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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Memoria e conflitto nel teatro di Rabih Mroué

Marzia Failla
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Indagare il potere immateriale delle immagini nella cultura contemporanea e la narrazione mediatica come forme di controllo politico per, al contrario, ideare spazi performativi di decostruzione del sapere, con cui svelare memorie eclissate sui conflitti nel Mediterraneo, grazie alla condivisione dell’atto artistico.
La pratica di Rabih Mroué (1967, Beirut) è quella di un artista polivalente che agisce nell’ambito dell’interstizio esistente tra performance, teatro e arti visive; attraverso l’impiego di media eterogenei - come il video, l’installazione, il materiale d’archivio, la fotografia, la performance e la scrittura - e grazie alla continua contaminazione tra linguaggi diversi, l’artista realizza un’incessante rilettura della memoria della guerra in Medio Oriente e in Libano, dando forma all’oblio e alle sue tracce.
La sua attività artistica si è nutrita del versante di ricerca che egli ha sviluppato nel corso degli ultimi anni, con la rivista TDR - The Drama Review, con la fondazione nel 2005 del Beirut Art Center (1) e con la collaborazione scientifica con il Centro Internazionale di Ricerca: Interweaving Performance Cultures della Freie Universitat di Berlino tra il 2013 e il 2014, solo per citare alcune delle esperienze più rilevanti.
Mroué, avendo vissuto sulla propria pelle le ferite della guerra civile in Libano tra il 1975 e il 1990 e del conflitto con Israele fino al 2006, così come la crisi sul confine con la Siria, ha a partire da queste esperienze personali e politiche costruito una costante riflessione sul potere del teatro e dell’immagine attorno a questi temi.
Tramite multiformi orientamenti performativi e intermediali ha saputo interrogare le complesse tematiche riguardanti migrazioni, conflitti, memoria culturale e identitaria, in relazione alla storia contemporanea del Medio Oriente e a quella del suo paese di origine, si pensi a lavori come Looking for a Missing Employee (2003), How Nancy Wished That Everything Was an April Fool's Joke (2007) (2) e Three Posters (2000-2004) (3).
Ad esempio, in Looking for a Missing Employee egli ha analizzato in chiave documentaristica un evento reale, avvenuto nel 1996 in Libano, e  che ha visto la scomparsa di un dipendente del Ministero delle Finanze a Beirut, in circostanze piuttosto sospette e non del tutto chiarite; in How Nancy Wished That Everything Was an April Fool's Joke, realizzato insieme all’artista e scrittore libanese Fadi Toufic, ha riflettuto sulla guerra civile in Libano, esaminando l’arco temporale compreso tra l’aprile del 1975 e il gennaio del 2007 e raccontando il conflitto grazie all’ausilio testimoniale di quattro personaggi - Ziad Antar, Hatem Imam, Lina Saneh e Rabih Mroué stesso - i quali, poiché appartenenti a differenti fazioni partitiche, ne hanno ripercorso da dissimili punti di vista alcuni momenti salienti da loro vissuti in prima persona; in Three Posters, performance ideata e realizzata insieme allo scrittore e giornalista libanese Elias Khoury, ha presentato tre distinte testimonianze fornite da Jamal al-Sati - appartenente al Fronte di Resistenza Nazionale Libanese - le quali mostravano la discrepanza esistente tra le notizie sulla guerra trasmesse dall’emittente televisiva libanese e quelle riportate dal giovane ventitreenne Jamal al-Sati.
Arrivando alle sperimentazioni più recenti, nell’ambito del Roma Europa Festival 2025 l’artista ha presentato, insieme alla grande coreografa belga Anne Teresa De Keersmaeker (4), il lavoro intitolato A little bit of the moon (5), andato in scena con una prima nazionale l’8 e il 9 settembre 2025 presso il Teatro di India di Roma e inoltre, Make Me Stop Smoking e Before Falling Seek the Assistance of Your Cane, rappresentati rispettivamente il 12 e 13 settembre 2025 presso la sede del Mattatoio La Pelanda, nell’ambito del Festival di Arti Performative Short Theatre di Roma di quest’anno.
Questa selezione di lavori ha offerto un’interessante fotografia sull’attività dell’artista che, interdisciplinarmente, si muove tra territori diversi, avvicinandosi alla danza e alla musica come in A little bit of the moon, ma rimanendo anche ancorato ai suoi interessi di ricerca come in Make Me Stop Smoking e in Before Falling Seek the Assistance of Your Cane.
Come si evince già dai citati lavori dell’artista, la dimensione biografica e la micro-storia personale continuano a guidare il suo lavoro, “geolocalizzato” sulla realtà politica del bacino del Mediterraneo e sulle sue più complesse conflittualità.
Eppure il racconto personale, pur presentandosi come un abbrivio creativo, si inserisce in un più ampio spettro di indagine, facendo arrivare la sua ricerca a configurarsi come una nuova risignificazione che simultaneamente sovrascrive ricordi, testimonianze e documenti, tentando un distanziamento dall’univoca narrazione biografica.
E proprio nel lavoro presentato nell’ambito di Short Theatre 2025 Make Me Stop Smoking (2006) è stato dato spazio, uno spazio inedito, alla memoria del Libano contemporaneo.
Nel 1986 Mroué ha iniziato a collezionare materiali come ritagli di giornale, fotografie, appunti, con il fine di costituire un archivio personale: un archivio dal carattere non istituzionale e non organizzato metodologicamente (6).
Egli ha indagato, a partire da queste testimonianze fotografiche, video o personali, il processo di costruzione e decostruzione della memoria collettiva sulla guerra e l’incidenza della memoria traumatica nell’interazione con i processi di archiviazione collettiva, analizzandone le deviazioni che essa può compiere alimentata dall’esperienza del trauma, della rimozione o anche della condivisione mass-mediale.
L’attenzione al rapporto tra autenticità e finzione, soprattutto in relazione ai processi legati alla comunicazione mediatica, costituisce infatti un nodo particolarmente sensibile nella ricerca di Mroué.
A tal proposito egli ha definito le sue performance “non academic lectures” e Make Me Stop Smoking ne è stata un esempio: nonostante essa di primo impatto potesse somigliare a una vera e propria conferenza accademica, in realtà si è situata in un territorio ibrido tra comunicazione e rappresentazione teatrale, con cui la pièce ha abbandonato la scientificità della divulgazione e ha piuttosto insistentemente sollecitato il crinale tra realtà e finzione delle informazioni fornite, costruendo un canale tramite il quale stimolare il libero dibattito attorno agli specifici temi presentati.
Nel corso di Make Me Stop Smoking Mroué sedeva a una cattedra e, attraverso il suo computer, setacciava foto, video e documenti che proiettava al pubblico tramite un grande schermo (7); come ha specificato l’artista stesso in un’intervista: “Una delle caratteristiche principali della conferenza non accademica è la sua flessibilità. Mi libera dal mercato, mi libera da qualsiasi autorità che mi sovrasta. Sono libero di fare quello che voglio, dove voglio: in un teatro, in una casa, in una sala, in un centro d'arte” (8).
Per mezzo di questo scardinamento in Make Me Stop Smoking l’artista è riuscito a rovesciare, attraverso la performance, il principio della conferenza, operando uno slittamento tra realtà e immaginario e sfidando la funzione sociale del teatro.
La memoria della guerra, la sua riconfigurazione e rappresentazione sono state affrontate dall’artista, in parte similarmente, nella performance Riding On a Cloud, in cui compare suo fratello Yasser in qualità di performer; mantenendo la formula della conferenza, Mroué ha interrogato il funzionamento della memoria ferita dall’esperienza della guerra, a partire dalla testimonianza familiare riguardante suo fratello: Yasser fu ferito da un colpo di pistola all’età di ventitré anni durante la guerra civile libanese e questo traumatico evento lo portò a perdere l’uso della parola.
In questo lavoro la memoria privata si è intrecciata con quella collettiva, cosicché il racconto intimo sfumasse i propri confini e la storia familiare dell’artista potesse arrivare a congiungersi, simbolicamente, con altri infiniti racconti dell’intero popolo libanese martoriato da anni di conflitto. E infatti Yasser ha in realtà operato un distaccamento dalla propria storia: avendo parzialmente recuperato l’uso del linguaggio, egli ha interpretato un personaggio altro da sé e non sé stesso, si è discostato dalla sua stessa storia per osservarla dall’esterno.
La micro-storia personale ha permesso di immaginare un ponte tramite il quale arrivare a problematizzare l’intero macro-contesto politico libanese e, in secondo luogo, porre l’accento sulla sensibile azione della memoria individuale in relazione a temi storico-politici di grande impatto. In Riding On a Cloud, così come in Make Me Stop Smoking, “[…] l’opera apre un campo figurale in cui il trauma si fa immagine e si dà a vedere” (9).
La “messa in immagine” (10), figurale e immateriale, del trauma della guerra si ritrova nel secondo lavoro presentato per Short Theatre 2025: nella lecture non accademica Before Falling Seek the Assistance of Your Cane (2020) Mroué ha utilizzato il racconto di un episodio da lui provocato, in cui un manifesto diffuso presso il Centro per l’Arte Contemporanea Kunstverein di Salisburgo avvertiva dell’arrivo di un raid aereo, al punto che la notizia giunse alla polizia locale la quale proseguì con l’evacuazione della sede espositiva (11).
L’intera azione ha costituito il nucleo di discussione della performance Before Falling Seek the Assistance of Your Cane, che ha portato l’artista ad interrogarsi sul potere dell’arte contemporanea di porsi in dialogo con la realtà sociale e di sfidarne la responsività collettiva.
Ancora una volta, in Before Falling Seek the Assistance of Your Cane l’osservazione dell’arbitraria manipolazione dell’informazione è risultata centrale poiché la performance di Mroué ha dato forma ad un luogo antropologico e di denuncia del ruolo dell’immagine nella cultura massmediale contemporanea.
Emblematico a tal proposito è stato anche il lavoro intitolato The Pixelated Revolution (2011), presentato a Documenta 13 a Kassel nel 2012 e che si è costituito come la continuazione del precedente Three Posters: la rivoluzione siriana del 2011 si è presentata come un campo di indagine per l’artista, con cui questionare il ruolo dell’immagine nel diffondere la comunicazione sul conflitto, il rapporto tra immagine e autenticità e i meccanismi di estetizzazione e an-estetizzazione alle immagini della violenza. La diffusione delle immagini della violenza da parte dei manifestanti che si sono opposti al regime di Bachar Al-Assade, che ne hanno fotografato personalmente gli episodi di violenza diffondendoli su tutti i social media, ha costituito un corpus documentario alternativo rispetto all’informazione ufficialmente diffusa dal regime.
La selezione dell’immagine, la sua proiezione, la sua ripetizione durante la performance The Pixelated Revolution vuole stimolare, da parte dell’artista, la reiterazione dell’analisi nel pubblico, con l’idea che a ogni ripetizione possa aggiungersi o sfumare un tassello dell’indagine.
Sovvertire la pratica documentaria al fine di stimolare il dibattito, come ha detto l’artista:
“È qui che si pone la questione di come viene scritta la storia di un evento, di un paese o di un periodo. Ciò non significa che tutta la storia sia una narrazione fittizia o che tutta la storia debba essere rifiutata. Allo stesso modo, è importante essere consapevoli del processo attraverso il quale viene costruita. Questo ci permette di comprendere la storia in modo diverso e di accettare la narrazione di chi ci circonda” (12).
Nella pratica di Rabih Mroué, l’intento documentario si dissolve per lasciare spazio a un’ibridazione performativa, attraverso cui si interroga il significato dell’agire politicamente in scena (13).
Le geografie del conflitto del Mediterraneo sud-orientale prendono forma attraverso la materialità effimera del corpo performativo, portatore di una dimensione politica. Come afferma lo stesso artista: “Non c’è via di fuga dal politico” (14).
Sebbene la memoria della guerra appaia talvolta offuscata, essa riaffiora con forza nel teatro di Mroué, imponendosi come presenza irrinunciabile.

Ottobre 2025

1) https://beirutartcenter.org/about/ (accesso il 7 ottobre 2025)
2) A. Lasca, Rabih Mroué. Una pratica tra teatro e arti visive, in «Connessioni Remote», n. 9, 2025, pp. 130-133.
3) C. Elias, On Three Posters 2004 by Rabih Mroué: https://www.tate.org.uk/research/in-focus/on-three-posters-rabih-mroue (accesso il 5 ottobre 2025)
4) La coreografa belga Anne Teresa De Keersmaeker, personalità di primo piano della danza contemporanea internazionale, esplora il legame tra danza e musica e tra geometria e ritmo, oltre che creando progetti con artisti visivi. Ha fondato la sua compagnia Rosas nel 1983 a Bruxelles e nel 1995 ha inoltre istituito, sempre a Bruxelles, P.A.R.T.S. – Performing Arts Research and Training Studios. Tra le sue coreografie più famose: Rosas Danst Rosas e Fase, Four Movements to the Music of Steve Reich.
5) Nel progetto con Anne Teresa De Keersmaeker, Rabih Mroué ha collaborato per la prima volta con la grande coreografa belga: i due artisti hanno affrontato circa dieci mesi di condivisione laboratoriale su temi riguardanti politica e arte, che hanno portato alla definizione della performance coreutico-teatrale A little bit of the moon, specchio di questo momento di connessione tra i due artisti, in una sovrapposizione oscillante tra movimento, scrittura e suono.
6) A. Jones-A. Heathfield, Perform, Repeat, record. Live art in history, Intellect Books-University of Chicago Press, 2012, pp. 278-280
7) A. Lasca, op.cit., p. 129.
8) https://www.moma.org/magazine/articles/905 (accesso il 9 ottobre 2025)
9) R. Boccali, Riconfigurare il trauma: rappresentazione, presentazione, testimonianza, in «Altre Modernità», n. 5, 2022, p. 22.
10) R. Boccali, ibidem, p. 22.
11) La grafica del manifesto ricalcava quella realmente utilizzata dall’esercito americano durante la guerra in Iraq per avvertire la popolazione degli imminenti bombardamenti.
12) T. Abdo-Hanna, Intervista con Lina Majdalanie e Rabih Mroué, marzo 2024:
13) F. Brusa, «Non c’è via di fuga dal politico». Conversazione con Rabih Mroué, in «Altre Velocità», 4 novembre 2022.
14) F. Brusa, ibidem.