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arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Parte II. Dalle mostre temporanee all’istituzione del museo nel ‘sistema’ Castel Sant’Elmo
Brunella Velardi
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Seguendo il percorso avviato con l’ultimo numero di questa rivista (1), si ricostruisce qui la storia espositiva e la politica culturale di Castel Sant’Elmo a partire dalla fine degli anni ’80 e del museo Novecento a Napoli, nato nel 2010, mettendone a fuoco gli aspetti di connessione e interdipendenza rispetto alle vicende cittadine. Ne emerge l’immagine di un luogo in divenire, spazio di sperimentazione per le ricerche più recenti e potenziale centro di documentazione sulle emergenze dell’arte contemporanea del territorio.
Come si vedrà, infatti, attraverso lo studio delle mostre e delle corrispondenze conservate in archivio, nella politica espositiva attuata a Castel Sant’Elmo – dove dal 2010 ha sede il museo – è possibile rintracciare una duplice linea di sviluppo: da un lato mostre personali di artisti italiani e napoletani o attivi a Napoli, che si sono proposte come momenti di approfondimento di specifiche ricerche, dall’altro alcune mostre ‘di ricognizione’, che hanno avuto il merito di mettere in luce lo stato dell’arte nel campo delle esperienze artistiche in un arco temporale definito. È in particolare da questa seconda tipologia espositiva che ha origine il museo, la cui collezione da quelle esposizioni ha tratto il suo impianto teorico-metodologico, suggerendo possibilità di sviluppo nella prospettiva di una documentazione a più ampio raggio.

Dalle mostre temporanee al Museo Novecento a Napoli: le collezioni di Castel Sant’Elmo
Gli anni trascorsi tra la prima manifestazione della volontà di istituire un museo dell’arte contemporanea a Napoli e la sua effettiva realizzazione sono densi di avvenimenti. All’intensa attività espositiva promossa dal polo museale napoletano, le cui mostre d’arte contemporanea furono in gran parte organizzate nella prospettiva di costituire collezioni permanenti (2), si affiancano una sempre maggiore apertura della città alle ricerche contemporanee, l’inaugurazione di nuove sezioni museali e nuove gallerie. Occorre, qui, tentare di ricucire una narrazione discontinua, di cui si possono seguire le tracce intermittenti disseminate nell’arco di oltre vent’anni. Nel 1986, l’allora Soprintendente ai Beni Artistici e Storici Nicola Spinosa dichiarava: «[…] si è definito un programma di mostre che prevede, almeno fino al 1992, due iniziative all’anno per il settore dell’arte antica e quattro interventi minori per l’arte contemporanea (questi finalizzati alla costituzione, nel Museo di Capodimonte e a Castel Sant’Elmo, di due sezioni destinate al settore)» (3).
Eppure, l’attenzione della Soprintendenza al contemporaneo segue sviluppi e ritmi diversi. Mentre infatti al Museo di Capodimonte l’apertura alle esperienze artistiche di respiro internazionale si avvia dagli ultimi decenni del Novecento con modalità che, pur con alcune differenze, proseguono ancora oggi su quella medesima impostazione improntata al dialogo con le gallerie private e, a più riprese, all’interpretazione dello spazio museale attraverso i nuovi interventi, la documentazione dell’arte a Napoli sembra procedere secondo un disegno più frastagliato, almeno fino alla costituzione della collezione Novecento a Napoli.  In questa chiave si può leggere la presenza di un nucleo di opere di artisti napoletani a Capodimonte (Perez, Lippi, Spinosa, Guido Tatafiore, Barisani, Pisani, Del Pezzo, Di Ruggiero, Persico), in una piccola sezione costituitasi in seguito alla mostra Fuori dall’ombra, tenuta nel 1991 peraltro proprio a Castel Sant’Elmo, quando ancora appariva lontana l’ipotesi di una nuova sede museale appositamente dedicata (4). E invece, nel 1997, una donazione alla Soprintendenza di quattro opere di Carlo Alfano, Gianni Pisani ed Ernesto Tatafiore da parte della Società Sofinpar (5) “per il costituendo Museo d’arte contemporanea di Castel Sant’Elmo”, la cui apertura era però ancora di là da venire. Mentre dai primi anni Duemila, le riflessioni sulla destinazione dell’imponente fortezza da restituire alla città attraverso la politica culturale di quella che nel frattempo era diventata la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo museale della Città di Napoli, avevano condotto alla scelta di ricucire lo strappo tra la storia del sito, abbandonato per decenni, e la contemporaneità, aprendo i suoi ambienti monumentali alle ricerche artistiche recenti. Scelta che si era concretizzata, da un lato, nell’inaugurazione di una intensa stagione espositiva, dall’altro nell’acquisizione di opere e installazioni permanenti per gli spazi del castello realizzate da artisti italiani la cui ricerca era già consolidata (6).
Sembrava, in effetti, che altre possibilità si stessero prospettando per la documentazione delle arti a Napoli in un nuovo museo, almeno sul piano delle interlocuzioni istituzionali. Passaggi, questi, dei quali darà conto Spinosa nella premessa al catalogo del museo Novecento a Napoli, in cui sulla questione della sede sembrano gravitare i nodi di più ardua risoluzione (7). Una più chiara visione del succedersi degli eventi è data, invece, dall’osservazione del taglio delle mostre, che consente di individuare le linee di sviluppo sulle quali gradualmente si definisce l’identità museale. È necessario dunque esaminare alcuni cruciali momenti espositivi, per ripercorrere la genesi delle collezioni di Castel Sant’Elmo.
Se, tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima degli anni Ottanta – quando ancora Castel Sant’Elmo è interessato da lavori di recupero funzionale – si susseguono a Villa Pignatelli, anch’essa sede museale afferente alla Soprintendenza, mostre personali di artisti, in particolare pittori e scultori, nati tra gli anni Dieci e gli anni Trenta del Novecento, sempre più spazio vi troveranno invece, dagli anni Ottanta e fino ad oggi, le ricerche nel campo della fotografia. Gli anni Novanta vedono una programmazione più rarefatta sul fronte dell’arte contemporanea, in cui non mancano però alcune occasioni particolarmente significative: la già citata Fuori dall’ombra, su cui si ritornerà poco più avanti e che a Castel Sant’Elmo segue una personale di Mimmo Jodice (8), mentre nella metà del decennio si concentrano pochi altri episodi: a Villa Pignatelli Mimmo Jodice nel 1994, Luciano Caruso e Mimmo Paladino nel 1995, Luigi Mainolfi nel 1996; a Capodimonte Enzo Cucchi e ancora Jodice nel 1996 precedono l’apertura della Sezione Arte contemporanea alla fine dell’anno (9).
È a partire dal Duemila che, mentre Villa Pignatelli si connota sempre più come “Casa della Fotografia”, Castel Sant’Elmo, ormai collaudato come sede espositiva, assume anch’esso una più definita fisionomia (10) di luogo deputato all’arte contemporanea napoletana e italiana. Qui, il taglio delle esposizioni, susseguitesi tra gli ambulacri interni, la Piazza d’Armi e il piano terra del Carcere Alto, vira presto in maniera sempre più esplicita e con poche eccezioni, verso due specifiche direttrici: la documentazione dell’attività artistica a Napoli, con particolare riferimento a quanto avviene negli ultimi decenni; l’attenzione verso le ricerche delle nuove generazioni.
Mentre quest’ultima linea di intervento, come si vedrà, si è costituita fin dal principio come carattere distintivo della politica culturale di Castel Sant’Elmo, la prima si poneva fra l’altro in continuità con una serie di esposizioni tenute, fino ad allora, negli spazi di Villa Pignatelli, che avevano accolto, oltre a mostre personali di importanti artisti viventi italiani e stranieri, alcune significative rassegne incentrate proprio sull’arte a Napoli nel secolo che si andava concludendo. Tra queste, In margine. Artisti napoletani fra tradizione e opposizione 1909-1923 (11), curata da Mariantonietta Picone Petrusa, che proseguirà nella curatela di altre esposizioni di taglio cronologico in diverse sedi napoletane, e L’impassibile naufrago. Le riviste sperimentali a Napoli negli anni ’60 e ’70 (12), curata da Stelio Maria Martini, entrambe del 1986. L’urgenza di ricostruzione di contesti entro archi cronologici prefissati, tesa a documentare un passato assai prossimo quando non l’attualità, trova dunque spazio nella nuova sede di Sant’Elmo con significativi momenti di studio e di ricognizione preliminare che sarebbero poi sfociati nell’istituzione del museo. Il primo di questi, rappresentato dalla mostra Fuori dall’Ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal 1945 al 1965 (13), registrava gli sviluppi dell’arte, del cinema, della fotografia, del teatro, della musica e dell’architettura con riferimento alle realtà pubbliche e private che ne erano state promotrici. Lo sforzo di un’indagine ad ampio raggio sullo stato dell’arte nel ricco quanto delicato panorama del secondo dopoguerra andò di pari passo con il primo riconoscimento ufficiale, sebbene tardivo, di quanto di innovativo era stato prodotto a Napoli in quel periodo. Dieci anni più tardi, Castelli in aria. Arte a Napoli di fine millennio (14) rivolgeva lo sguardo ai galleristi che più si dimostravano aperti, in quel giro d’anni a ridosso del nuovo millennio, alla prospettiva internazionale, favorendo l’interazione tra il contesto campano e quello europeo e statunitense e raccogliendo l’eredità di quelle esperienze che avevano fatto di Napoli un centro catalizzatore per l’arte contemporanea soprattutto negli anni Ottanta. Con un dichiarato intento esplorativo verso le future possibilità del luogo, l’allestimento di opere di napoletani e stranieri negli ampi ambienti interni mirava a valorizzare le potenzialità di quegli spazi antichi, sperimentandone l’adattabilità al dialogo con il contemporaneo (15).
Nel corso del decennio, come si accennava, diverse saranno le occasioni che ventileranno l’ipotesi di un riconoscimento istituzionale a quanto in campo artistico era stato prodotto a Napoli nel corso del XX secolo, dall’apertura del museo Madre alle rinnovate riflessioni sulle sorti della Galleria dell’Accademia, fino all’acquisizione di Palazzo Roccella destinato a Palazzo delle Arti di Napoli (16). Di qui le ragioni per cui, di realizzare un museo a Castel Sant’Elmo, si tornerà a parlare solo nei tardi anni Duemila, quando la direzione intrapresa dal Madre avrà rivelato un campo di interessi a più ampio raggio e le seconde due ipotesi resteranno di fatto prive di seguito (17). Così, scelti gli spazi del Carcere Alto del castello per l’istituendo museo, certo esigui, ma comunque immediatamente disponibili per una destinazione d’altro canto coerente con quanto si andava prospettando per quella sede, restava da definire una metodologia adeguata a mettere a fuoco e a circoscrivere il più specifico ambito di indagine del nuovo museo.
L’individuazione stessa delle coordinate cronologiche entro cui si sarebbe inscritta la raccolta, fissate per il nucleo iniziale tra il 1910 e il 1980, appare il risultato di un preciso approccio storico-critico – prima ancora che di una coincidenza nella datazione delle opere raccolte – finalizzato a dare il via alla narrazione a partire dal primo significativo slancio in avanti di un gruppo di artisti napoletani rispetto ai modelli ottocenteschi ancora in voga. La prima mostra della cosiddetta Secessione dei Ventitré, tenuta tra novembre e dicembre 1909 (18), dava dunque ragione di avviare il resoconto dal 1910, mentre la data del 1980 coincideva con il tragico terremoto dell’Irpinia, dalle cui macerie nasceva, con l’appello del gallerista napoletano Lucio Amelio rivolto ad artisti di tutto il mondo, la collezione Terrae Motus, inno alla potenza rigeneratrice dell’arte e segno della definitiva apertura della città all’arte contemporanea internazionale (19).
La previsione di un progressivo ampliamento delle collezioni del museo, annunciato già alla sua apertura, avrebbe in seguito portato a dilatarne i confini temporali in direzione della contemporaneità. Nel dicembre 2014 si inaugurava a Castel Sant’Elmo la mostra Rewind. Arte a Napoli 1980-1990, realizzata nell’ambito della rassegna “Costellazione ’80”, che coinvolse sei musei nella ricostruzione del contesto artistico a Napoli in quel decennio cruciale (20). Le esposizioni si configurarono come occasione per una ricognizione diffusa, a conclusione della quale numerose nuove opere sono entrate a far parte della collezione del museo (21), spostandone il limite cronologico al 1990 e giungendo all’esposizione permanente di oltre duecento opere tra dipinti, incisioni, sculture, installazioni e mixed media.
Aperto nel 2010, il museo Novecento a Napoli si configura come trasposizione percorribile del racconto storico-artistico, in cui, in un andamento cronologico, si dipana l’avvicendarsi di poetiche ed estetiche attraverso i decenni. L’allestimento consente infatti, man mano che si procede nella visita, di seguire il taglio storico della collezione, con una selezione di opere realizzate tra il 1980 e il 1990.
Nel corso del tempo, le ricognizioni espositive cui si è fatto riferimento hanno consentito di rafforzare di volta in volta il dialogo tra il museo e le altre realtà di studio e ricerca, di promozione, sia pubbliche sia private, acquisendo progressivamente la fisionomia di un organismo reticolare. L’accademia, l’università, le gallerie e le altre istituzioni museali napoletane e italiane, i curatori e i collezionisti, sono stati gli interlocutori con cui la Soprintendenza ha attivato diverse formule di scambio, tanto nel concretizzarsi del momento espositivo – la raccolta ha potuto avvalersi di prestiti da altri musei italiani, di comodati a lungo termine da collezionisti e di numerose donazioni da parte degli artisti, configurandosi come il frutto di uno sforzo corale (22) –, quanto nel lascito scientifico testimoniato dai saggi in catalogo.
Accanto alla più cospicua raccolta del museo, altre due collezioni sono presenti a Castel Sant’Elmo, differenti per area di documentazione e modalità di acquisizione, ma entrambe caratterizzate dal forte legame che instaurano con il luogo: il nucleo di opere vincitrici del concorso “Un’Opera per il Castello” e quello dei lavori site-specific realizzati da affermati artisti italiani. Se quest’ultimo si alimenta sulla scia dell’impostazione espositiva avviata con le prime mostre della nuova sede (23), fin dalla fondazione del museo si è voluto rafforzare il carattere di Castel Sant’Elmo come istituzione aperta, pronta al dialogo con le espressioni artistiche più giovani, nella prospettiva di colmare il gap temporale tra il termine cronologico della raccolta e l’attualità. A questo proposito si deve, nel 2011, l’istituzione del concorso rivolto alle nuove generazioni di artisti (24), chiamate a confrontarsi con la storia e l’architettura del complesso monumentale. Ogni edizione propone, di anno in anno, linee tematiche diverse, concludendosi con la realizzazione dei progetti site-specific risultati vincitori.
A uno sguardo accorto che si aggiri nel castello, la narrazione si riordina in un percorso che, partendo dalla prima sala del museo, va dai dipinti e dalle sculture postimpressioniste e secessioniste di primo Novecento, vede l’incursione futurista, per riassestarsi sui motivi del ritorno all’ordine, che si infrange sulle rovine del secondo conflitto mondiale per poi ricomporsi nelle esperienze del Movimento Arte Concreta e nella sofferta introspezione dell’informale; che esplode nello sperimentalismo del Gruppo 58, per attraversare le poetiche delle contestazioni giovanile e femminista; che ritrova una primigenia figuratività con la Transavanguardia e si atomizza nella moltitudine di linguaggi e direzioni che prende nell’ultima sala la fine del secolo; per concludersi nelle installazioni disseminate negli spazi esterni del castello, che guarda la città e oltre i suoi confini. In questo percorso si può in fondo ritrovare quello stesso tragitto che, da realtà ‘di coltivata provincia’, ha proiettato Napoli nel mondo del terzo millennio. Le opere che, esposte nelle celle del Carcere Alto raccontano le vicende del secolo scorso, e gli innesti contemporanei che sulle terrazze testimoniano il presente dell’arte, costituiscono allora due anime di Sant’Elmo, protese nella medesima direzione.

Il museo nel ‘sistema’ Castel Sant’Elmo
Acquisizione relativamente recente tra i complessi monumentali affidati alla tutela dell’allora Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici, alla quale passò dal demanio militare nel 1982, Castel Sant’Elmo ha attraversato vicissitudini inscindibili dalla storia dei musei statali della città, accomunati, fino alla riforma Franceschini del 2014, da un’unica amministrazione e da un disegno culturale unitario. Dopo un lungo periodo di abbandono, la fortezza fu interessata da imponenti lavori di restauro che, avviati già dal 1976, si protrassero fino al 1988 (25), accompagnati dal dibattito sulle sorti di un luogo che era stato per secoli simbolo del dominio straniero sulla città e della repressione di istanze popolari e democratiche (26).
Prevalsa la linea del soprintendente Causa, volta a «restituirlo al pubblico beneficio» (27), e una volta ultimato l’adeguamento degli ambienti interni e degli edifici dislocati sulla piazza d’armi, la fortezza fu destinata, tra gli anni Novanta e Duemila, a sede espositiva (28), sotto la direzione prima di Gemma Cautela, poi di Rossana Muzii e, dal 1999, di Angela Tecce. La disponibilità degli spazi appena rinnovati aveva intanto portato, nel 1993, ad alcune scelte particolarmente significative per il futuro di Castel Sant’Elmo. Nello stesso anno vi furono infatti trasferite, da Capodimonte, la Biblioteca di Storia dell’arte “Bruno Molajoli”, alloggiata al piano superiore del Carcere Alto (29), che a partire dal 2017 si è dotata di una sezione dedicata al Novecento a Napoli costituita dai volumi raccolti negli anni intorno alle attività del museo, e la Fototeca, negli ambienti adiacenti la Chiesa di Sant’Erasmo, con la sua ricca collezione di fotografie che documentano il patrimonio artistico dei musei e del territorio a partire dagli anni Trenta e Quaranta del Novecento (30), e la cui attività è strettamente legata a quella del Laboratorio fotografico, in cui oggi si processano le immagini digitali provenienti dalle nuove campagne fotografiche e si digitalizzano positivi e negativi analogici. Infine, vi è conservato l’archivio Novecento a Napoli, cui si è data organicità e sistematizzazione a partire dal 2014, che raccoglie la documentazione relativa alle attività legate al contemporaneo della ex Soprintendenza e dell’ex Polo museale della Campania (oggi Direzione regionale Musei Campania). Nonostante infatti le notevoli trasformazioni avvenute al livello dell’articolazione periferica del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Castel Sant’Elmo è rimasto, dal 2003, la sede centrale dell’amministrazione deputata alla valorizzazione delle collezioni museali statali napoletane e poi campane, divenendo testimone dei mutamenti politici e culturali degli ultimi due decenni e conservando la memoria dell’impegno dei musei statali nella promozione dell’arte contemporanea (31). Un assetto tuttavia destinato a cambiare nei prossimi mesi, con le riorganizzazioni annunciate dal nuovo governo (32).
La Biblioteca di Storia dell’arte Bruno Molajoli con lo specifico fondo dedicato al Novecento a Napoli, la Fototeca, il Laboratorio fotografico, l’Archivio Novecento a Napoli e infine il Museo fanno del complesso di Castel Sant’Elmo un potenziale centro di documentazione stratificato per la messa a punto di studi sul Novecento e la contemporaneità, nella prospettiva di uno scambio sempre più proficuo tra queste realtà che, in un più ampio progetto di valorizzazione del castello potrebbero integrarsi a vicenda aprendosi al dialogo con il territorio. Consapevolezza, questa, che aveva condotto alcuni anni fa all’avvio di nuove riflessioni sul potenziamento del ruolo di Sant’Elmo, in cui alla dilatazione degli spazi espositivi secondo un’ipotesi di recupero di alcuni edifici in disuso sulla Piazza d’Armi si sarebbe unita l’apertura di nuove aree funzionali per studiosi e giovani artisti (33). Riflessioni che non ebbero poi seguito, ma frutto di una visione espansiva, dinamica e flessibile che, nella convinzione della necessità dell’impegno pubblico verso la produzione, conservazione e valorizzazione delle attuali ricerche artistiche, andrebbe senza dubbio recuperata, anche nell’ottica di un definitivo compimento della ‘mission’ di Castel Sant’Elmo.
Ottobre 2023
2) Vale tanto per Capodimonte quanto per Sant’Elmo, dove in molti casi le mostre hanno previsto interventi site-specific poi rimasti in collezione o donazioni a conclusione delle esposizioni.
3) Nicola Spinosa, Un patrimonio da riconquistare, in «AD/Napoli», supplemento a «AD Architectural Digest», 1986, p. 10.
4) Cfr. Angela Tecce, La collezione d’arte contemporanea di Capodimonte, in id. (a cura di), Museo Nazionale di Capodimonte. Arte contemporanea, Napoli, Electa Napoli, 2002, pp. 21-38: 32-33.
5) Donazione Sofinpar, 1997. Castel Sant’Elmo, Archivio Novecento a Napoli, Serie Acquisti, Comodati, Donazioni, Busta A.
6) In questo filone si inseriscono la serie di mostre “Un artista per la Piazza d’Armi” (2002-2004), che vide succedersi Bruna Esposito, Eugenio Giliberti, Sergio Fermariello e, in seguito, le personali di Monica Biancardi, Melita Rotondo e Sabrina Mezzaqui.
7) Cfr. Nicola Spinosa, Premessa per un museo in progress del Novecento a Napoli, in Nicola Spinosa, Angela Tecce (a cura di), 9cento. Napoli 1910-1990 per un museo in progress, Napoli, Electa Napoli, 2010, pp. 17-30.
8) Mimmo Jodice, La città invisibile, a cura di Germano Celant, Napoli, Castel Sant’Elmo, 12 maggio – 29 luglio 1990, si svolgeva contestualmente alla mostra, allestita negli spazi dell’attuale Biblioteca Molajoli, dal titolo All'ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all'Ottocento, rispetto alla quale il titolo di Fuori dall’ombra si sarebbe in seguito posto in continuità.
9) L’analisi degli orientamenti dell’attività espositiva nelle sedi del polo museale napoletano è stata possibile attraverso la ricognizione delle mostre d’arte contemporanea tenute nei singoli musei dal 1976 (anno della prima esposizione dedicata all’arte dell’attualità) ad oggi.
10) In particolare dal 1999, quando è nominata direttrice di Castel Sant’Elmo Angela Tecce, che vi rimarrà fino al 2015 contribuendo in maniera determinante agli orientamenti e alle traiettorie percorse nella sua programmazione culturale.
11) In margine. Artisti napoletani fra tradizione e opposizione 1909-1923, mostra a cura di Mariantonietta Picone Petrusa, Napoli, Villa Pignatelli, 4 giugno – 20 luglio 1986. Cfr. Mariantonietta Picone Petrusa (a cura di), In margine. Artisti napoletani fra tradizione e opposizione 1909-1923, catalogo della mostra, Milano, Fabbri Editori, 1986.
12) L’impassibile naufrago. Le riviste sperimentali a Napoli negli anni ’60 e ’70, mostra a cura di Stelio Maria Martini, Napoli, Villa Pignatelli, 5 novembre – 7 dicembre 1986. Cfr. Stelio Maria Martini (a cura di), L’impassibile naufrago. Le riviste sperimentali a Napoli negli anni ’60 e ’70, catalogo della mostra, Napoli, Guida, 1986.
13) Fuori dall’Ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal 1945 al 1965, mostra a cura della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici, del Dipartimento di Discipline Storiche e del Dipartimento di Progettazione Urbana dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli, Castel Sant’Elmo, 9 novembre 1991 – 19 gennaio 1992. Cfr. AA.VV., Fuori dall’Ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal ’45 al ’65, catalogo della mostra, Napoli, Elio De Rosa editore, 1991. Un nucleo consistente di opere esposte in occasione di quella mostra è attualmente in collezione permanente al museo.
14) Castelli in aria. Arte a Napoli di fine millennio, mostra a cura di Angela Tecce, Napoli, Castel Sant’Elmo, 3 maggio – 16 luglio 2000. Cfr. Angela Tecce (a cura di), Castelli in aria. Arte a Napoli di fine millennio, catalogo della mostra, Torino, Umberto Allemandi & C., 2000.
15) Cfr. Angela Tecce, A discoprir le interne vie secrete, ivi, p. 14.
16) Sulle vicende che portarono all’apertura del PAN e sulle sorti del Centro di documentazione cfr. Eleonora Pistone, Il PAN | Palazzo delle Arti Napoli: Una storia difficile, Tesi di Specializzazione in Museografia e Museologia, relatore prof.ssa Mariantonietta Picone Petrusa, Università degli Studi di Napoli Federico II, A.A. 2009/2010.
17)Cfr. Nicola Spinosa, Premessa…, cit. pp. 24-25.
18) Sulla scorta delle secessioni mitteleuropee, nei primi anni del nuovo secolo alcuni giovani artisti napoletani, tra cui Edgardo Curcio, Saverio Gatto, Eduardo Pansini ed Eugenio Viti, si discostarono dall’impronta naturalistica ancora maggioritaria anche in ambito accademico, richiamandosi ai modi del postimpressionismo e del simbolismo e suscitando quello scalpore che varrà loro l’appellativo di Secessione dei Ventitré. Cfr. Mariantonietta Picone Petrusa, L’arte a Napoli nella prima metà del Novecento, in Nicola Spinosa, Angela Tecce, 9cento, cit., pp. 35-54: 35-38.
19) Le complesse vicissitudini che seguirono la formazione della raccolta portarono, nel 1994, alla sua donazione da parte di Amelio alla Reggia di Caserta, lasciando sfumare ogni possibilità di legare definitivamente Terrae Motus a Napoli. Cfr. Michele Bonuomo (a cura di), Terrae Motus, catalogo della mostra, Napoli, Electa Napoli, 1984 e Ester Coen (a cura di) Terrae Motus. La collezione Amelio alla Reggia di Caserta, Milano, Skira, 2001.
20) Queste le esposizioni, tenute in buona parte in contemporanea: Rewind. Arte a Napoli 1980-1990, a cura di Angela Tecce, Napoli, Castel Sant’Elmo, 19 dicembre 2014 – 8 febbraio 2015; Blow Up. Fotografia a Napoli 1980-1990, a cura di Denise Pagano, Napoli, Villa Pignatelli, 20 dicembre 2014 – 8 febbraio 2015; Shake up in Accademia 1980-1990, a cura di Aurora Spinosa e Mario Franco, Napoli, Accademia di Belle Arti, 28 gennaio – 18 aprile 2015; On Stage scenografi e costumisti a Napoli 1980-1990, a cura di Renato Lori e Federica De Rosa, Napoli, Accademia di Belle Arti, 20 febbraio – 18 aprile 2015. A queste si aggiungevano approfondimenti alla Reggia di Caserta con la collezione Terrae Motus e a Capodimonte con le opere della sezione Arte Contemporanea, mentre il Museo Madre ospitava la mostra Lucio Amelio. Dalla Modern Art Agency alla genesi di Terrae Motus, a cura di Andrea Viliani, 22 novembre 2014 — 06 aprile 2015.
21) In particolare, le nuove opere acquisite alla collezione provenivano, per lo più, dalla mostra di Castel Sant’Elmo e da Shake up in Accademia 1980-1990 (vd. supra).
22) Questo aspetto è stato chiarito in Claudia Borrelli, Novecento a Napoli (1910-1980) per un museo in progress. Un nuovo museo d’arte contemporanea a Napoli, Tesi di Specializzazione in Museografia e museologia, Università degli Studi di Napoli Federico II, A.A. 2009/2010.
23) Vd. supra, nota 50. A quelle mostre si sono poi aggiunte le personali e le installazioni di Giancarlo Neri, Mimmo Paladino, Alberto Di Fabio, Mimma Russo.
24) Il concorso “Un’Opera per il Castello” è rivolto ad artisti di età compresa tra i 21 e i 36 anni, italiani o operanti in Italia. Dalla sua istituzione, sono state acquisite opere di Daniela Di Maro, Rosy Rox, Collettivo Le Jardin, Gian Maria Tosatti, Claudio Beorchia, Paolo Puddu, Chiara Coccorese, Marco Rossetti e Cesare Patanè, Letizia Calori (attualmente in fase di realizzazione).
25) La più ricca fonte di notizie sull’intervento di restauro, le cui scelte non sono peraltro mai state integralmente ricostruite, è costituita dalla pubblicazione Beni ambientali e culturali: esperienze e proposte. Atti della rassegna “La settimana nel Castello”, Forte S. Elmo, Napoli, 16-24 giugno 1979, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1980.
26) Costruito tra il 1537 e il 1547 su progetto dell’ingegnere militare Pedro Luís Escrivá per volere del viceré di Carlo V, Pedro de Toledo, il castello ha una peculiare pianta a doppia tenaglia ed era strutturato come cittadella autosufficiente; lo sguardo a 360 gradi sulla città dai camminamenti sommitali e le feritoie aperte sulle possenti mura perimetrali consentivano, oltre al controllo del territorio, la possibilità di dominarlo con tiri incrociati in caso di rivolte. Cfr. Luigi Maglio (a cura di), Castel Sant’Elmo, «AF. Architettura fortificata in Campania», Quaderno 4, Napoli, Istituto Italiano dei Castelli, 2012.
27) Raffaello Causa, Beni ambientali e culturali, cit., p. 37.
28) La prima esposizione presentata a Castel Sant’Elmo, dedicata all’antiquariato e curata da Angela Caròla-Perrotti, si tenne dal 22 aprile al 2 maggio 1988 nei locali situati sul lato Est della Piazza d’Armi e attualmente di pertinenza del Nucleo Tutela del Patrimonio dei Carabinieri. Vd. Corrado Catello e Angela Caròla-Perrotti (a cura di), Antiquariato. 1° Mostra a Napoli, Napoli, Electa, 1988. Il grande successo di pubblico che si registrò in quell’occasione testimoniava, oltre all’interesse per l’oggetto della mostra, la forte aspettativa dei cittadini rispetto all’apertura nella nuova sede museale. Cfr. Tre secoli d’antiquariato e di argenti a Napoli, «La Repubblica», 26 aprile 1988.
30) Pur non essendo questa la sede per ricostruire estesamente le trasformazioni dell’articolazione periferica dell’attuale Ministero per i Beni e le Attività culturali e del Turismo – oggi Ministero della Cultura, occorre precisare che le raccolte si riferiscono al periodo di attività che va dalla fine degli anni Settanta ad oggi, arco di tempo nel quale l’assetto amministrativo è passato dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici, alla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo museale della città di Napoli dal 2003, cui si è aggiunta per il solo 2015 la Reggia di Caserta, al Polo museale della Campania dal 2016, il cui raggio d’azione si è esteso a siti dislocati su tutto il territorio regionale, fino a diventare oggi Direzione regionale Musei Campania.
32) Vd. M. Pirro, Gennaro Sangiuliano a Napoli: «Nuovo polo museale autonomo al Vomero», in «Il Mattino», 23 maggio 2023: https://www.ilmattino.it/napoli/cultura/sangiuliano_la_nuova_sfida_presto_al_vomero_un_polo_museale_autonomo-7417959.html
33) Il progetto Contemporary Hub, elaborato da Angela Tecce nel 2015 per essere proposto nell’ambito dei FESR 2014-2020, rimase privo di seguito. Allo stesso anno risale peraltro il cambio di direzione, assunta da Anna Maria Romano che è tutt’ora direttrice di Castel Sant’Elmo e del Museo Novecento a Napoli.