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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Il Surrealismo e oltre

Patrizia Mania
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Il 22 febbraio 2025 all’età di 91 anni si è spenta José Vovelle. Storica dell’arte, professoressa all’Université de Paris 1 Panthèon Sorbonne, nota soprattutto per i suoi studi sulla pittura surrealista. La notizia è stata riportata qualche giorno dopo da un necrologio pubblicato su Le Monde che un caro amico si è premurato di inviarmi.
Fu nei primi anni Novanta che la incontrai per la prima volta. Avevo da poco ricevuto conferma della vincita di una borsa di studio post laurea erogata dall’allora Ministero della Pubblica Istruzione e fui accolta dalla Sorbona per seguirne i corsi di dottorato nell’eclettico edificio progettato negli anni Venti da Paul Bigot, al numero 3 di rue de Michelet. Con José Vovelle ebbi il primo contatto e con lei in quella sede fissai il primo appuntamento con l’intesa che sarebbe stata la direttrice della mia tesi. Le proposi alcune possibili linee di ricerca che in diversa prospettiva indagavano il complesso rapporto tra arte e critica negli anni Quaranta in Francia. Mi fu subito evidente quanto lei fosse straordinaria nel mediare l’entusiasmo con il metodo, filtrando con una sottile arguta ironia ogni possibile traiettoria in termini sempre di grande perspicacia e consapevolezza. Mi accolse con uno dei suoi meravigliosi abiti di velluto che, come mi disse lei poi in seguito, erano firmati da Sonia Rykiel. Mi scrutava intensamente, come continuò poi a fare ad ogni incontro. Parlava assai velocemente intercalando il suo discorrere con qualche sbuffo molto parisien. Seguì i miei anni di ricerca e di stesura della tesi con un’attenzione sempre vivacemente critica, pronta a correggere e a spostare il minimo accenno di convenzionale lettura verso lidi più fecondi. Negli anni successivi alla fine del dottorato il nostro rapporto è andato crescendo in forme sempre più amichevoli componendosi di inviti a cena, suoi e del suo compagno Jean, e soprattutto delle lettere e tantissime cartoline che regolarmente ci scambiavamo. Le sue, sempre con riproduzioni di opere d’arte. Regolarmente imbustate, a guardarle oggi, leggendo i testi che le accompagnavano sul retro, mi sorprende l’acquisita intimità che mi portò a confidarle momenti di gioia ma anche di particolare angoscia e inquietudine. In uno di questi ultimi, mi inviò la riproduzione del Jardin à Giverny (dans le jardin de Monet) dipinto nel 1887 da John Leslie Breck sul cui retro mi formulava l’augurio che quel giardino di fiori potesse “mettre un peu de baume au coeur”. “L’essentiel – aggiungeva – est d’avancer”. Qualche mese dopo sul retro di una cartolina riproducente la casa progettata nel 1926 da Adolf Loos per Tristan Tzara ci tenne ad assicurarmi che la sua casa sarebbe stata sempre aperta per me. Ancora, qualche mese più tardi, il paesaggio di un maturo Renoir, Les Vignes à Cagnes (1906), corredava la felicità di una mia ripresa.
Scorrendo sui suoi tanti densi scritti concernenti innanzitutto il Surrealismo, ma non solo, mi sono chiesta se la limitata circolazione degli stessi per lo più riservata ad ambiti strettamente accademici non fosse da ritenersi la ragione prima per la quale alcune sue intuizioni non abbiano avuto una particolare fortuna rivelandosi oggi ai miei occhi anticipatrici e predittive di snodi critico storiografici alla ribalta negli ultimi anni. Penso ad esempio, quanto sul piano dell’attualità la mostra Il latte dei sogni curata da Cecilia Alemani in occasione della 59. Biennale di Venezia non possa ritenersi debitrice inconsapevole di alcuni testi rivelatori di José. Mi riferisco in particolare ad un suo articolo pubblicato su Melusine dal titolo Métamorphoses et merveilleux, rencontres de la femme et du végétal dans la peinture surréaliste (1) dove, a proposito delle metamorfosi sottolineava la presenza in alcune opere pittoriche surrealiste di un rapporto privilegiato tra mondo vegetale e figure femminili analizzando metamorfosi, chimere femminili e altre analogie incarnanti quelle nuove anatomie del desiderio che gli artisti surrealisti erano andati esplorando. Ne proponeva, sulla scorta di richiami a precedenze storiche soprattutto letterarie, una sorta di inventario in cui tra gli artisti menzionati figura anche Ithell Colquhoun e il suo The Pine Family, proposto anche dalla succitata Biennale, e sul quale si soffermava in particolare riferendo delle strette analogie al testo sulle metamorfosi ovidiano.
Degli studi sul Surrealismo è stata una delle principali voci. A partire dalla precoce monografia sul Surrealismo belga (2) del quale continuò nel tempo ad indagarne i caratteri flettendoli a letture prospettiche che, al di là dei profili dei singoli protagonisti, ne inquadravano nelle tematiche e nelle tendenze cui avrebbero dato vita il profilo europeo e internazionale. Ne trattò con sistematicità come di fenomeni linguistici espansi e al tempo stesso radicati a memorie letterarie e artistiche precedenti sottolineando come in quei contesti fossero stati soprattutto i modi figurativi a creare vere e proprie tendenze. Avrà modo in particolare di soffermarsi su quelle dei magrittiani (3) ma anche su quelle dei dalinisti (4). Realtà imprescindibili rispecchianti momenti eloquenti di propagazione proprio di quel versante figurativo della pittura surrealista che dominante agli inizi degli anni Trenta si mostrò, come sottolineò, fattuale collante del processo di internazionalizzazione del movimento. In particolare si soffermò sull’esigenza espressa da Dalì nel 1929, data che segna la sua stessa adesione al Surrealismo, di una rappresentazione figurativa fotografica, maniacalmente precisa e resa da una materia liscia che farà molti epigoni che riguarderanno l’Europa intera. Presupposti che argomentavano quell’idea di una comunità artistica internazionale che sostenne con vigore.
Il Surrealismo fu all’origine e rimase il basso continuo dei suoi studi andandosi nel tempo ad integrare con esplorazioni su momenti successivi come testimoniano la cura del volume collettaneo uscito nel 1995 Un art sans frontières. L’internationalisation des arts en Europe (1900 – 1950) (5), preceduto qualche anno prima da un’altra significativa curatela: L’objet de l’art contemporain (6).
Tra le pubblicazioni più recenti, in un breve testo di circostanza, Instantanés, a introduzione degli atti di un convegno su La provocation: une dimension de l’art contemporain (XIX° - XX° siècles) (7) sciorinava occasioni di riflessioni che estendevano l’orizzonte della conoscenza dell’arte ai modi contestuali e alle posture, quasi alla prossemica dei contesti. Un quadro, un particolare dell’abbigliamento, un accento: dettagli cui ha mostrato di conferire sempre una non banale attenzione con la peculiare intenzionalità di costruire la storia dell’arte in prospettive aperte estranee agli angusti contorni degli specialismi. Annodare e intrecciare problematiche nella convinzione che la materia duttile dell’arte si compone oltre che dalle opere e dalle loro circostanze dalle esistenze che le hanno create. Presupposti e caratteri che le hanno consentito sempre, nei suoi scritti e nella sua didattica ad un tempo di ricognizione territoriale e di sconfinamenti a geografie allargate, di raggiungere un registro di rara misura tra la sistematicità del metodo e lo sguardo aperto a inconsueti inediti orizzonti.

Aprile 2025

1) José Vovelle, “Métamorphoses et merveilleux, rencontres de la femme et du végétal dans la peinture surréaliste”, in Mélusine, n°XX, Merveilleux et Surréalisme, L’Age de l’Homme, Lausanne, 2000, pp. 219 – 232.
2) José Vovelle, Le Surréalisme en Belgique, 1972.
3) José Vovelle, “Des Magrittiens”, in, Magritte, catalogo della mostra tenutasi al Centre d’Arts Plastiques Contemporains de Bordeaux, 24 maggio -    luglio 1977.
4) José Vovelle, “Une Europe surréaliste: dalinisme et daliniens”, in Melusine, XIV, L’Age de l’Homme, Lausanne, 1994, pp.11-119.
5) Gérard Monnier, José Vovelle (a cura di), Un art sans frontières. L’internationalisation des arts en Europe (1900 – 1950), éditions de la Sorbonne, Paris, 1995.
6) José Vovelle, Michel Assenmaker, Daniel Soutif, L’objet de l’art contemporain, CAPC, Musée d’art contemporain, 1990.
7) José Vovelle, “Instantanés”, in, La provocation une dimension de l’art contemporain (XIX° - .XX° siècles), Publication de la Sorbonne, Paris, 2004, pp.7-10.