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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Parte IV. L’Archivio Novecento a Napoli

Brunella Velardi
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Esperienze alterne nella documentazione dell’arte
Della volontà di istituire un archivio degli artisti e dell’arte a Napoli si ha notizia già dal 1947, quando il Soprintendente alle Gallerie Bruno Molajoli tentò di avviarne la costituzione a partire da schede bio-bibliografiche che sarebbero state fornite a questo scopo dagli artisti stessi. Naufragata questa prima ipotesi (1), se ne tornò a riflettere alla fine degli anni Ottanta, quando la storica dell’arte Anna Caputi iniziò a lavorare a un archivio informatizzato dell’arte napoletana dal secondo dopoguerra, a partire dalle recensioni delle mostre apparse sulla stampa locale. Il frutto di quel progetto fu presentato all’interno della mostra Fuori dall’ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal ’45 al ’65 (Castel Sant’Elmo, 1991), dove un monitor consentiva di consultare i contenuti informatizzati di quel lavoro, di cui era esposta anche una versione cartacea. Ben poco resta di quell’esperienza, pionieristica per l’epoca, illustrata in un contributo al catalogo della mostra (2).
A distanza di un decennio, nuovamente emergeva l’ipotesi di costituire un centro che documentasse la presenza dell’arte contemporanea in città, tra interventi urbani, mostre, incontri promossi tanto dalle amministrazioni pubbliche quanto da privati. L’istanza, sollevata dall’amministrazione comunale, aveva trovato la sua concretizzazione nell’istituzione, nel 1998, di un Centro di Documentazione per le Arti Contemporanee. Non ci soffermeremo in questa sede sulle ragioni del fallimento di quel progetto, pur ambizioso e di ampio respiro (3); basterà qui dire che la sua apertura testimoniava, da un lato, la consapevolezza della presenza di un patrimonio ricco, diversificato e carico di potenziale dal punto di vista della ricerca e della valorizzazione, dall’altro, la volontà di dare organicità, in un’ottica lungimirante, ad una storia che andava dal passato recente alla contemporaneità. Per certi versi, parte di quell’eredità era stata raccolta dal Dipartimento di Ricerca istituito nel 2013 al Museo Madre, che tuttavia, in seguito alla pubblicazione del volume dedicato all’arte contemporanea a Napoli e in Campania negli ultimi cinquant’anni (4), sembrò aver esaurito il suo compito. Resta una storia frammentata da discontinuità e oblii, da incostanze nelle politiche culturali e mancanze di fondi, da alterne vicende nel dialogo tra istituzioni.
Se le esperienze del passato mettono in guardia anche rispetto a tentativi di far rete tra le numerose ed eterogenee realtà attive nel campo del contemporaneo in mancanza di una visione istituzionale unitaria e a lungo termine, allo stesso tempo riconfermano la convinzione della necessità di un’azione di conservazione della memoria recente, pur all’interno di un ambito circoscritto che lasci tuttavia aperta la possibilità a nuove traiettorie. Nel nostro caso, questo ambito è costituito dall’archivio delle mostre e delle collezioni di Castel Sant’Elmo e del Museo Novecento a Napoli che, come si è avuto modo di chiarire nei contributi fin qui pubblicati sul museo (5), per gli specifici caratteri di ricognizione, si configura di per sé come nucleo di documentazione dotato di un’organicità conferita dal riferirsi all’attività di un singolo ente produttore e conservatore. In secondo luogo, opportunamente sistematizzato e interrogato, l’archivio è in grado di suggerire rimandi, connessioni, ricorrenze che legano il luogo fisico in cui è conservato ad altri luoghi della città, richiamando episodi, esperienze, gruppi, temi che via via ricostruiscono un quadro dell’arte e della cultura a Napoli dal Novecento ad oggi.
L’Archivio Novecento a Napoli. Nuclei e materiali
L’archivio documentale conservato negli spazi di Castel Sant’Elmo raccoglie le testimonianze delle attività svolte nell’ambito dell’arte contemporanea dalle amministrazioni dell’attuale Ministero della Cultura che si sono succedute nel contesto delle diverse riforme e trasformazioni del ministero, in particolare dalla fine degli anni Novanta ad oggi (i nuclei più consistenti risalgono alla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo museale della città di Napoli, 2001–2014 e al Polo museale della Campania, 2015–2019). Si tratta di corrispondenze, fotografie e progetti di opere e mostre, inviti e brochure, appunti, e in grandissima parte documenti burocratici. Questa documentazione, spesso considerata di scarso valore, è tuttavia estremamente preziosa poiché consente, in mancanza di una memoria diretta, di risalire a informazioni relative ad aspetti non sempre manifesti, come quelli legati a committenze, sostenitori a vario titolo, costi, modifiche in corso d’opera e così via. E, aspetto frequentemente sottovalutato, è della medesima natura di quella che consente oggi, a distanza di secoli, di ricostruire analoghe questioni dell’arte del passato (6).
Un nucleo significativo è rappresentato dai fascicoli relativi alle donazioni e acquisizioni, risalenti in buona parte ai primi anni Duemila, delle opere per la sezione Arte contemporanea di Capodimonte, avvenute quando il museo era sotto la medesima amministrazione di Castel Sant’Elmo. Questa ricca raccolta restituisce uno spaccato vivo delle dinamiche sottese alla costituzione della collezione e alla realizzazione delle opere stesse. È inoltre presente il nucleo, meno consistente e significativo, di documenti relativi a mostre tenute in sedi altre dell’amministrazione (in particolare, Museo Duca di Martina e Certosa di San Giacomo a Capri).
Ben più consistente è il patrimonio documentario relativo all’attività di Castel Sant’Elmo, sistematizzato con la cura di chi scrive tra il 2014 e il 2020, recentemente interessato da un progetto di digitalizzazione finanziato dalla Regione Campania (7) e suddiviso nelle serie Acquisti, comodati e donazioni; Mostre; Concorso Un’Opera per il Castello; Eventi; Didattica; oltre a un nucleo di documenti digitali. Accanto alle corrispondenze e alle pratiche di donazione, prestito e comodato delle opere del museo, è infatti presente la documentazione delle attività tenute al castello, dalle esposizioni dei primi anni Duemila alle più recenti mostre allestite nel museo e nella vicina Chiesa di Sant’Erasmo, dedicate ad artisti attivi a Napoli. La documentazione, in buona parte audio, dei “Giovedì contemporanei”, resta a testimonianza degli incontri svolti tra il 2012 e il 2016, incentrati su episodi dell’arte a Napoli che, oltre a configurarsi come approfondimenti su artisti, periodi, tematiche, prepararono il terreno per la mostra Rewind (8) e per nuove acquisizioni per il museo.
Alla serie relativa al concorso “Un’Opera per il Castello”, si affianca inoltre la banca dati realizzata per consentire l’iscrizione e il caricamento dei materiali per i partecipanti, la consultazione per ordine alfabetico, di iscrizione o per ricerca libera per i membri della giuria, la ricerca e consultazione dei materiali e dei documenti per la segreteria organizzativa. Un contenitore che raccoglie oggi circa 1400 artisti, con relativi curricula e progetti. L’archivio del concorso comprende, inoltre, la documentazione relativa alla realizzazione e alla presentazione delle opere vincitrici, filmati, materiale grafico. Infine, il patrimonio digitale (e in alcuni casi digitalizzato), è costituito in gran parte da materiale grafico e fotografico: inviti, documentazione delle mostre, fotografie delle inaugurazioni e delle conferenze stampa, oltre alle campagne fotografiche del museo (9).
Se alcune fisiologiche lacune documentarie sono destinate a rimanere tali (ci si riferisce, ad esempio, a quelle dovute alle prime fasi del passaggio dalla comunicazione tradizionale con corrispondenze tramite posta e fax alla comunicazione digitale via email, o alle classificazioni imposte dalla protocollazione informatica anche di documenti che talvolta sfuggono dalle maglie del linguaggio amministrativo), lo sforzo profuso negli ultimi anni è consistito nella raccolta e conservazione in tempo reale della documentazione prodotta in occasione delle mostre dal 2014 ad oggi; nel recupero di documentazione fotografica digitale, conservata in molti casi su dispositivi diversi, relativa alle mostre d’arte contemporanea tenute a Castel Sant’Elmo; nel recupero di documentazione digitale di varia natura relativa alle mostre e nella sua messa in relazione, attraverso gli inventari, con la documentazione cartacea, anch’essa integralmente inventariata. Si è in tal modo cercato, da un lato, di rispondere all’esigenza di una registrazione della documentazione esistente, dall’altro, di ovviare alla dislocazione dei fondi, inevitabile anche tenuto conto delle peculiarità di un archivio corrente.
Oltre l’effimero, il discontinuo, il rimosso
Sembra esserci una sinistra corrispondenza tra la narrazione delle vicende dell’arte a Napoli nel corso del Novecento e quelle legate ai tentativi di documentarne la presenza, la persistenza, la diffusione. Non c’è dubbio che quel processo di sprovincializzazione avviato nei primi del Novecento e, pur con alcune intermittenze, giunto alla definitiva apertura delle ricerche artistiche verso una prospettiva internazionale, non avrebbe potuto trovare pieno compimento se la città non si fosse nel frattempo dotata di quella costellazione di grandi e piccole occasioni di dialogo con il mondo. Ed è altrettanto evidente come la costruzione dell’identità culturale in cui la città possa pienamente rispecchiarsi è – ed è stata – possibile solo nella convergenza di spinte individuali e politiche culturali, in stretta relazione con disponibilità economiche ed effettive possibilità (o volontà) di spesa; in altre parole, con coerenti investimenti nel settore culturale. Eppure, non tutto sembra essere andato per il verso giusto, fra progetti abbandonati o mai partiti, fratture politiche, frequente incostanza delle proposte.
Anche gli sforzi protesi, fin dal suo ‘salvataggio’ (10), nella direzione di una restituzione di Castel Sant’Elmo al “pubblico beneficio”, hanno talvolta incontrato ostacoli di non facile risoluzione. Il complesso monumentale, coacervo di criticità e unicità architettoniche – prima fra tutte la realizzazione per mezzo dello scavo nel banco tufaceo della collina – e caratteristiche paesaggistiche, landmark e bene culturale, luogo aperto al pubblico e sede amministrativa, sembra riassumere in sé tutto il potenziale e le contraddizioni della città. Tra i primi siti cittadini per affluenza di visitatori, la fortezza si presterebbe ad essere un centro culturale polifunzionale, integrando alle attività museali quelle di ricerca e di valorizzazione di un patrimonio che si estende ben oltre le sue mura. Nel panorama di un crescente depotenziamento dei sistemi museali territoriali a favore dei cosiddetti “grandi attrattori”, Castel Sant’Elmo si è trovato, soprattutto negli ultimi anni, nella paradossale condizione di ‘serbatoio’ culturale unico, incagliato tra le maglie di una macchina amministrativa poco incline ad una reale e radicale impresa di valorizzazione, che si auspica possa invece avviarsi con l’istituzione, tuttora in corso, del nuovo polo dei Musei Nazionali del Vomero (11), laddove questa ennesima riforma vada di pari passo con un consistente investimento di risorse umane e finanziarie adeguate allo scopo. Di contro, il Museo Novecento a Napoli ha continuato a coltivare, nel tempo, il suo rapporto con la città, con generazioni diverse che si incontrano nelle sue sale ad ogni occasione offerta dalla sua programmazione. Ed è anche nel suo archivio che si annida la sua resistenza, tra le energie profuse e opportunità di scambio che può ancora offrire.

Aprile 2024

1) Maria Teresa Penta, Attività delle istituzioni, in AA.VV., Fuori dall’Ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal ’45 al ’65, catalogo della mostra, Napoli, Elio De Rosa editore, 1991, pp. 91–106: 102.
2) Vd. Roberto De Caro, Per la costituzione di un archivio informatizzato sull’arte napoletana dall’ultimo dopoguerra ad oggi. Un’idea di Anna Caputi, in AA.VV., Fuori dall’ombra, cit., pp. 127–131.
3) Cfr. Olga Scotto di Vettimo, PAN | Palazzo delle Arti Napoli: Dipartimento cultura e documentazione. Un’ipotesi di lavoro, in Stefania Zuliani (a cura di), Il museo all’opera. Trasformazioni e prospettive del museo d'arte contemporanea, Milano, Bruno Mondadori, 2006, pp. 153–157; Eleonora Pistone, Il PAN | Palazzo delle Arti Napoli: Una storia difficile, Tesi di Specializzazione in Museografia e Museologia, relatore prof.ssa Mariantonietta Picone Petrusa, Università degli Studi di Napoli Federico II, A.A. 2009/2010; Claudia Borrelli, Palazzo delle Arti Napoli – PAN, in id., Novecento a Napoli (1910-1980), per un museo in progress. Un nuovo museo d’arte contemporanea a Napoli, Tesi di Specializzazione in Museografia e museologia, Università degli Studi di Napoli Federico II, A.A. 2009/2010., pp. 59–65.
4) Vincenzo Trione (a cura di), Atlante dell'Arte Contemporanea a Napoli e in Campania: 1966 – 2016, Milano, Electa 2017.
5) Si vedano i “capitoli” precedenti dell’articolo sul Novecento a Napoli, pubblicati su questa rivista da chi scrive: Parte I. La situazione delle arti 1945 – 2010, in «Unclosed», Numero 39, anno X, del 20/07/2023: https://www.unclosed.eu/rubriche/documenti/documenti-archivi-dati-testimonianze-imprese/433-novecento-a-napoli.html; Parte II. Dalle mostre temporanee all’istituzione del museo nel ‘sistema’ Castel Sant’Elmo, in «Unclosed», Numero 40, anno X, del 20/10/2023: https://www.unclosed.eu/rubriche/documenti/documenti-archivi-dati-testimonianze-imprese/443-novecento-a-napoli-2.html; Parte III. Museo e identità culturale, in «Unclosed», Numero 41, anno XI, del 20/01/2024: https://www.unclosed.eu/rubriche/documenti/documenti-archivi-dati-testimonianze-imprese/453-novecento-a-napoli-3.html.
6) Al ruolo dei documenti burocratici nello studio delle opere contemporanee fa cenno Enrico Crispolti, che tuttavia ne attribuisce la funzione a specifici ambiti d’intervento, tralasciando il potenziale informativo che rappresentano per lo studio della genesi di opere e mostre d’arte: «la storia dell'arte dei secoli passati, com'è noto, la si ricostruisce attraverso atti di nascita, contratti di committenza, registrazioni di pagamenti, o altro. Tutto questo per l'arte contemporanea è in certa misura meno determinante, e tuttavia non è affatto escluso; anzi risulta spesso di grande utilità per grandi imprese di carattere architettonico o urbanistico, o di carattere ambientale», Enrico Crispolti, Come studiare l’arte contemporanea, Roma, Donzelli Editore, 2010, p. 158.
7) Il progetto ARCCA – Architettura della Conoscenza Campana, tuttora in corso di attuazione, consente, nella sezione MADREscenza2020, di mettere in comunicazione archivi d’arte contemporanea di istituzioni pubbliche e private del territorio campano. Vd. https://cultura.regione.campania.it/web/guest/movetocloud?pills-profile.
8) Rewind. Arte a Napoli 1980-1990, mostra a cura di Angela Tecce, Napoli, Castel Sant’Elmo, 19 dicembre 2014 – 8 febbraio 2015.
9) La coesistenza, all’interno di un medesimo archivio, di materiali conservati su supporti eterogenei e, in buona parte dei casi, la mescolanza di documenti cartacei e digitali relativi ad un medesimo fascicolo, nodo ricorrente negli archivi di oggi, può trova soluzione nella completezza degli inventari, nell’appropriatezza descrittiva dei documenti e nella selezione di formati digitali che ne garantiscano la durata nel tempo evitando il rischio di obsolescenza.
10) All’indomani dell’Unità d’Italia, da più parti si espresse la volontà di demolire la fortezza, simbolo dell’oppressione straniera sulla città, fino a portare l’istanza nel dibattito parlamentare. Cfr. Sen. Gennaro Bellelli, in Rendiconti del Parlamento italiano. Discussioni del Senato del Regno, Sessione del 1861-62, vol. I, Cotta e Compagnia, Firenze, 1869, p. 752; On. Ferdinando Petruccelli della Gattina e Min. Alessandro Filippo Della Rovere, in Giuseppe Galletti e Paolo Trompeo (a cura di), Atti del Parlamento italiano. Discussioni della Camera dei deputati, Torino, Eredi Botta, 1862, vol. III. Sessione del 1861 – tornata del 10 gennaio 1862, pp. 594–598.
11) Vd. Musei, in Cdm ok a riorganizzazione: gli autonomi salgono da 44 a 60: https://cultura.gov.it/comunicato/24987.