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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Un dialogo con Eugenio Giliberti
 
Brunella Velardi
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L’idea di questa intervista nasce alcune settimane fa, quando in una saletta dell’Istituto Colosimo, istituzione destinata ai ragazzi non vedenti che ha sede nell’ex convento di Santa Teresa degli Scalzi a Napoli, Eugenio Giliberti mi ha mostrato il lavoro in fieri su alcune pagine con interventi a mano per una tiratura limitata di copie del volume che ripercorre le tappe del suo Progetto di artista abitante (1). Ero già stata in un’altra ala dell’edificio, invitata dallo stesso Giliberti, un paio di anni fa: l’occasione era stata la presentazione di quest’ampia e articolatissima impresa che lo ha visto impegnato nell’arco di lunghi anni, insieme con le diverse realtà culturali e istituzionali che ne hanno condiviso frammenti, percorso e prospettive (2), seguita dall’introduzione della “Prova Generale”, per la quale tutti ci spostammo di qualche passo e, ospitati su un terrazzo incastonato tra i palazzi della strada principale, osservammo in anteprima la “bozza” in videoproiezione del monumentale intervento site-specific che costituisce una delle declinazioni del progetto.
Occorrono alcune precisazioni. L’ex convento, che ha ospitato più tappe del progetto, si trova a pochi metri da vico Pero, indirizzo di residenza dell’artista nonché, un paio di secoli fa – e a un altro civico, giusto di fronte alla sua abitazione – dell’ultima casa che Giacomo Leopardi condivise con gli amici Antonio e Paolina Ranieri, dove il poeta morirà nel 1837. È questa congiuntura che nel tempo spinge Giliberti ad approfondire un segmento di storia di questi luoghi, portandolo all’elaborazione di Voi siete qui • Vico Pero / Giacomo Leopardi. Progetto di artista abitante.
Lo stesso complesso monastico, come molti altri della zona, era stato interessato, in anni vicini alla presenza di Leopardi, da una serie di trasformazioni architettoniche e urbanistiche di cui rimane tutt’oggi traccia nel tessuto di questo brano di città, e la cui ricostruzione è una parte significativa della ricerca di cui ci accingiamo a parlare. Quanto alla “Prova Generale”, si trattava della proiezione che riproduceva il grande wall painting progettato da Giliberti per la facciata dell’edificio dove Leopardi aveva vissuto, prospiciente il grande asse viario di via Santa Teresa degli Scalzi – sebbene il suo ingresso sia, appunto, in vico Pero. L’opera, che rappresenterà l’approdo di questo lungo itinerario tra carte, portoni, persone e ricordi, riporta un brano de I nuovi credenti; questo scritto leopardiano, gli incontri con la comunità di quartiere e non solo, il ruolo di una memoria condivisa sono alcuni degli spunti all’origine del dialogo che segue.
 
Brunella Velardi. Partiamo dall'ultima parte del titolo, Progetto di artista abitante. Nella tua peculiare condizione di diacronico dirimpettaio di Giacomo Leopardi, ti presenti come abitante di un luogo fortemente connotato, storicamente e forse anche psicologicamente dalla memoria di una presenza illustre. Ma "artista abitante" sembra essere, prima ancora di questo, una dichiarazione di intenti, o una definizione del tuo ruolo (del ruolo dell’arte?) in uno spazio determinato...
Eugenio Giliberti. Tutto è un po’ fluido e incerto ma più volte, intraprendendo le prime azioni per trasformare un’idea in un fatto, un’opera, un’azione, mi sono trovato a valutarne il senso in relazione al campo/contesto nel quale essa si sarebbe imposta… e ho dovuto pensarci.
Mi piace credere che sia dote dell’artista la capacità di astrazione dal contesto consueto, di guardare in obliquo e in profondità ciò che a tutti si dà come banale presenza quotidiana, invisibile per assuefazione. In questo senso il concetto di ruolo si spoglia di ogni carica volitiva per rivelarsi come condizione che si manifesta nei contesti più vari in modalità differenti.
BV. Gli incontri che hanno accompagnato il progetto si sono configurati come invito pubblico a condividerne le tappe, e con esse lo status di abitanti attraverso una storia che di fatto travalica il confine di quello che tu chiami 'vicolo paese' e che riguarda in realtà l'intera comunità cittadina. È un aspetto cruciale, questo, riecheggiato anche nel Voi siete qui che apre il titolo. Cosa è accaduto intorno a questo patrimonio comune che è la figura di Leopardi, anche sul piano della partecipazione?
EG. Le azioni e gli incontri che si sono svolti hanno dato “centralità” a un luogo considerato finora architettonicamente, culturalmente e socialmente trascurabile. Erano rivolti principalmente agli abitanti del “vicolo paese” ma sono stati progettati per ottenere la maggior attenzione possibile all’esterno convinti che l’attenzione pubblica avrebbe incoraggiato la partecipazione al progetto dei residenti.
Già una prima riunione di presentazione del progetto fu ripresa dai giornali locali. Il riverbero pubblico ebbe un effetto immediato: Leopardi e Ranieri, un progetto artistico e le sue implicazioni impegnarono le discussioni degli abitanti, nei capannelli davanti all’antico bar Puoti o nei negozi, durante le spese quotidiane. Molti avevano da dire la loro e, pur con una sempre comprensibile dose di scetticismo, sembrò farsi largo un sentimento positivo di attesa.
Il Censimento Leopardi e il lavoro di inchiesta delle scuole di Urbanistica delle facoltà di Architettura trovarono una risposta partecipe degli abitanti.
Il successo di pubblico della “prova generale”, la proiezione luminosa del manoscritto de “I nuovi credenti” sulla facciata di via Santa Teresa del “palazzo Leopardi” con gli abitanti che si videro orgogliosamente custodi della storia importante del proprio luogo fu il completamento di una prima fase del progetto.
BV. Il periodo napoletano di Leopardi è stato anche un pretesto per ripercorrere brani di città a te già familiari, alla ricerca delle trasformazioni urbane che si sono susseguite negli anni vicini alla sua presenza a vico Pero. Attraverso questo aspetto, insieme con la raccolta dei racconti tramandati dai tuoi ‘coabitanti’ sulla permanenza di Leopardi a vico Pero, hai avuto a che fare con il gravoso (e spesso scivoloso) tema della memoria. Com'è stato questo incontro, per l'artista abitante?
EG. Esiste una storia, ricostruita da documenti e copiosi epistolari, puntellata da biografie, a partire dai “sette anni di sodalizio” di Antonio Ranieri. In particolare, incrociando i racconti dei Sette anni di Sodalizio con alcuni annuari del commercio mi era possibile ricavare una serie di informazioni secondarie interessanti, sui luoghi che proprio al tempo di Leopardi erano interessati dalle conseguenze della grande operazione urbanistica che ha dato al quartiere la sua attuale configurazione. Del tutto naturale lo slittamento dalla storia del grande personaggio alla importante storia fisica del luogo. La questione della memoria, anzi, delle memorie, si è posta a partire dal testo che è oggetto della parte visiva del progetto. Si tratta di un duro testo poetico - satirico in cui si allude sarcasticamente ad alcuni personaggi, noti letterati del tempo, individuati con certezza nonostante l’uso di pseudonimi, a cui Leopardi rimproverava il conformismo opportunistico e imputava la responsabilità di aver allertato la censura contro la pubblicazione dei suoi scritti.
Ad ognuno il suo posto, e una e sola prorompente figura ha preso il sopravvento. Questa è la storia. A me interessava passare dalla storia alla memoria, anzi alle memorie tramandate nel privato degli ambiti parentali dagli altri protagonisti. Questa curiosità mi ha portato a ricostruire esistenza e storia e discendenza di diverse persone che ogni giorno in quegli ultimi due anni di vita Leopardi avrebbe potuto incontrare.
BV. La memoria complessa e stratificata di cui parli (penso anche alle interferenze tra storia e immaginazione nei racconti su Leopardi, o alla ricostruzione delle tracce di una parte di città irrimediabilmente trasformata) è uno degli aspetti cruciali del tuo progetto. Cosa ha da offrire questa eredità al tempo presente e alla città di oggi?
EG. Non penso in grande. Non penso all’arricchimento della città. Penso al piccolo luogo. Al vantaggio esistenziale di chi sa dove si trova, di chi riesce a guardare con attenzione e cura alle proprie pietre perché ne conosce la storia e ne sente lo spirito.  
BV. L’intensa ricerca che ha preceduto e accompagnato la tua "rilettura" del quartiere è approdata, tra l’altro, alla decisione di condensarne i risvolti intervenendo nello spazio pubblico – come abbiamo accennato – con un grande dipinto murale che interesserà il palazzo in cui Leopardi ha vissuto, e che riprodurrà il manoscritto, redatto da Antonio Ranieri su dettatura di Leopardi, de I nuovi credenti. Mi racconti com'è avvenuta questa scelta e quale 'compito' affidi a questo testo?
EG. Sono stato a lungo indeciso su quale testo rispondesse meglio al progetto. Avevo un’alternativa.
I nuovi credenti è stata la prima scelta per diversi motivi: si tratta di un testo scritto certamente nel periodo di abitazione di Leopardi in vico Pero. Ha un aspetto, per così dire, toponomastico, grazie all’elencazione dei quartieri di Napoli, che certamente attira l’attenzione dei cittadini, il suo manoscritto, conservato presso la biblioteca Nazionale di Napoli, è vergato dalla mano di Antonio Ranieri - a causa del disturbo visivo che lo affliggeva, Leopardi era costretto a dettarlo -. Ogni caratteristica di questo testo lo rende adatto. Per un lungo periodo però sono stato indeciso. Trovavo particolarmente adatto anche un altro dei preziosi manoscritti conservati alla Biblioteca Nazionale di Napoli: il primo contratto di affitto dell’appartamento di vico Pero. Come era costume in questo genere di documento, in esso è descritto nei minimi particolari, con una prosa secca ed efficace, l’appartamento preso in affitto da Antonio Ranieri, e siccome esso, abitato dal legittimo proprietario, non è visitabile, riprodurre quel manoscritto sarebbe un modo di entrarci virtualmente e di goderne la visita tra “rigiole nel pavimento” e “tele al soffitto”.
BV. L’intero progetto, nelle sue numerose declinazioni – dalle esplorazioni urbanistiche alla raccolta delle testimonianze, al coinvolgimento di istituzioni e realtà pubbliche e private, restituiti attraverso il volume che mette insieme testi, immagini, documenti, mappe – è un’ambiziosa e piuttosto imponente operazione di arte pubblica. Cosa rappresenta questa ‘uscita’ dall’intimità del tuo studio, già avvenuta con imprese come Pompeiorama, Selve del Balzo e Orto civile, e come si inserisce nel rapporto, quasi meditativo nella sua meticolosità, che intessi con molti dei tuoi lavori.
EG. Nel mio lavoro c’è come un respiro, un continuo inspirare ed espirare. Un dentro e un fuori. Sono naturalmente orientato all’azione pubblica, all’applicare la mia lente artistica alla realtà che mi circonda e ne sono spesso assorbito fino allo stremo delle mie forze, ma ho bisogno spesso della solitudine del mio studio, di ritrovare la mia concentrazione e la disciplina dei miei numeri e dei miei colori.
BV. Ripensando al tuo lavoro, mi sembra di rintracciare nell'intervento murale il retaggio di sculture e installazioni come quelle della serie LP (Lavoro Politico), con cui "costringevi" il pubblico a fare i conti con elementi di ‘inciampo’ che prendevano la forma di grosse o copiose zanzare. Più esplicito, nel "Censimento Leopardi" con cui hai rilevato la persistenza di questa memoria tra gli abitanti della zona o nelle Polizzine che traducono nel tuo linguaggio fatto di combinazioni di quadratini gli indici dello Zibaldone, il riferimento appunto ai Quadratini colorati o al processo di osservazione, descrizione, affezione che hai intrapreso con i tuoi meli in Data Base. Con la tua mostra personale curriculum vitae, nel 2003, tracciavi un bilancio del tuo percorso. A che punto è il tuo CV vent'anni dopo?
EG. Gli anni passano e si accumulano le esperienze e anche i fallimenti. Posso dire di aver speso/seminato molto di più di quanto non abbia raccolto, sto percorrendo la mia strada. In fondo quel respiro di cui parlavo potrebbe essere anche visto come un eterno contrasto tra l’andamento riflessivo e circolare del database, o dei quadratini colorati, punti di accumulo di energia e le improvvise estroflessioni di progetti diversi: il cerchio e la freccia.
 
Aprile 2023
1) Eugenio Giliberti, Voi siete qui • Vico Pero / Giacomo Leopardi. Progetto di artista abitante, Napoli, Arte’m, 2022
2) Il progetto, coprodotto da Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee – Museo Madre con il sostegno di Fondazione Morra, Dafna Gallery e Gallerie Riunite Intragallery-PRAC, coinvolge partner istituzionali come Regione Campania, Comune di Napoli e Terza Municipalità, Direzione regionale Musei Campania del MiC, Biblioteca Nazionale di Napoli, Centro Nazionale di Studi Leopardiani a Recanati, Dipartimento di Architetture dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, Accademia di Belle Arti di Napoli, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, oltre a diverse realtà private.