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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Gli Events di Merce Cunningham nella contemporaneità tra tutela e trasmissione

Marzia FaillaIcoPDFdownload

L’avanguardia nella danza moderna porta il nome di Merce Cunningham, un nome che risuona forte in tutta la sua innovazione ancora nella contemporaneità. Ricostruire oggi il repertorio del coreografo significa mettere mano su lavori concepiti per essere mutevoli: gli Events cunninghamiani si nutrono della simultaneità di linguaggi differenti - la musica, la danza, le arti visive - che, seppur indipendenti tra loro, coabitano il tempo e lo spazio comune della performance.
Due esemplari rifacimenti sono stati di recente portati in scena e restituiscono la misura dell’attività del Merce Cunningham Trust, ente che si occupa della tutela dell’immenso repertorio del coreografo e conseguentemente del rilascio delle educational e delle professional licensing per le sue riproduzioni (1).
Il Trust ad oggi è composto esclusivamente da persone che hanno danzato nella compagnia del coreografo, si tratta di artisti che hanno vissuto questo specifico repertorio sul loro corpo, che hanno studiato il complesso sistema di notazioni da Cunningham ideato e che sono quindi le esclusive personalità in grado di ricostruire gli Events in tutta la loro complessa interezza.
Cunningham si preoccupò infatti a partire dagli anni Novanta - e in misura maggiore negli ultimi anni della sua vita - di prevedere una tutela per i propri lavori coreografici e di salvaguardare anche tutti i danzatori della sua compagnia: fondò quest’ultima - la Merce Cunningham Dance Company (MCDC) - nel 1953, che rimase attiva fino al 2011; nel 1964 vi si affianca la Cunningham Dance Foundation, con l’intento di gestire gli aspetti amministrativi e finanziari che fino a quel momento erano stati supervisionati dal coreografo in persona.
La fondazione ha avuto attività fino al 2012, anno in cui è stata sostituita dal Merce Cunningham Trust. Però già nel 1999 Cunningham aveva donato una parte del suo archivio, ovvero materiale relativo a circa duecento opere tra coreografie ed Events - e che comprendeva registrazioni, video, film, manoscritti e documenti - alla Jerome Robbins Dance Division della New York Public Library di New York, in più nel 2012 si aggiunse ulteriore materiale video. La collezione di opere d’arte, i costumi e gli oggetti scenici appartenuti alla compagnia sono stati invece acquisiti nel 2011 dal Walker Art Center di Minneapolis. 
La Merce Cunningham Dance Company Collection (MCDCC) comprende decorazioni e costumi creati dai più celebri nomi del panorama artistico - quali Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Rei Kawakubo, Roy Lichtenstein, Ernesto Neto, Frank Stella e Andy Warhol - oltre a documenti, fotografie, disegni, e archivi amministrativi dal 1960 al 2006; si tratta di una collezione che nel suo insieme ha fornito un contesto prezioso per comprendere l'interdipendenza e l'integrazione degli artisti contemporanei nell'opera di Cunningham (2).
Il Merce Cunningham Trust si occupò di redigere il Living Legacy Plan a partire dal 2008, ovvero un documento a cui il Trust e la compagnia si sarebbero dovuti attenere una volta che il coreografo sarebbe scomparso. Questo documento si configurò come un testamento pubblico, ha tuttora valore e servì soprattutto nel gestire la fase successiva alla morte del coreografo, avvenuta nel 2009, con il chiaro fine di tutelare i danzatori della compagnia nonché il repertorio prodotto.
Il Legacy Plan prevedeva un tour mondiale e la chiusura sia della Merce Cunningham Dance Company che della Cunningham Dance Foundation alla fine del tour, l'assistenza finanziaria a tutti i danzatori per la durata di un anno e una campagna di raccolta fondi per finanziare l’intero progetto. La compagnia sarebbe sopravvissuta al coreografo per due anni, tempo che avrebbe permesso ad ogni danzatore di trovare un nuovo impiego presso altre compagnie di danza; le coreografie potevano e possono ancora oggi essere riprodotte, a seguito di una richiesta, dalle istituzioni ritenute idonee secondo il giudizio dei responsabili del Trust.
La compagnia quindi sarebbe scomparsa, ma non il Merce Cunningham Trust; in questo modo si impedì che essa divenisse un gruppo eterogeneo e che l’integrità artistica ne venisse violata dopo la morte di Cunningham, così come era stato per le compagnie di Martha Graham, José Limón, Paul Taylor o Alvin Ailey.
Gli spettacoli del tour mondiale iniziarono nel gennaio 2010 e dopo l’ultimo di questi, avvenuto il 31 dicembre 2011 al Park Avenue Armory di New York, la compagnia come deciso si sciolse. Events, negli oltre cinquemila metri quadrati della Drill Hall del Park Avenue Armory, ha dato spazio a incontri casuali e prospettive inaspettate, i danzatori si muovevano su tre palchi simultanei, eseguendo frammenti di coreografie tratti dal repertorio della compagnia, mentre il pubblico si aggirava nel padiglione come in uno spazio urbano, con un continuo mutare di prospettive e punti di vista, senza percorsi prestabiliti.
Il Legacy Tour fu di fatto un periodo di transizione per la MCDC, una chiusura senza precedenti che preservò il lavoro in formato digitale: il Legacy Plan comprendeva infatti anche la creazione di una serie di cinquantotto Dance Capsules digitali, ciascuna contenenti le informazioni relative a una coreografia tra cui la scheda tecnica per le luci, indicazioni sulle scenografie, sui costumi e così via, e fornì persino borse di studio per la transizione professionale agli artisti che hanno dedicato alla visione finale di Cunningham un periodo prezioso della loro carriera.   
Il sito del Trust espone i valori che vengono perseguiti:
Our mission is to carry Merce Cunninghams legacy into the future.
Engage.
We are committed to engaging with every community through creating and sustaining an environment of belonging and inclusion.
Preserve.
We preserve the recorded and physical works of Merce Cunningham and the Merce Cunningham Dance Company.
Maintain.
We offer classes and workshops in Cunninghams technique, repertory, and choreographic methods to dancers and the public, keeping interest and practice alive.
Share.
Through licensing and supporting research, we continue to share Merce Cunninghams work.’ (3)
 
Cunningham strutturò, grazie al suo genio creativo, l’idea di Event in maniera completamente nuova, intendendolo come una performance senza soluzione di continuità, costituita da brani di danza tratti dal repertorio e da nuove sequenze arrangiate appositamente per l’occasione e il luogo specifico, con la possibilità che attività distinte venissero eseguite simultaneamente. Si trattava quindi della summa di estratti di coreografie differenti che potevano essere rappresentate senza scenografie o costumi specifici, avvalendosi di spazi non convenzionali e questo secondo il coreografo conduceva: ‘non tanto a una serata di danza ma all’esperienza della danza’ (4).
Il primo Event cui ci si vuole riferire è avvenuto in un contesto formativo come quello dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma dove gli studenti-danzatori della scuola di contemporaneo, grazie al lavoro con il coreografo Robert Swinston, hanno ricreato Changing Steps - Event: ‘da eseguire in qualsiasi ordine, in qualsiasi spazio e in qualsiasi combinazione’ e che è andato in scena presso il Teatro Grande dell’Accademia nelle serate del 29-30 giugno e 1 luglio 2022.
L’Accademia Nazionale di Danza di Roma, istituto di alta formazione coreutica, in più occasioni ha avuto l’onore di riportare in scena il repertorio di Merce Cunningham. Negli ultimi anni ha per ben tre volte ottenuto la licenza dal Trust per ricostruire alcuni brani del repertorio del maestro: nel 2014 si è trattato di Scramble, una coreografia ‘sulla potenza dei corpi’, nel 2021 è stato ricostruito un Event che riproponeva differenti lavori e nel 2022 si è trattato del celebre Changing Steps - Event, questi ultimi entrambi ricostruiti sotto la sapiente direzione artistica del maestro Robert Swinston.
Swinston è oggi una figura chiave, coreografo che si pone come anello di congiunzione tra l’eredità del repertorio Cunningham e la trasmissione dello stesso alle nuove generazioni di danzatori-performers; egli, oltre ad aver danzato con la Merce Cunningham Dance Company, è stato assistente alla coreografia di Cunningham per più di vent’anni,  in particolare all’interno della MCDC succedette a Chris Komar che gli insegnò come studiare le complesse notazioni cunninghamiane, attraverso la modalità con cui le aveva concepite e strutturate il coreografo, cioè come un sistema basato su segni grafici e frecce che indicavano gli arti sia superiori che inferiori del corpo e le loro direzioni di movimento nello spazio - e oggi è un componente del Trust. Dal 2009 e cioè dalla morte del coreografo Robert Swinston è entrato a far parte del Trust, nel quale dal 2012 ricopre il ruolo di Direttore alla coreografia e inoltre è colui che ha ricomposto il repertorio nell’ambito del citato Legacy Tour, compresa la performance conclusiva del Park Avenue Armory Events.
Le notazioni sono state fondamentali poiché costituiscono il modo con cui il repertorio si è incominciato a diffondere; è in effetti impossibile ricostruire una coreografia della MCDC senza possedere le conoscenze per comprendere le notazioni. Inoltre, a complicare la situazione, bisogna considerare che dal 1992 Cunningham incominciò a usare il computer, continuando al contempo la pratica delle operazioni casuali - attraverso il lancio di monetine e usando il libro dei Ching - per decidere il numero di danzatori e le loro interazioni in relazione a tempo e spazio, includendo una buona dose di sorpresa nei propri lavori e inducendo i suoi danzatori a lavorare cerebralmente, oltre che fisicamente, in una commistione di vecchio e nuovo che rende le produzioni degli anni Novanta e seguenti sempre più complesse da interpretare e re-interpretare.
Con Changing Steps - Event l’Accademia romana si è confrontata con uno dei repertori tra i più complessi della danza e i danzatori inclusi nel progetto si sono dovuti scontrare necessariamente con l’indeterminatezza creativa, uno dei punti principali nel lavoro del coreografo americano.
La coreografia originale di Changing Steps è composta da dieci assoli, cinque duetti, tre trii, due quartetti e due quintetti. Le danze possono essere eseguite in sequenza, una dopo l'altra, oppure sovrapposte. La coreografia è stata eseguita per la prima volta nel 1973 alla Brooklyn Academy of Music, su musiche di David Behrman, John Cage, Gordon Mumma e David Tudor e costumi disegnati da Charles Atlas; è stato poi eseguito per la prima volta come danza di repertorio nel 1975 alla Detroit Music Hall, su Cartridge Music di John Cage e nuovi costumi di Mark Lancaster; in più ne è stata realizzata un’opera video nel 1989 da Elliot Caplan.
Robert Swinston, avvalendosi delle notazioni del maestro e fornendo ai danzatori i codici di accesso per la visione delle dance capsules, ha ricostruito questo complesso repertorio adattandolo al numero di artisti disponibili, allo spazio del Teatro Grande dell’Accademia e alle settimane di prove previste per la ricostruzione. Una preparazione che si è configurata indipendente rispetto al lavoro musicale. E per quanto riguarda le scenografie vale lo stesso principio: dato che queste non sono mai previste dal coreografo per avere una funzione narrativa o didascalica, nella riproduzione dell’Accademia addirittura non sono state riproposte e ciò non ha affatto alterato la restituzione del repertorio, non si è trattato di una rinuncia quanto piuttosto di una possibilità aperta.
La separazione che avviene tra le arti è intenzionale ed è proprio in questo aspetto che si coglie la vicinanza di queste idee con la nozione di happening: gli Events si nutrono dell’eterogeneità del contesto nei quali vengono realizzati e, se si volge lo sguardo indietro alle esperienze performative presso il Black Mountain College (1933-1957), già in Theater Pièce N. 1 - Untitled Event del 1952, gli artisti coinvolti agirono nella condivisione di un momento dal quale è scaturita, per mezzo dell’aleatorietà, l’azione performativa (5).
L’uso di linguaggi artistici differenti in Changing Steps - Event, la danza e la musica in questo caso, ha posto gli interpreti in uno spazio di condivisione e di espressione e così sulla scena si sono costruite scene contestuali, in un gioco consapevole di lavoro partecipativo e indipendente, attraverso una sottolineatura strutturata delle premesse che permettono di costruire un Event in tutte le sue potenzialità. Per cui nella trasmissione di un repertorio così mutevole l’aspetto partecipativo ha creato una certa e volontaria ambiguità, sfiorando il tema della co-autorialità, abbracciando più linguaggi e in sé la nozione più pura di happening. Torna qui la fascinazione per la cultura orientale, ma anche il pensiero dadaista, che ha influenzato la carriera di Cunningham, dando vita a incontri basati sull’unione di tutte le arti e sull’unione di arte e vita. In Changing Steps - Event è stato ricostruito proprio ‘il processo del fare’ del coreografo (6).
Nelle performance cunninghamiane è la scena che decide. Il caso determina il rapporto tra suono e immagine, indipendentemente da significati precostituiti. Robert Swinston in questa ricostruzione dell’Accademia ha portato in scena una danza libera dalla musica e dall’immagine; ne è derivato un senso di responsabilità affidato ai giovani danzatori, non obbligati a seguire un ritmo e una partitura coreografica rigidamente fissata, così come non legati a un significato interpretativo da trasmettere in dialogo con un contesto scenografico. Cunningham pone i suoi danzatori - ancora nelle infinite variabili del suo repertorio nella contemporaneità - in una posizione di ascolto ben più ampia, in cui subentra l’autorità degli esecutori esattamente accanto a quella del coreografo.
‘Essere da soli insieme nel mondo di Cunningham’ (7), una frase incisiva che si può applicare alle discipline coinvolte nell’azione performativa. Per Cunningham è sufficiente la danza, la danza come arte autonoma, che in piena indipendenza incontra le altre arti, la musica, le arti visive, ma che può non farlo e esistere anche senza che questi incontri si realizzino.
Arte, danza e musica possono essere indipendenti ma condividono un tempo comune. Analizzando Changing Steps - Event si è di fronte a un processo in atto e non a un lavoro finito, in una più ampia azione con cui Cunningham ha a gran voce posto al centro del discorso il movimento del corpo nello spazio, escludendo la predominanza della musica come guida. Una rivoluzione nuova. Changing Steps - Event non porta con sé un significato, l’unico elemento misurabile fenomenologicamente è la durata, lo spazio ideale della performance, unico elemento che danzatori e musicisti condividono. Qui si rifiutano le architetture spaziali ideate da Rauschenberg per numerosi lavori del coreografo, e quest’assenza rende ancora più complesso il compito affidato ai danzatori che si sono interfacciati con una maglia invisibile eppure esistente che li accomunava.
L’esperienza di Swinston all’Accademia di Roma ha permesso di ricreare un repertorio complesso, eterogeneo e che ha necessariamente messo i giovani danzatori a confronto con la radicalità dei principi cunninghamiani: l’uso anticonvenzionale dello spazio, la dissociazione del movimento dalla musica, la pratica del chance method, lo studio delle dance capsules hanno condotto alla ricostruzione di una scenografia vivente, nella suggestiva cornice del Teatro Grande dell’Accademia. La preparazione dell’Event è avvenuta senza l’ausilio della musica, in assoluto silenzio. L’incontro tra movimento e suono si è realizzato in scena la sera dello spettacolo. E gli ‘incontri’ tra i danzatori nell’ambito del tessuto coreografico, determinati grazie alla pratica del caso, sono variati di prova in prova configurandosi come sempre nuovi, ignoti ai performers, non prevedibili e controllabili. Il corpo umano è lo strumento che Cunningham sceglie e anche i corpi dei giovani danzatori, dopo solo sei settimane di prove, hanno interiorizzato un tempo comune, quello che ha stabilito il timing di ogni sequenza e quindi la durata complessiva della performance.
Il secondo rifacimento ha sapientemente avuto luogo nel prestigioso contesto della Biennale di Venezia, dove è stato ricostruito The Event e riprodotto il 31 luglio 2022, a distanza di cinquant’anni dal celebre Piazza San Marco Event del 14 settembre 1972 (quest’ultimo già riproposto alla Biennale di Venezia del 2014 con la mostra LIdea del Corpo. Merce Cunningham, Steve Paxton, Julian Beck, Meredith Monk e Simone Forti dallArchivio della Biennale 1960-1976, curata da Virgilio Sieni, direttore del Settore Danza e del 9.Festival Internazionale di Danza Contemporanea, con la collaborazione dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee) (8).
L’Event di quest’anno è nato dalla collaborazione tra l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC), la Biennale College Danza e il Merce Cunningham Trust. L’omaggio al coreografo americano concepito da Wayne McGregor si è configurato come una ‘performance itinerante’ con i danzatori che, a partire da Sant’Elena attraverso delle piattaforme galleggianti, sono approdati all’interno dell’Arsenale a conclusione della performance. Anche in questo caso si è riproposto un Event nella vera accezione cunninghamiana del termine, ovvero una sequenza ininterrotta di estratti da venti coreografie - comprese quelle del Piazza San Marco Event del 1972 - interpretati dai sedici danzatori della Biennale College e ricreato per l’occasione da Daniel Squire e Jeannie Steele, entrambi ex danzatori della Merce Cunningham Dance Company, su musica di Jlin eseguita dal vivo e costumi di Matthieu Blazy per Bottega Veneta, il tutto sulla scia di quelle collaborazioni e interconnessioni da sempre sperimentate tra le arti e il coreografo.
Si è trattato di un duplice omaggio a Cunningham, che ha visto anche la proiezione del Craneway Event, ritratto cinematografico realizzato dall’artista Tacita Dean nel 2009 che ha documentato tre giorni di prova della compagnia in un ex stabilimento di assemblaggio della Ford a Richmond, in California (9): Cunningham compare in carrozzella mentre consulta le sue notazioni, parla con i danzatori, rivede con loro le entrate, le uscite, ‘organizza’ lo spazio - non attraverso un unico punto di convergenza ma tramite infinti punti di eguale valore prendendo in prestito dalla pittura la creazione di molteplici punti di vista differenti (10) - sceglie le direzioni e la velocità dei movimenti, con il rigore e l’oggettività che lo hanno contraddistinto. Craneway Event di Tacita Dean è realizzato con camere fisse e rifugge i ritmi serrati e istantanei che l’epoca del digitale impone. Il controluce nell’immensa fabbrica, la baia di San Francisco all’esterno, le lunghe pause, la bellezza del rapporto tra Cunningham e i suoi danzatori, la lucidità nelle correzioni, portano lo spettatore dentro il tempo reale delle prove.
Queste esemplari esperienze contemporanee non possono non far pensare alla prepotente attualità che il lavoro di Merce Cunningham manifesta ancora oggi, soprattutto se letto e interpretato in collegamento con l’originaria lezione madre da cui queste ricerche derivano, ovvero il primo happening - Theater Pièce N. 1 - avvenuto al Black Mountain College nel 1952 (11). Danza e musica attuano una ‘collaborazione temporale’, ma non di intenti. Cunningham precorre gli eventi collaborativi, le giustapposizioni, oggi comuni. Eppure egli non ha mai usato la parola happening per definire i suoi events, piuttosto si è riferito all’idea di collaborative theatre event, poiché la relazione col pubblico avviene per deduzione ma non è parte della performance.
Tutela e trasmissione del repertorio si intrecciano in questi rifacimenti che dalla storia del College americano hanno estrapolato una delle lezioni più incisive.
La simultaneità di discipline differenti porta alla creazione di un nuovo linguaggio nel quale si assottiglia la distanza tra scena e performance, quindi tra arte e vita: l’arte non è oggetto. L’arte è nel processo. L’arte è l’evento stesso.
Forse gli Events di Merce Cunningham sono proprio questo, dei ready-made della memoria del movimento, della memoria del corpo. Cellule coreografiche che si combinano nuovamente tra loro, secondo operazioni casuali, per diventare oggetti altro da sé, lontani e differenti dal concept coreografico da cui provengono, fino ad assumere significati nuovi, diversi, unici.

Gennaio 2023

1) M.Fulloni , “I diritti d’autore e la danza, il caso di Merce Cunningham”, in, Mania P. e Vesperini G., Il copyright nellera digitale. Problematiche e casi di studio, Roma, Round Robin, 2020, pp. 27-30.
2) S.Franco, “Archiviare il futuro. I lasciti di Pina Bausch e Merce Cunningham”, in, Danza e Ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni, anno VI, 5, 2014, p. 99.
3) Merce Cunningham Trust: http://www.mercecunningham.org
6) V.Valentini, Mondi, Corpi, Materie. Teatri del secondo Novecento, Milano, Mondadori, 2007, p. 61.
7) A.Macaulay, “Being Alone Together in Cunningham’s World”, in, The New York Times, Dance, 8 dicembre 2008: https://www.nytimes.com/2008/12/09/arts/dance/09merc.html 
8) ASAC Archivio Storico delle arti contemporanee, L’Idea del Corpo: Merce Cunningham, Steve Paxton, Julian Beck, Meredith Monk e Simone Forti dall’Archivio della Biennale 1960-1976, Venezia, La Biennale, 2014.
9) T. Dean, Film Works with Merce Cunningham. Merce Cunningham performs Stillness (Six Performances, Six Films), 2008. Craneway Event, 2009, Gottingen, Steidl, 2009.
10) M. Cunningham, Il danzatore e la danza. Colloqui con Jacqueline Lesschaeve, Torino, E.D.T., 1990.
11) R.Goldberg, Performance Art. From Futurism to the Present, Londra, Thames and Hudson, 2011.