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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Lucilla Meloni in dialogo con il collettivo
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Intervista al collettivo di giovani curatori formatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma alla Scuola CVPAC (Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo) diretta da Claudio Libero Pisano, che ha l’obiettivo di formare professionisti nel mondo dell’arte e promuove l’esperienza pratica, affiancata a una solida base teorica, fin dai primi anni di corso.

Lucilla Meloni
. Da quali esperienze didattiche nasce il vostro collettivo?
Dispositivi Comunicanti. Dispositivi Comunicanti nasce a Roma all’interno dell’Accademia di Belle Arti come piattaforma di comunicazione nel corso di “Informazione per l’arte” della professoressa Lucia Giardino. La volontà era quella di rispondere alla chiusura dovuta al lockdown instaurando un dialogo tra varie realtà artistiche, tra le quali Polka Puttana, Angel Moya Garcia - direttore artistico del Mattatoio di Roma - e Boîte Editions. Il progetto ha poi assunto la forma di un collettivo per la curatela e la comunicazione d’arte durante il tirocinio formativo coordinato dal Prof. Pisanoda cui prese forma la mostra CartaCoreana tenutasi presso il museo Carlo Bilotti di Roma. In quell’occasione abbiamo potuto lavorare insieme per la prima volta, oltreché affrontare la nostra prima esperienza come curatori.
L.M. Il vostro lavoro include non solo il momento della curatela ma anche quello dell’organizzazione, dell’allestimento, della comunicazione e della documentazione fotografica della mostra. Quanti siete attualmente e come vi dividete i vari compiti?
D.C. Questa è una domanda ricca…perciò procediamo per fasi: Il collettivo includeva inizialmente nove membri, ovvero: Flavia Coccioletti, Rebecca De Carli, Francesco Giovanetti, Martina Macchia, Andrea Masucci, Giorgia Pia Mele, Marianna Pontillo, Danio Ruffini e Valeria Tomaselli. Dopo poco tempo dalla sua formazione abbiamo suddiviso il gruppo in due macro aree: curatela e comunicazione, e ognuno di noi ha poi scelto il proprio ruolo in base all’inclinazione personale.
Per quanto riguarda la fase allestitiva: è il momento nella quale il rapporto con l’arte smette di essere puramente teorico e diventa pratico; maneggiando l’opera impariamo a conoscerla, a viverla e a empatizzarla: cambia così anche il rapporto con gli artisti.
Mantenendo intatta la natura iniziale della nostra identità abbiamo deciso di essere la voce narrante di noi stessi, di qui la scelta di raccontarci attraverso i canali comunicativi che ci sono più vicini utilizzando Instagram per raggiungere una parte più ampia di pubblico.
L.M. Avete iniziato il vostro percorso circa un anno fa collaborando ad attività istituzionali promosse dall’Accademia in collaborazione con altri partner. Quali i titoli e i luoghi delle mostre e quale nello specifico il vostro intervento?
D.C. Come in parte abbiamo anticipato tutto è nato con la mostra CartaCoreana. In quell’occasione gli artisti in mostra furono oltre 50 tra italiani e coreani e noi ci occupammo già allora degli aspetti curatoriale e comunicativo. Oltre ai testi, revisionati da Claudio Libero Pisano, nostro coordinatore per il tirocinio, comunicammo personalmente con gli artisti invitati, stabilendo così i nostri primi contatti, e allestimmo i lavori con non poco impegno. Un battesimo di fuoco, insomma, per quella che si rivelò l’esposizione temporanea con ingressi record per l’Aranciera di Villa Borghese, parliamo di quasi 17.000 entrate in sei mesi.
Dopo questo primo risultato l’Accademia ci ha pian piano accordato la sua fiducia affidandoci nel tempo incarichi sempre più rilevanti: richiesero il nostro supporto per la mostra Certezza dopo il sonno, interna al progetto europeo Eu4Art e organizzata con alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti di Dresda. Si svolse negli spazi dell’Accademia romana e anche in quell’occasione scrivemmo testi, allestimmo e pubblicizzammo, con l’aggiunta che selezionammo le opere da esporre.
Mesi dopo curammo, sempre in collaborazione con l’Accademia, la mostra Semenzaio, tenutasi al Parco di San Sisto, in occasione dell’inizio del nuovo anno accademico e dopo poco tempo inaugurammo Nel segno della libertà all’Istituto Centrale per il Restauro, esposizione nata dalla richiesta del Commissario straordinario del Governo per il recupero e la valorizzazione dell’ex Carcere borbonico dell’isola di Santo Stefano-Ventotene.
L’organizzazione della mostra all’ICR ha richiesto molti mesi di preparazione: è stato necessario complessivamente oltre un anno e il nostro intervento ha coperto circa sette mesi di lavoro e non poche energie. In questa occasione la curatela ci è stata affidata per la prima volta per intero ed è stato molto impegnativo considerando che oltre ai sei artisti italiani e ai sei stranieri, erano coinvolte numerose istituzioni: dalla rappresentanza in Italia della Commissione europea, al già citato Commissario straordinario per il recupero e la valorizzazione dell’ex Carcere borbonico dell’isola di Santo Stefano-Ventotene, fino al EUNIC Roma con il Centro Ceco di Roma. Sono stati inoltre coinvolti l’Istituto Bulgaro di Cultura a Roma, l’Istituto Polacco di Roma, l’Istituto Slovacco a Roma, l’Istituto Yunus Emre Centro Culturale Turco di Roma, la Rappresentanza Generale della Comunità fiamminga e della Regione delle Fiandre in Italia, insieme agli Archivi Storici dell’Unione europea, la Biblioteca Europea, l’Istituto Centrale per il Restauro, l’Istituto Penale Maschile e Femminile per Minorenni Casal del Marmo, il Ministero della Cultura, il Ministero della Giustizia e la Società Dante Alighieri.
Elencare precisamente tutto quel che abbiamo fatto per questo lavoro non è né breve né semplice, ma possiamo dire che è stato una preziosa opportunità per imparare cosa voglia dire realizzare una mostra istituzionale a tutti gli effetti, coi suoi tempi, le sue pratiche e i suoi limiti nonché cosa significhi operare negli ambienti di una struttura ministeriale. A tratti ci è perfino capitato di sentirci immersi in qualcosa di più grande di noi ma siamo contenti di esserne usciti vittoriosi e di avere soddisfatto e superato le aspettative poste sul progetto.
L.M. Quali sono invece le mostre che avete curato come collettivo al di fuori delle attività dell’Accademia?
D.C. Procedendo per ordine, la nostra prima esperienza in autonomia è stata quella di VESTIGIA, una mostra di due giorni presso Cosmo, uno spazio romano multifunzionale avente alla direzione artistica l’artista Zaelia Bishop. In quell’occasione presentammo una performance di Luisa Fagiolo con musica dal vivo il primo giorno, assieme all’esposizione di una serie di polaroid di Ilaria De Sanctis e alla videoproiezione di un cortometraggio in grecanico realizzato da Gloria Zeppilli e Salvatore Crucitti durante una residenza artistica in Calabria. Il secondo giorno, oltre alle opere esposte preparammo un talk con Gloria e Salvatore, che raccontarono della loro esperienza e motivarono le scelte avute per la realizzazione del corto. In entrambe le date avemmo grande favore di pubblico e, oltre a ricordare il piacere e la sorpresa provate, potremmo aggiungere che con VESTIGIA prendemmo coscienza del nostro potenziale.
A seguire c’è poi Collettiva #1, tenutasi presso Spazio Field in Palazzo Brancaccio a Roma. In quest’occasione fummo chiamati dal prof. Pisano per l’individuazione di giovani artisti da esporre al fianco di loro colleghi esperti e già conosciuti nel campo dell’arte: parliamo nello specifico di Sonia Andresano, Iginio De Luca, Myriam Laplante, Felice Levini, H.H. Lim, Riccardo Monachesi, Elena Nonnis, Alessandro Sarra, Donatella Spaziani. Gli artisti selezionati da noi furono: Verdiana Bove, Ilaria De Sanctis, Matteo Patrevita, Gabriele Siniscalco e Gloria Zeppilli.
Qualche mese più tardi, in ottobre, curammo nuovamente una mostra presso Cosmo: SENZATITOLO. La storia dietro questo evento è forse un po’ particolare perché era previsto per luglio ma ci furono alcuni problemi che ne obbligarono la posticipazione. Inoltre, in quel momento, Cosmo operava di concerto col comune e questo, si sa, provoca limiti e lungaggini amministrative; una delle quali ci impose la scelta del titolo in una fase nella quale non avevamo ancora neanche individuato gli artisti…potremmo dire che la decisione di adottare la negazione del titolo come titolo stesso fu parte di una protesta pacifica. Ad ogni modo, in mostra presentammo una performance di Cosimo Mollica, nella quale vendeva lotti dello spazio ospitante per mezzo di valute inventate rilasciando veri attestati di vendita, una serie di quadri luminosi di Maura Prosperi e un cortometraggio animato realizzato da Francesca Romana Spuri. A distanza di qualche giorno presentammo anche un live painting tenuto da Francesca e seguito da un dj set di musica elettronica.
Anche in questo caso tutto è andato per il meglio e così si concludono le mostre non istituzionali che abbiamo potuto curare finora.
L.M. Mi interessa capire la fenomenologia del gruppo. Ad esempio in che modo decidete chi scrive il testo critico? E la scelta degli artisti che esponete è frutto di una vostra ricerca o è legata alle proposte che possono arrivarvi dall’esterno?
D.C. Dispositivi è un gruppo nel quale l’opinione di tutti viene sempre presa in considerazione. Di solito, le decisioni vengono prese per maggioranza definendo, in questo modo, un’orizzontalità del gruppo.
La scelta di chi scrive il testo critico è in parte dovuta all’inclinazione personale di ognuno di noi e nasce in relazione alla tematica della mostra che stiamo per presentare. La vicinanza al contenuto è fondamentale per variare di volta in volta la narrazione e perciò può capitare che a occuparsi di un dato argomento sia la persona ad esso più affine.
Per quanto riguarda la selezione degli artisti, il nostro obiettivo è quello di instaurare un dialogo con gli artisti emergenti per dare loro voce e visibilità all’interno del panorama artistico. Principalmente vogliamo sostenerci a vicenda dato che, a conti fatti, anche noi siamo emergenti in questo sistema. Siamo soliti svolgere delle ricerche per individuare dei possibili collaboratori ma non sono mancate proposte esterne. In certi casi abbiamo potuto selezionare tra poche figure prestabilite e in altri abbiamo avuto la possibilità di costruire mostre pensate per specifici lavori di determinati artisti; in altri ancora, come per Nel segno della libertà, entrambe le circostanze si sono presentate insieme.
Insomma, dipende di caso in caso, tuttavia, quando lavoriamo in autonomia sappiamo di poterci muovere e di poter selezionare liberamente.
L.M. Avete organizzato anche un incontro con Condotto 48, Porto Simpatica, Casa Vuota e il duo Mozzarella light, realtà che fanno parte della galassia degli spazi autogestiti a Roma. Importante occasione di confronto con una situazione attualmente condivisa e propulsiva, cosa avete tratto da questa esperienza?
D.C. La conferenza Convergere in Accademia-Spazi indipendenti a Roma nasce dal desiderio di promuovere e valorizzare alcune realtà artistiche presenti nel territorio, facendole al tempo stesso conoscere agli studenti dell’Accademia. Organizzata in collaborazione con la Consulta degli studenti dell’Accademia e la redazione di A Priori Magazine, la conferenza tenutasi a fine maggio 2022, oltre ad essere la prima di una serie di incontri che si terranno in Accademia, è stata il trampolino di lancio che ha contribuito ad aprirci a nuove possibilità in campo artistico che vanno al di là della singola mostra.
L’incontro, durato diverse ore, ha visto la partecipazione di un alto numero di studenti e professori e ha dato la possibilità ai membri degli spazi indipendenti invitati di far conoscere non solo le proprie sedi, ma anche i lavori di ognuno. L’evento è stato inoltre trasmesso in live streaming sul nostro canale Instagram, rendendo così disponibile la visione dello stesso anche online.
Siamo stati spinti dall’idea di mostrare un lato vivo dell’ambiente artistico contemporaneo, rendendo protagonisti gli spazi indipendenti, rivelandone i volti dei singoli membri: dare la possibilità agli studenti di conoscere realtà fondate da loro coetanei o da ex studenti laureatisi pochi anni fa, dà in qualche modo una speranza futura che consente, anche e soprattutto a chi ancora fatica a trovare la propria strada, di rassicurarsi, puntando su un tipo di visione collettiva che lo possa aiutare ad affrontare il mondo dell’arte.
La conferenza è stata senza dubbio uno degli eventi che maggiormente ha messo in risalto l’idea di unione e collettività che si va sviluppando negli ultimi anni e noi, come collettivo, partecipandovi ci siamo sentiti parte di una realtà altra che, allontanandosi da un concetto di individualismo, abbraccia una visione del mondo artistico che punta alla condivisione. L’incontro è stato quindi per noi una conferma del nostro percorso come collettivo curatoriale e ha contribuito a rafforzare l’idea che il gruppo, se unito, appare come una cosa sola, perché alla fine è vero siamo tanti, ma uniti siamo uno.

Aprile 2023