Altri venti. Scirocco di Bruna Esposito
Patrizia Mania
Il senso del ricorso al vento - tra gli elementi quello più sfuggente, mobile e impermanente -, si è da sempre offerto come eloquente richiamo alla precarietà dell’esistenza. Da questo punto di vista, sebbene non in maniera esclusiva, e in particolare laddove le componenti attive e costitutive prescelte si affidano alle sue prerogative performanti e conformanti, il vento appare declinato anche in molti lavori artistici contemporanei. Macchine del vento, laboratori dell’aria, poesie di vita, semplici o complesse metafore: la casistica della presenza dell’aria nell’opera è molteplice e, alla luce delle emergenze e sensibilità attuali, sembrerebbe rinnovare un rapporto intessuto dall’arte con il tema fin da tempi lontani.
Già nell’antica Grecia si immaginò infatti di rappresentare il dio Eolo con le guance rigonfie perché da esse si potessero sprigionare i venti. Un’invenzione iconografica particolarmente felice che di per sé attesta l’importanza del tema e la necessità di raffigurarlo. Nel tempo, pensare al vento nell’opera ha rappresentato una sfida e un azzardo quasi avveniristico che ha coniugato sempre di più l’arte alla scienza. Basti richiamarsi a Leonardo che, incessantemente impegnato a cercare di comprendere i fenomeni naturali e atmosferici generati dal movimento dell’aria come la polvere, il fumo, il vento e gli interrogativi conseguenti, ha testimoniato nei suoi scritti sull’aria, il soffio e il vento la misura del posto assegnatovi nel suo processo creativo e che lo portò anche all’invenzione della prospettiva aerea dove, partendo dalla sfera meramente fisica andava ad investire quella emotiva e sentimentale.
Ma abbandonando i lontani richiami, e ponendoci nell’orizzonte del qui e ora, alcuni percorsi artistici hanno assunto in particolare il vento a motore dell’opera delineandolo in ultima istanza come un dispositivo mnemonico/poetico e di sperimentazione scientifica in chiave ecologica. L’aria, dunque, come elemento capace di infrangere le certezze e rendere palpitante la visione di un mondo da sempre incline a trasformarsi, oscillare, vacillare, è stata oggetto specifico di riflessione da parte di molti artisti in direzioni poetico sperimentali. Sia in processi poetici allegorici che in funzione di proposte di riequilibrio dell’ecosistema, non è azzardato affermare che l’aria sia stata assunta come veicolo e strumento di forme e pensieri estetici che attraversano “vitalmente” la contemporaneità (1).
C’è poi un versante che si inscrive nelle problematiche ambientali più urgenti e improcastinabili. Scrive Gaia Bindi in Arte ambiente ecologia che: “un’arte che porta il clima da scala geografica a scala umana riesce a svelare verità celate, facendo scoprire dimensioni e forma, ritmi e forze, custodendoli o preservandoli per il domani. In presenza dell’attuale crisi climatica, non serve perdersi in un romantico sentimento del sublime, ma indurre la cultura a riprendere il dialogo tra scienza e umanità” (2).
Su questo condivisibile presupposto, ci si può riferire in chiave poetica in particolare a Bruna Esposito, un’artista che in più ricerche ha visto nell’aria un’allegoria di leggerezza e fragilità. Dapprima nelle bucce di cipolla con l’installazione Precipitazioni sparse (2000-2005) presentata negli spazi delle Corderie all’Arsenale alla LI Biennale di Venezia nel 2005, per poi negli ultimi anni percorrere la strada del recupero nostalgico di tecnologie in disuso – in particolare ventilatori a soffitto - dove il soffio del vento è chiamato a disseminare e accarezzare (Altri venti –Ostro, 2020).
La sua opera Altri Venti – Ostro è stata la prima realizzata della serie in corso d’opera Altri Venti dedicata ai venti del Mediterraneo e che ha proposto una riflessione sulla sostenibilità ambientale. Tema, come si accennava, più volte affrontato dall’artista nella sua ricerca quarantennale. Il progetto Altri Venti – Ostro (2020), esposto nel dicembre 2020 a Roma presso lo Studio Miscetti ha messo infatti in discussione la diffusione eccessiva di impianti di condizionamento per raffreddare gli ambienti. Secondo Esposito, il condizionatore, considerato un bene di consumo in tutto il mondo, a causa del suo impiego eccessivo di elettricità e del rilascio di particelle inquinanti nell’ambiente, spinge a porsi la domanda: come sarebbe il mondo se, da un punto di vista non soltanto culturale, rinunciassimo ai comfort individuali?
La sua opera Altri Venti – Ostro è stata la prima realizzata della serie in corso d’opera Altri Venti dedicata ai venti del Mediterraneo e che ha proposto una riflessione sulla sostenibilità ambientale. Tema, come si accennava, più volte affrontato dall’artista nella sua ricerca quarantennale. Il progetto Altri Venti – Ostro (2020), esposto nel dicembre 2020 a Roma presso lo Studio Miscetti ha messo infatti in discussione la diffusione eccessiva di impianti di condizionamento per raffreddare gli ambienti. Secondo Esposito, il condizionatore, considerato un bene di consumo in tutto il mondo, a causa del suo impiego eccessivo di elettricità e del rilascio di particelle inquinanti nell’ambiente, spinge a porsi la domanda: come sarebbe il mondo se, da un punto di vista non soltanto culturale, rinunciassimo ai comfort individuali?
A New York presso il Magazzino Italian Art è stato presentato un video curato da Domenico Palma, incentrato proprio sull’opera site-specific che l’artista romana ha realizzato nello spazio antistante al museo e che è stata visibile fino all’11 settembre 2021. Questo progetto, tra i vincitori dei finanziamenti dell’Italian Council, programma di promozione dell'arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del MIC, ha visto dopo la tappa newyorkese, un passaggio da Buenos Aires e uno da Lisbona per poi essere acquisito dal Museo Pecci di Prato. Partendo dalla riflessione su quello che è il vento del sud per eccellenza – l’ostro – l’artista si è proposta di indagare nel tempo altri venti (Scirocco, Libeccio, Grecale). Un’opera dunque in progress. All’origine, ha spiegato l’artista, il progetto è nato dalla passione per i ventagli - il soffio a millimetro zero - il modo più intramontabile di farsi aria, “soffiarsi” infatti si dice al sud Italia. Contro l’inarrestabile impiego dell’aria condizionata, tra i fattori più inquinanti della nostra atmosfera, l’artista propugna un futuro dell’umanità con i ventagli e i ventilatori. Già in precedenza aveva soffermato la propria attenzione sui ventagli - Venti di rivolta o Rivolta dei venti (2009) e anche sulle eliche in una mostra a Murano (2009) -. Nel caso di Ostro, l’omaggio è stato al ventilatore attivato da energia fotovoltaica capace di produrre movimento e brezza.
Su questa stessa traiettoria si colloca la seconda tappa del progetto, Altri venti – Scirocco, un’installazione ospitata fino al 31 luglio 2025 nel giardino dell’Ospitale di Santa Francesca Romana a Roma. Ideata come si diceva nel 2020 e prodotta ora dallo Studio Stefania Miscetti, il richiamo di quest’opera, in un’estate particolarmente torrida, è al vento caldo che spira da sud-est, lo scirocco, appunto. Come la precedente installazione dedicata all’ostro anche qui c’è un gazebo costruito con materiali naturali - bambù, corde terra, sementi -. Di questi ultimi, sacchi di juta ne mettono a dimora le piante nel frattempo cresciute. A muovere l’aria, sviluppando vento, anche qui un ventilatore posizionato sul soffitto del gazebo e alimentato con energia fotovoltaica. Sottostante a terra, su una stuoia circolare in cui quattro sgabelli invitano a sedervisi prendendosi una pausa e tessendo relazioni, è appoggiata un’elica navale dove in una delle sue pale una scritta a mano testimonia di un qualche suo passaggio. Non dunque solamente un omaggio a strumenti, materie e modi che sviluppano energia sostenibile coniugando il passato al presente – il fotovoltaico che muove il ventilatore – e così indicando la strada per il raggiungimento di un equilibrio eco ambientale, ma anche le tracce lasciate a vista delle memorie degli oggetti che se azionati muovono e si muovono rinviando a misteriose storie che ne hanno accompagnato l’impiego.
In questa ulteriore tappa della ricerca di Bruna Esposito, le brezze che accarezzano, che modellano sinuosamente, che scompigliano le certezze, che interagiscono per riflettere sulla salvaguardia dell’ambiente, puntano l’attenzione su un tempo effimero e provvisorio di cui l’arte, tra poesia, scienza e etica ambientale, si prende ostinatamente e suo malgrado cura. La via suggerita è di procedere a una radicale inversione di rotta che rivalutando i mezzi di propulsione meccanica – l’elica e il ventilatore – azionati da un dispositivo fotovoltaico di produzione energetica sia in grado di rinfrescare e trovare un naturale innovativo equilibrio a impatto ambientale sostenibile.
Luglio 2025
1) Cfr.: Nicolas Bourriaud, Inclusioni. Estetica del capitolocene, Milano, Postmediabooks, 2020, pp.84-90.
2) Gaia Bindi, Arte, ambiente, ecologia, postmediabooks, Milano, 2019, p.99.