www.unclosed.eu

arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

Alcune riflessioni in margine a due recenti proposte: il libro di Lucilla Meloni Arte guarda arte e la mostra Scopophilia di Nan Goldin alla Gagosian Gallery di Roma

Patrizia Mania

Fragments d'un discours amoreux. C0sì Roland Barthes intitolava nel 1977 uno dei suoi più famosi libri, libro che come un lemmario indaga lo sfuggevole senso dell'amore. Citando ma anche ricomponendo, assimilando a sè il repertorio letterario prescelto di frammenti d'amore. Un testo che impiega la citazione per comporsi e restituire la propria cornice sul tema. Anche a prescindere dal tema, l'operazione messa in atto aprì ad una modalità diversa e soggettiva il richiamo al passato. Dalle opere alle immagini, in una prospettiva ancora più diretta, l'appropriazione, la presa in prestito, le citazioni sono invalse come pratiche artistiche tra le più frequentate nel contemporaneo. Possiamo affermare che sia divenuto impossibile non fare i conti con quelle stratificazioni semantiche connesse alla replica dell'immagine d'arte. La realtà media-digitalizzata, ipermediatica, ha immesso infatti in un flusso magmatico e indistinto un esorbitante corpus di immagini riproducenti opere d'arte, per intero, per frammento, ad alta o a bassa definizione, destinate alla fruizione collettiva, o, per meglio dire al suo consumo. Per fare un esempio concreto, chiunque può, navigando sul web, appropriarsi di un'immagine di riproduzione di un'opera d'arte o di un suo frammento, farla propria, modificarla, per certi versi, anche, abusarne. L'opera d'arte originaria ha, in simili condizioni, mutato radicalmente il suo statuto di autenticità, originarietà, perdendo ineluttabilmente quell'"aura", la cui venuta meno già Benjamin aveva acutamente indicato come l'inizio di una nuova era che, peraltro, dal suo punto di vista non poteva ritenersi afferente esclusivamente alla mera sfera tecnica andando a colloquiare e a definirsi piuttosto in una dimensione sostanzialmente politica, quella che lui indicava come "politicizzazione dell'arte".

L'intuizione profetica che ne era alla base può dirsi verificata dalle dinamiche invalse nell'epoca attuale, quella di un virtuale divenuto ormai stringentemente reale e ineludibile[1]. L'immagine dell'opera è uscita dalla cassaforte degli archivi fotografici e andando ad occupare le nostre memorie digitali si è predisposta ad un impiego orizzontale, democratico e, per certi versi, massificato. Si è assistito di conseguenza ad un processo di progressiva frantumazione, polverizzazione, dell'unità dell'opera che l'ha resa tessera compositiva di un mosaico più ampio aperto potenzialmente ad impieghi plurali e eterocliti. Paradossalmente il suo dato di natura si è convertito nel dato riprodotto e ne ha estirpato gli aspetti sensorialmente percettibili. D'altro canto, la tendenza onnivora a far proprio l'esistente in immagine è un fenomeno esteso che, lungi dal ritagliarsi un dominio specifico, concerne, nell' affannosa pratica quotidiana al definirsi, indistintamente tutti.

Se restringiamo la nostra prospettiva di osservazione alla produzione propriamente artistica e all'impiego al suo interno della citazione d'arte il fenomeno assume però delle caratteristiche peculiari che ne fanno un territorio di imprescindibile complessità. Concentrandoci sull'arte attuale è facile osservare innanzitutto come una delle sue condizioni costanti consista nel proporsi in molti casi come un vero e proprio monumento alla citazione, all'interstualità, al riferimento. In un recente libro di Lucilla Meloni dal titolo eloquente Arte guarda arte [2] viene tracciato, a tal proposito, un significativo percorso tutto interno ai linguaggi e ai temi dell'arte, da quella più lontana a quella più vicina, nello spazio e nel tempo. Partendo da un'osservazione generale sulla condizione di autoreferenzialità dell'arte, la citazione è vista come un'operazione critica di scarto linguistico e in ciò risiede propriamente il contributo ermeneuticamente più efficace del libro. L'orizzonte di riferimento del testo ha assunto come estremi cronologici un periodo assai ampio che, dai primi anni Sessanta, con qualche individuazione di antecedenza in casa avanguardista, giunge fino al presente. Nell'attraversare la complessa materia prescelta vengono individuati alcuni snodi nevralgici che strutturano un telaio, nel cui ordito si essenzializza l'indagine. Mediante l'osservazione di alcuni nuclei operativi - attraversare l'opera, raddoppiare l'opera, dislocare l'opera, re-enactement - si dispiega una riflessione ampia che misura la capillarità del fenomeno. Un'architettura che consente di planare sulla vastità del territorio sotteso senza incorrere nel rischio di trascurare aspetti pur qualificanti ma non oggetto specifico di esplorazione. Il libro ha, tra l'altro, il pregio di avvicinare una materia così complessa e permeante i linguaggi del contemporaneo mostrando come, nella molteplicità di richiami, possa leggersi un tratto di forte connotazione critica assolto da una buona parte della produzione artistica contemporanea proprio nell'interpolarsi in un certo senso con sè stessa.

A riprova del perpetuarsi dello sguardo sull'arte dell'arte, un esempio di ricognizione sulla "citazione" ci è offerto invece da una recente occasione espositiva: la mostra di opere di Nan Goldin Scopophilia attualmente allestita alla Gagosian Gallery di Roma[3]. Si tratta di una caleidoscopica intrusione fotografica che l'artista ha condotto in molte opere d'arte, per lo più conservate al Louvre, e che ha come tema l'immagine erotica nella storia dell'arte accostata all'immagine erotica di alcuni scatti fotografici di Nan Goldin stessa che vi dialogano a posteriori. Sono abbinamenti sorprendentemente rispondenti, incredibilmente calzanti. Nel gioco dei rimandi che costruiscono, non commentano il frammento di opera chiamato in causa, piuttosto lo obbligano a percorrere, nella combinazione associativa di volta in volta proposta, una nuova strada che ne esalta il senso originario, scoprendone spesso lati insospettati e imprevedibili. Quest'elogio del frammento artistico ha inoltre, come indicato dal titolo della mostra, un suo particolare orizzonte tematico che è quello dell'erotismo.

Il termine di origine greca, scopophilia, letteralmente "amore per il guardare" si declina qui infatti estensivamente anche come piacere erotico che deriva dall'osservare il corpo attraverso le immagini. Grazie ad un'autorizzazione concessale, l'artista ha avuto l'opportunità di accedere privatamente al Louvre, ogni martedì, giorno di chiusura al pubblico, e visitarne le collezioni di opere d'arte per poterne fare delle fotografie. A questo archivio di immagini ha accostato l'archivio personale di immagini gravitante da sempre intorno ai soggetti del sesso, della violenza, dell'estasi, della disperazione e nella miriade di immagini sono state selezionate quelle più affini, evocanti "passioni" similari. Il modello procedurale prescelto mutua, a ben guardare, quello impiegato dai moderni software riadattando, rimodellando, plasmando ma soprattutto ibridando. Quel che ne differenzia il ductus è il fatto che l'artista non standardizza i modelli (in questo caso, le immagini di opere d'arte) al contrario, vi conferisce una nuova identità, ogni volta differente. Complice il suo sguardo, lo sguardo che desume e monta gli accostamenti del passato con quelli del proprio presente affinandone le assonanze. Anche se a ben guardare non si tratta di un gioco di specchi ma di un modo per costruire la propria enciclopedia di immagini sul tema, la cui impossibile compiutezza è contenuta nell'essere assimilata ai frammenti del proprio presente, a quei suoi lampi discontinui che ne sono l'originaria matrice e la sua condizione d'esistenza.

 

 

[1] Si veda in proposito: Christine Buci-Glucksmann, L'art à l'époque du virtuel, L'harmattan, 2004.

[2] Lucilla Meloni, Arte guarda arte - pratiche della citazione nell'arte contemporanea,  Postmedia books, 2013.

[3] Nan Goldin: Scopophilia, 21 marzo - 24 maggio 2014, Gagosian Gallery, Roma.