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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

L’amicizia tra Frida Kahlo e Tina Modotti (1928-’29)

Teresa Lucia Cicciarella

Ripercorrere il breve tratto di strada compiuto insieme da Frida Kahlo e Tina Modotti, nel Messico post-rivoluzionario della fine degli anni Venti, significa osservare le tappe di un’amicizia forte e complice, riconoscere scambi di idee, d’arte, di passione e di impegno, ma anche doversi orientare in un percorso dai contorni sfumati e non sempre leggibili, travolti dall’aneddotica e, spesso, dalla vera mitologia creata intorno alle due figure.
La vicinanza tra le due artiste fu per la prima volta analizzata da Laura Mulvey e Peter Wollen all’inizio degli anni Ottanta, in una mostra allestita nella Whitechapel Gallery di Londra e poi itinerante in Germania, Svezia e Stati Uniti (1982-’83). L’interesse per Kahlo e Modotti, infatti, si era in particolar modo accresciuto a partire dagli anni Settanta e la mostra fu e rimane di grandissima importanza, giacché percorreva il lavoro dell’artista e della fotografa presentandolo in parallelo e analizzandolo alla luce del dibattito intorno ai temi dell’arte femminile, dell’impegno politico, dell’estetica femminista e alle questioni sulla centralità e sulla marginalità del linguaggio artistico.
Le sezioni della mostra, e così il video prodotto per l’occasione dai due curatori, incentravano l’analisi del lavoro delle due artiste su binomi significativi: roots and movement, inward and outward, injury and beauty. Binomi che mettevano in luce diverse attitudini e, al tempo stesso, sottolineavano come istanze parallele avessero fatto scaturire, nel lavoro di Kahlo e Modotti, differenti iconografie e linguaggi.
Infatti, nonostante tutto ciò che le accomunasse, le vite e il lavoro di Frida e Tina sono state molto differenti, innanzitutto perché incentrati su diversi vissuti e poi su un diverso modo di intendere il proprio lavoro e la scelta dei propri mezzi di espressione. Nondimeno, la passione politica, l’incisività della propria opera e il fascino personale, le hanno rese due tra i personaggi-simbolo della storia messicana della prima metà del Novecento e punti di riferimento per un vasto pubblico, fino ai giorni nostri.
Tina Modotti si era trasferita in Messico nell’estate del 1923 insieme al compagno e celebre fotografo Edward Weston. Da lui aveva appreso la pratica fotografica, distanziandosi però ben presto dal formalismo estetizzante che ne caratterizzava il linguaggio a favore di una progressiva osservazione del territorio messicano e dei suoi abitanti. Insieme al compagno aveva esposto per le prime volte, in una mostra a Città del Messico nel 1924 e di nuovo nel 1926, tentando di superare il pregiudizio che la presentava come “la bellissima Tina Modotti” (1) e non come una professionista capace di scelte autonome e mature. Un accento veniva spesso posto, infatti, sul fascino di Tina, su quella hermosura alla quale si fermava una prima lettura semplicistica della sua figura, complessa, di donna.
Weston farà rientro negli Stati Uniti ma Tina, già strettamente legata all’ambiente culturale e politico messicano, resterà in quel Paese fino al 1930.
Fino a quel momento, Frida Kahlo aveva frequentato la Escuela Nacional Preparatoria, avvicinandosi alla pittura e al disegno (la sua prima opera a noi nota è del 1922). Al contempo, aveva iniziato a informarsi sui movimenti sociali e sul fermento culturale messicano,
anche grazie alla sua relazione con Alejandro Gómez Arias, studente di diritto, carismatico leader del movimento studentesco.
Di lì a poco un grave incidente stradale avrebbe deviato per sempre il corso della sua esistenza, segnandola nel corpo e nello spirito ma spingendola a cercare nella pittura la sua forma d’auto affermazione e la sua lingua madre, capace di esprimere al meglio l’interiorità ma anche di magnificare le radici  culturali e i valori della mexicanidad, non esenti da implicazioni politiche.
Nel 1927 Frida si accostava all’avanguardia Estridentista, creata nel 1921 da Manuel Maples Arce sulla scia di quanto discusso in Europa con il Futurismo: l’Estridentismo cercava di fondere l’estetica messicana e lo slancio nazionalista con i temi della modernità e del culto del progresso. Nello stesso tempo, nascevano le serie di foto affini a quell’avanguardia ma, soprattutto, le serie di fotografie nelle quali Modotti ritraeva elementi emblematici della Rivoluzione messicana: bandoliere, falce e martello, chitarre, pannocchie di mais. Questi oggetti, disposti in simboliche composizioni, rappresentavano un passo importante verso la concettualità e verso l’astrazione formale e, al tempo stesso, un forte impegno nella promozione dei valori della Rivoluzione. Nel 1927, infatti, Tina Modotti si iscriveva al Partito Comunista Messicano e, pochi mesi dopo, incontrava la giovane Frida Kahlo, grazie al leader studentesco vasconcelista Germán de Campo.
Germán era molto amico di Frida e a inizio 1928 aveva introdotto la giovane nel circolo di amici che si era formato intorno all’esule cubano Julio Antonio Mella, nuovo compagno di Tina Modotti, molto attivo in Messico, sia in pubblicazioni della Lega antimperialista che come collaboratore di “El Machete”, rivista comunista che aveva pubblicato delle foto di Modotti.
Pochi mesi dopo, attraverso l’amicizia con l’italiana, anche Frida sarebbe entrata nel Partito Comunista e avrebbe incontrato Diego Rivera, il pittore più famoso e politicamente attivo del Paese.
Rivera aveva chiesto a Tina di posare per lui nel 1925-‘26, nei panni nella nuda Tierra dormida, per la Capilla de Chapingo; dal canto suo, Tina aveva fotografato, l’anno dopo, alcuni suoi murales e, forse, era stata sua amante per un breve periodo.
Come ricorda Hayden Herrera, biografa di Frida Kahlo, “è pressoché certo che Frida e Diego si incontrarono per la prima volta a casa di Tina Modotti” (2). A contrastare tale affermazione, altri vividi aneddoti nei quali l’incontro tra i due assume i contorni del mito e viene modellato dall’urgenza di Frida di chiedere un parere sulla sua arte al celebre pittore.
Frida e Tina ebbero, sin da subito, molti argomenti sui quali confrontarsi: l’arte e l’impegno sociale, la cultura messicana, la voglia di indipendenza e affermazione, la volontà di vivere una vita libera nei comportamenti, nelle amicizie, negli amori. E sono in molti a ritenere che nel breve anno della loro amicizia ci sia stato anche il tempo per una relazione sentimentale: la fascinazione reciproca, del resto, è testimoniata da amici e memorie.
Il confronto tra le due donne, porterà Frida Kahlo a sperimentarsi nella fotografia.
A tal proposito, è interessante riportare come in occasione del centenario della sua nascita, nel 2007, sia stato aperto un nuovo inedito archivio di Casa Azul che ha svelato, tra vari documenti e oggetti, anche quattro foto autografe scattate da Frida tra il 1929 e il 1930. Tra queste, due immagini (3) rivelano una chiara influenza del linguaggio formale e tematico di Tina.
La prima fotografia mostra una bambola distesa su una stuoia, vicino a un cavallo che sembra imbizzarrito e a un carretto di legno: quest’immagine richiama l’incidente accaduto a Frida nel 1925 e, al tempo stesso, i temi trattati da Modotti nella serie delle marionette e dei burattinai.
La seconda immagine, invece, è una composizione di attrezzi da falegname, disposti per essere fotografati alla maniera di alcune composizioni moderniste di Manuel Alvarez Bravo, Tina Modotti o Edward Weston. Seppur privi della connotazione socio-politica costante nelle composizioni di Modotti, gli oggetti scelti da Kahlo rimandano a un mondo d’artigianato e di lavoro manuale che ben si lega agli interessi del tempo.
Nei primi mesi della relazione tra Diego Rivera e Frida Kahlo, lui lavora a una grande commissione pubblica: dipingere le pareti del Patio de las Fiestas del palazzo della Secretarìa de Educaciòn Publica illustrando tre celebri corridos, canti popolari rivoluzionari. La commissione lo impegnava già da cinque anni.
In uno dei murales raffiguranti il Corrido de la Revoluciòn proletaria, Rivera decide di dedicare uno dei pannelli alla distribuzione delle armi ai combattenti e lo intitola En el arsenal.  Vero fulcro della composizione è la figura della giovane Frida, spalle larghe, dal fisico più robusto di quanto fosse nella realtà, abbigliata con un’ampia camicia rossa. Fiera, la donna distribuisce armi ai combattenti, aiutata da due ragazzini. Alla sua sinistra, minuta e femminile, abbigliata con una blusa rossa e una gonna corta nera, è Tina Modotti, che porge cartuccere piene di proiettili.
Nella composizione, satura di personaggi e simboli, tra i quali primeggiano la falce e martello e la bandiera rossa di Tierra y Libertad, le due giovani vengono consacrate, insieme, nell’ideale della rivoluzione e della lotta comunitaria per l’eguaglianza sociale e culturale.
Se la visione comunista di Tina Modotti, in quel periodo, si allontanava spesso dall’ortodossia di partito per avvicinarsi agli ideali dei movimenti di liberazione latino-americani, era l’ideale di Frida, al fianco di Diego, a mantenersi fedele ai programmi politici e all’azione, rivendicando per sé un ruolo di primo piano.
Il 1929 è un anno fortemente travagliato: quello che condurrà, tra le altre cose, alle nozze tra Diego e Frida e alla fine della loro amicizia con Tina.
Dal momento delle nozze, Frida assumerà su di sé le vesti delle donne di Tehuantepec, una comunità dove il matriarcato è forte e dove le donne sono le vere protagoniste della vita commerciale. Gli elaborati abiti delle donne tehuane affascinano Diego e stregano Frida, che ne fa una vera e propria “divisa”, l’abito-amuleto che connota un personaggio costruito e studiato con acume.
Frida si fa emblema stesso, vivente, della mexicanidad.
Tina – forte di un sempre maggior riconoscimento professionale, a dispetto di vicissitudini politiche che la coinvolgeranno per lungo tempo – in quello stesso anno visita Tehuantepec ed esegue molti, celebri ritratti delle donne zapoteche. Ne racconta, con immagini e parole, la fierezza e ne descrive il mercato, con le sue colonne e le gradinate, “bello come un tempio greco” (4)
Anche Frida, dopo il matrimonio con Diego, approfondisce la conoscenza della cultura precolombiana e inizia a ritrarre, con continuità, donne e bambini indios.
L’interesse per quella cultura, così come era per Rivera e ancor più di lui, non sarà mai scisso dall’intento politico e farà fede a quanto Laura Mulvey non mancherà di sottolineare nel 1982: se “il personale è politico”, possiamo ritenere che ogni atto di Frida Kahlo, la sua vita privata e la sua posizione come donna possano essere rilette in una nuova luce.
L’amicizia tra Diego, Frida e Tina finirà a breve: Rivera, segretario generale del partito comunista e neo direttore dell’Academia de San Carlos, avversato dai fedeli stalinisti, viene accusato di collaborazionismo con il governo reazionario ed espulso dal partito. Molti dei vecchi compagni rompono ogni rapporto con la coppia: tra questi Tina Modotti che, scegliendo la fedeltà al partito, considererà Rivera un vero “traditore” (5). Frida esce dal partito contestualmente all’espulsione di Diego. L’ideale politico rimarrà tuttavia centrale nella sua vita e nella sua opera, così come accadrà per Rivera.
Due mesi dopo quest’avvenimento, Tina Modotti inaugurerà una grande personale alla Universidad Nacional Autonoma de México, presentata da Alvaro Siqueiros. La mostra verrà salutata come "the first revolutionary photographic exhibition in Mexico" e il critico della rivista “30/30” noterà come Tina abbia trovato, nel suo lavoro, “a clear and concrete solution to the problem of joining art with propaganda” (6).
È interessante sottolineare come, nove anni dopo, André Breton in viaggio in Messico riconoscesse qualcosa di parallelo nel lavoro di Frida Kahlo. In esso, infatti, il padre del Surrealismo riscontra uno straordinario “point of intersection between the political and the artistic lines [… united] in a single revolutionary consciousness while still preserving intact the identities of the separate motivating forces that run through them” (7).
Dunque arte e politica, vita e linguaggio ideologico, uniti nel lavoro di entrambe le artiste.
Per il momento, una peggiore sorte politica, rispetto a Rivera, tocca a Tina Modotti che, a inizio 1930, viene arrestata in seguito a un attentato al presidente Rubio. Espulsa dalla nazione, si imbarca su una nave da carico olandese e, dopo non poche traversie, raggiunge prima Berlino e poi Mosca. Sotto falso nome, ed evitando di incontrare gli amici di un tempo, Tina Modotti farà rientro in Messico a fine 1939 e lì morirà, in circostanze misteriose, appena due anni dopo.
Le figure di Frida Kahlo e Tina Modotti, fuori dall’ordinario, talentuose, hanno sempre riscosso grande interesse e affascinato tanto in vita quanto dopo la loro morte, in particolar modo a partire dagli anni Settanta, quando intorno a entrambe si accese un notevole dibattito critico.
Entrambe donne, artiste dapprima nell’ombra di autorevoli e ingombranti compagni e poi emancipate grazie a un linguaggio personale e denso, Frida e Tina si espressero – così possiamo dire, seguendo la scia tracciata da Mulvey e Wollen – attraverso dialetti (8) energici e autentici e non attraverso la lingua ufficiale privilegiata dall’arte del loro tempo.
Frida guardò alle radici della cultura messicana, alla verità dell’espressione popolare, al bagaglio d’immagini mitologiche e religiose, come a un giacimento ricco d’ispirazione e capace di suggerire forme e simboli sulle quali innestare il proprio vissuto e i propri racconti. Tina si allontanò dal formalismo della fotografia per accostarsi alla gente del popolo, alle loro storie, e per porsi parallelamente al loro stesso punto di vista. Con uno sguardo mai estraneo, giudicante, ma partecipe e impegnato. Entrambe furono attive in ambito socio-politico, militanti nell’area comunista rivoluzionaria che, in Messico, cercava di nutrire nuove speranze e di offrire rinnovate possibilità alla gente.
In un ondeggiare continuo tra le proprie radici e il traguardo di un’utopia socio-politica perseguita con fermezza e vigore, Frida e Tina percorsero neanche un anno della propria vita insieme, ma tracciando un percorso che ancor oggi affascina, interessa e spinge alla ricerca.
Aprile 2019
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1) V. Arnaldi, Tina Modotti Hermana, Bizzarro/Red Star Press, 2016, p.104
2)H. Herrera, Frida. Una biografia di Frida Kahlo, Neri Pozza, Vicenza 2016, p.79.
3) In Italia, le immagini sono state presentate in occasione della mostra a cura di Diego Sileo “Frida Kahlo. Oltre il mito” (Milano, 1 febbraio-3 giugno 2018). v. catalogo della mostra, 24 Ore Cultura, 2018.
4) Annotazione di Tina Modotti sul retro di una foto inviata a Edward Weston nel settembre 1929. Cit. in D. Cimorelli, R. Costantini (a cura di), Tina Modotti, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2014, p.138.
5) H. Herrera, Op. cit., p.95.
6) Cit. in L. Mulvey, P. Wollen (a cura di), Frida Kahlo and Tina Modotti. Catalogo della mostra, Londra, Whitechapel Art Gallery, 1982, p.7.
7) Ibidem.
8) Ivi, p. 9.