, 2016, pp. 171-176.
41) Degno di nota è il fatto che Curt Sachs chiuda il suo libro Storia della danza proprio citando Isadora come esempio della pratica del guardare al passato per creare il nuovo, “ella libera l’antica danza ellenica dalla rigidità delle sculture e dal sonno dei musei.” (p.482).
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