www.unclosed.eu

arte e oltre / art and beyond
rivista trimestrale di arte contemporanea
ISSN 2284-0435

4 mostre per Franco Losvizzero

Francesca Franco
IcoPDFdownload

Una mostra antologica all’interno di Castello Orsini a Soriano nel Cimino in occasione della Biennale di Viterbo (Apoteosi, 20 luglio - 15 settembre 2024); una mostra personale alla galleria-casa editrice Cervo Volante di Tommaso Cascella a Bassano in Teverina (Io scavo il vulcano, 31 agosto - 15 settembre 2024), che raccoglie una splendida selezione di opere su carta accompagnata da un “quaderno d’artista” (n° 30, edizione in 100 esemplari del Cervo Volante); una mostra-evento alla Dynamo Art Gallery di Limestre, vicino Pistoia (Il can volante, 4-5 ottobre 2024); una mostra collettiva per RomeArtWeek al MOMA Museo Abitabile a Roma (25 ottobre 2024). Franco Losvizzero ha cose da dire e si fa in quattro per farlo, anzi in cinque, se contiamo l’intervento su un’intera pagina del quotidiano “la Repubblica” di venerdì 30 agosto 2024, che ha anticipato la mostra al Cervo Volante, che raccoglie una selezione di piccoli dipinti a tecnica mista su carta frutto di vent’anni di lavoro. L’artista li realizza in modo veloce ed estemporaneo, seguendo una sorta di “flusso d’incoscienza” sviluppato attraverso un’intima, silenziosa, pratica quotidiana del disegno, portata avanti nel tempo senza soluzione di continuità, perché l’arte – dice Gerard Richter – è una forma di speranza e, per abbracciarla, ci vuole una certa dose di passione.
D’altra parte, sono diverse le tipologie di esposizioni, ognuna con le proprie caratteristiche e il proprio significato, che il mondo dell’arte mette a disposizione degli artisti, per offrire loro l’opportunità migliore di presentare il proprio lavoro e di confrontarsi con il pubblico e con la critica. In Italia, purtroppo, c’è una carenza cronica di mostre museali di metà carriera: una buona pratica ben conosciuta all’estero per testare e valorizzare, attraverso una scrittura espositiva ampia e articolata, la qualità del lavoro di un artista e la “tenuta” nel tempo di una ricerca portata avanti da chi ha scelto di fare dell’arte la propria vita e la propria professione (a volte rischiando tutto). Anche solo per questo motivo è apprezzabile la scelta di Luca Lo Pinto di organizzare un’esposizione di Diego Perrone al MACRO di Roma nel 2022.
Franco Losvizzero persegue attivamente la propria arte da vent’anni (ha esordito nel 2005 alla galleria Altri Lavori in Corso di Marco Rossi Lecce a Roma con la personale Carillon-Anatomie meccaniche), ha all’attivo numerose mostre personali e collettive al di qua e al di là dell’Atlantico e un invidiabile corpus di opere: diversificato nei medium (performance, film, sculture meccanico-sonore o in vetro di Murano, installazioni, dipinti), in continua evoluzione ma, al contempo, fortemente coerente nel suo assunto fondamentale, ossia immergersi in quel mare calmo, ma oscuro e spesso tempestoso, che è l’inconscio. A partire dal proprio, dal momento che solo muovendo da un luogo preciso, concreto, si può comprendere tutto il mondo. Lui l’inconscio lo chiama “le mie viscere”, per dire che lì in fondo, in quella misteriosa, segretissima fusione di corpo-mente o mente-corpo, sta la sorgente di ciò che veramente siamo o possiamo essere. La nostra capacità di sentire, intuire, ricordare oppure cancellare, di comprendere tanto la realtà visibile e manifesta quanto quella invisibile dei pensieri vaghi, delle intenzioni inconsapevoli, dei condizionamenti imponderabili. D’altra parte, la ricerca artistica più recente, ossia quella che è emersa negli anni Novanta e poi si è sviluppata con forza nel Duemila, è una ricerca artistica che fugge le astrazioni e le ideologie preconcette, appellandosi, in primis, al vissuto o alla biografia dei suoi stessi autori, oppure al luogo espositivo.
È proprio il sito, con la sua storia, la sua architettura e il paesaggio circostante, che ha funzionato da detonatore concettuale per l’antologica di Franco Losvizzero nel Castello Orsini di Soriano, mostra incentrata sul tema della reclusione o autoreclusione tanto fisica quanto mentale: un tema caro all’artista, che negli anni lo ha esplorato sia come stato di segregazione, prigionia e restrizione della libertà personale, sia come condizione psichica, in cui i pensieri girano in cerchio in modo ossessivo e intrusivo, non trovando una direzione vitale di movimento. Il Castello Orsini è una costruzione massiccia, elevata su poderose fondamenta e collegata a una torre-palazzo del XIII secolo, che dal 1849 al 1989 è stata adibita a istituto penale e poi a carcere di massima sicurezza. Da questa storia di detenzione, l’artista muove la propria riflessione, per esplorare gli arcani movimenti della mente che, pur nella nostra insicura finitezza o in circostanze avverse, ci permettono di attingere a interminati spazi e sovrumani silenzi – scriverebbe Giacomo Leopardi –, come avviene nel lavoro condotto in studio dall’artista, dove la distanza dalla realtà gli permette di vedere di più e meglio, di andare al di là delle cose evidenti e manifeste, per sentire con l’immaginare ciò che non è direttamente visibile ed esperibile. Compendio visivo di questa particolare situazione è a Soriano Eustachio: un piccolo essere mostruoso intento, come l’arbitro di una partita di tennis, a osservare, distinguere, valutare, scegliere quello che è dentro e quello che è fuori, ciò che è vero e ciò che è falso, il buono e il cattivo, il vivo e il morto. Il primo dei quattro compiti impossibili che Afrodite infligge a Psiche nelle Metamorfosi di Apuleio (II d.C.) non è quello di dividere i semi di grano da quelli di miglio? Rappresentazione del nostro Io bambino, Eustachio è un’incisione su tela realizzata attraverso una essenziale, sinuosa linea continua, impiegata da Losvizzero come principale strumento d’indagine di un misterioso “pensiero non cosciente”, intessuto di affetti e immagini senza parola, che sempre guida i bambini nell’invenzione di sé e alla scoperta del mondo, ma che troppo spesso va incontro a delusioni, sconfessioni, alterazioni, negazioni, sparizioni. Da qui la necessità per l’artista di immergersi nella vita segreta della biologia del corpo ed estrarne segni, tracce, movimenti, come testimoniano le opere su carta esposte a Bassano in Teverina, nelle quali la linea si flette, si arrotola, s’intreccia in ghirigori forsennati, si moltiplica oppure si scioglie in macchie “trovate” o create con i mezzi più diversi (Deep, 2021).
La poetica del vincolo torna frequentemente nella ricerca degli artisti contemporanei, in cui il limite diventa spesso un mezzo di esplorazione concettuale, perché spinge a pensare fuori dagli schemi. Il tema è affrontato in modo onirico e visionario in una delle prime opere filmiche di Losvizzero, Il grande sogno di un nano, girato a Bomarzo nel 2007 e cofirmato con Matteo Basilè, dove le aspirazioni e i desideri di un uomo sono ingigantiti, enfatizzati proprio dal fatto di covare in piccolo corpo. L’opera, allestita sull’altare sconsacrato del castello e circondata da una mostra fotografica dei set di Pier Paolo Pasolini, trova qui una sua riattualizzazione di significato e di senso, e permette di leggere il debito dell’artista con il cinema pasoliniano. Il medesimo tema è affrontato in una nuova installazione che, nata appositamente per una stanza abbandonata situata a metà scala della torre, segna una metamorfosi nella ricerca dell’artista. In Viaggio (2024) Losvizzero riscopre infatti l’arte dell’assemblaggio, che ha le proprie radici nelle sperimentazioni cubista e dada del primo Novecento e che nel secondo dopoguerra aveva segnato il passaggio dall’oggetto all’ambiente, per dare forma e, dunque, “immagine” all’irruzione nella Storia dell’irrazionale con le sue energie psichiche e plastiche, annunciando l’istanza di una nuova antropologia fondata sul principio di realtà. Una realtà da comprendere, archiviare, riattualizzare in nuovi contesti e continuamente risignificare alla luce del presente. Su vecchi teloni sono adagiati un televisore portatile degli anni ’80 in bianco e nero, mal sintonizzato e frusciante; un ventilatore a pale anni ’70 in azione; un pesante cubo di pietra appena sbozzato – a simboleggiare il “grado zero” della scultura – emergente come una “certezza” dietro un cranio di bue, che sin dal neolitico è usato come elemento decorativo per simboleggiare la forza essenziale della vita e, dunque, la sua continua rigenerazione. Significativo è il riferimento diretto alla nostra storia più recente, segnata prima dal boom economico e dal rinnovamento della società italiana, che s’infrange contro la crisi economica, lo stragismo nero e il terrorismo rosso, poi, da un sistema democratico bloccato nel consociativismo e da una ripresa dell’economia, sotto il craxismo, pagata essenzialmente dai lavoratori. Come nelle case scavate a Çatalhöyük (Turchia, 6000-5500 a.C.), l’assemblaggio di Losvizzero raccoglie beni di conforto essenziali e di protezione per i carcerati che un tempo hanno vissuto qui, ma anche per tutti coloro i quali sono prigionieri delle circostanze, del volere altrui o di sé stessi.
Losvizzero sa bene che per immergersi nelle acque profonde del nostro “infinito inconscio”, è necessaria una guida capace. Per questo, nel 2008 ha creato il suo personaggio immaginario più iconico: Bianconiglio, tratto da Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, ma trasformato in una candida, puberale “Donna Coniglio” mascherata. È lei, che vigila sul sottile confine tra mondo conosciuto e ignoto e tra dimensioni differenti dell’essere: quella della realtà e quella del sogno, quello della vita e quello della morte fisica o psichica. Bianconiglio è stata la protagonista di tante performance di Losvizzero, dando vita a disegni, fotografie, opere audio-video. Tra queste è il film, girato nel 2011 con il compositore e sound designer Tommaso Ottomano all’interno del Volksbühne di Berlino, dove la “Donna Coniglio” fa la sua comparsa in un evento internazionale dedicato al Fatzer (1927-1932): il dramma incompiuto più noto di Bertolt Brecht per la radicale sperimentazione linguistica e l’estrema attualità del soggetto, scritto negli ultimi anni della Repubblica di Weimar prima della presa del potere da parte di Hitler e incentrato sulla necessità di opporsi all’ingiustizia e allo sfruttamento senza cadere nella rivolta violenta, che non è rivoluzione del pensiero.
Il Tempio (2017) e Grave (2011/ 2024) sono invece le incarnazioni scultoree, rispettivamente in piccole e grandi dimensioni, di Bianconiglio, la cui figura guida come un filo rosso la scrittura espositiva dell’antologica in Castello Orsini, concepita come una progressiva ascesa dagli spazi angusti delle celle in basso verso la vastità d’orizzonte della sommità della rocca, come rivela la Donna Stella (2016): una fotografia di fine Ottocento “rettificata” dall’artista con pittura e materiale plastico-ceroso, che all’ingresso della torre indica verso l’alto la sua stella, ossia la direzione da seguire. In Il Tempio, nato nel 2017 per la mostra 11 La porta alchemica alla galleria Pio Monti di Roma, la “Donna Coniglio” si erge su una conchiglia di vetro di Murano all’interno di un ciborio del Settecento, presentandosi come una moderna Nuda Veritas vincitrice sul Logos greco e la Ratio illuminista, personificando la sfida conoscitiva portata da una dimensione non razionale e non cosciente dell’essere umano, che chiedeva per la prima volta di essere compresa nella storia, al di fuori della magia e della religione. Grave, grande al vero e realizzata in vetroresina e acciaio proprio per Castello Orsini, svetta sull’orlo del baratro nel punto più alto della torre medievale. È pronta a compiere un salto nel vuoto, un volo in caduta libera, seguendo l’esempio di opere celebri di maestri che hanno segnato la riflessione del suo autore, come Yves Klein e Gino De Dominicis. In arte, infatti, ogni azzardo ha una direzione. Grave sarà l’ultima personificazione di Bianconiglio: vero e proprio alter ego al femminile dell’artista. Questa originalissima “immagine interiore”, che fino a questo momento ha permesso a Franco Losvizzzero di librarsi con l’immaginazione rimanendo con i piedi ben saldi a terra, lascia ora il passo a una nuova fantasia, una nuova ricerca, una nuova nascita.

Ottobre 2024