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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Da documenta fifteen all’omaggio al suo fondatore Arnold Bode alla Neue Galerie

Lucilla Meloni
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Alla quindicesima edizione di documenta, curata dal collettivo indonesiano Ruangrupa, fondato a Jakarta nel 2000, che occupa diverse sedi cittadine, si accompagnano alla Neue Galerie una mostra dedicata ai dipinti e alle opere grafiche di Arnold Bode, fondatore nel 1955 della rassegna internazionale e l’esposizione about: documenta che ne ripercorre tutte le tappe.
Un’opportunità dunque per riguardare la storia dell’importante manifestazione quinquennale che, più di altre, proprio per la sua specificità, ha mostrato di volta in volta l’emergere nella ricerca artistica di nuove sensibilità, di nuovi linguaggi, di nuovi posizionamenti di fronte e all’interno del mondo che cambia, di nuove modalità di intendere l’arte e di praticarla.
Se documenta è stata dal 1955 a oggi curata da un singolo autore, per lo più maschio (1955 - 1968 Arnold Bode; 1972 Harald Szeemann; 1977 Manfred Schneckenburger; 1982 Rudi Fuchs; 1987 Manfred Schneckenburger; 1992 Jan Hoet; 1997 Catherine David; 2002 Okwui Enwezor; 2007 Roger M. Buergel; 2012 Carolyn Christov Bakargiev; 2017 Adam Szymczyk), la direzione artistica di quest’ultima edizione affidata a un collettivo, ha davvero segnato un punto di svolta.
La Neue Galerie, che dal 1964 ha ospitato negli anni una parte della rassegna e che ha nella sua collezione opere là esposte, accoglie adesso anche documenta fifteen room di Ruangrupa: lo spazio progettato dal collettivo nel novembre 2019 per presentare la mostra.
Concepito come una living room, questo prende le mosse dal luogo in cui si è formato a Jakarta il gruppo composto da Ajeng Nuru Aini, Farid Rakun, Iswanto Hartono, Mirwan Andan, Indra Ameng, Daniella Fitria Praptono, Ade Darmawan, Julia Sarisetiati, Reza Afisina, e nel quale si è configurato il suo modo di procedere, all’insegna della interdisciplinarietà, dell’apertura ad altri soggetti e della condivisione.
Nella stanza accogliente, corredata di poltrone, tavoli, tappeto, lampade, radio, riviste, una mappa di Kassel posizionata a parete indica tutti i luoghi dove il collettivo è intervenuto per relazionare la propria storia a quella degli abitanti: “We always like to work with people by collecting their stories. The map is a way to interact and to find stories that are sometimes not visible to us. People have their stories in the form of what we call nongkrong, meaning spending time together”, dichiara Indra Ameng, membro del collettivo, nell’intervista pubblicata nel catalogo di about: documenta.
Questa mappa bene introduce quel principio di estensione che fa di questa documenta una sorta di caleidoscopio, una piattaforma che apre su molteplici voci che spesso si intersecano, tra opere, dibattiti, pubblicazioni, punti di incontro.
Il principio da cui si origina la storia di Ruangrupa e su cui si basa concettualmente documenta fifteen è quello del “lumbung” (rice-barn): la pratica indonesiana, in essere nelle comunità rurali, che prevede che il surplus del raccolto sia messo a disposizione della comunità.
Come spiega ancora Ameng, “lumbung”: “it’s an economic model where we share our resources and generate projects and businesses that contribute to the collective. For example, if you have the skill of a writer, you can contribute as a writer, if you have the skill of a musician, you can contribute with your music”.
Perciò ruangrupa ha esteso l’invito ad altri, che si sono riuniti nell’Artistic team; insieme hanno chiamato i presenti alla mostra, che a loro volta hanno potuto coinvolgere altri autori. Tutti i “lumbung artists” contribuiscono allo sviluppo complessivo dei diversi progetti.
La pratica aperta di Ruangrupa, che tra l’altro autogestisce a Jakarta con altri collettivi lo spazio espositivo e di lavoro chiamato Gudskul, si fonda dunque sui principi dell’orizzontalità e della relazione, come attesta, ancor prima delle opere, la scelta di invitare in maggioranza altri collettivi e il fatto che gli invitati, a loro volta, possano chiamare altri a contribuire alla loro iniziativa.
Nell’intento di promuovere nuove modalità di convivenza, anche il linguaggio utilizzato, secondo la “lumbung practice” mette insieme termini provenienti da diversi paesi, per creare una polifonia, come è documentato dal Glossario.
E poiché il linguaggio è politica, ad esempio il neologismo “Ruruhaus”, che dà il nome a una delle sedi espositive in cui si dibatte, ci si incontra, si sosta e ci si riposa, unisce il termine indonesiano “Ruru” (spazio) a quello tedesco “Haus” (casa). 
Visitando la mostra ci si sente infatti membri momentanei di tante diverse comunità.
Strettamente connesso, come dichiarano gli artisti di Ruangrupa, alla cultura indonesiana, il loro lavoro ha portato a Kassel, nel cuore dell’Europa, numerose realtà legate a loro volta alla propria identità e alle emergenze locali: dalla catastrofe climatica che genera l’immigrazione ai rifiuti che sommergono il pianeta, dalla crisi dell’agricoltura e dell’allevamento, fonti economiche principali di molti territori, alla censura operata dai regimi di diverse nazioni, dai rapporti tra primo e terzo mondo nel sistema dell’arte al nesso tra arte e colonialismo, dalle lotte per i diritti civili alla xenofobia, dalla vita nelle comunità rurali alla loro difficile sopravvivenza, declinati tra installazioni, assemblaggi, riciclo, video, film, mappe concettuali, documenti d’archivio, scrittura, disegno, pittura e radio (“lumbung Radio”).
È una mostra in cui irrompe la realtà, in alcuni casi raccontata quasi a livello documentale, in molti altri mediata dai linguaggi dell’arte: è un’arte impegnata e propositiva, combattiva e conflittuale che non si limita alla presentazione delle attuali contraddizioni, del dramma ecologico e delle ingiustizie socio-economiche ma che indica modelli alternativi all’esistente, a cominciare dall’ecosostenibilità.
Una maniera di porsi non aggressiva ma piuttosto basata sulla solidarietà e l’amicizia, e ben documentata dalla sezione “Meydan” del Public Program, che raccoglie gli incontri: i “lumbung calling” avvenuti nel corso del 2021 tra i diversi partecipanti per progettare la mostra, che danno conto dei valori “lumbung”, quali Local Anchor, Humor, Independence, Generosity, Transparency, Sufficiency, Regeneration.
La mostra dispiega un vasto mondo in fermento, da cui è quasi totalmente escluso quello europeo e nordamericano, che fa del principio assembleare, caro alla controcultura occidentale degli anni Settanta, il suo punto di forza. Apoteosi dell’arte di gruppo e della definitiva caduta di ogni perimetro disciplinare, questa documenta coraggiosa si è conquistata un ruolo di primo piano nella storia della manifestazione tedesca.

Ottobre 2022